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Cinque motivi per non arrendersi: l'incredibile storia di Mick Doohan

Qualche giorno fa mi è capitato di rivedere al cinema “Voglio correre”, il film che il Dottor Costa ha dedicato ai suoi eroi, ovvero i piloti, non soltanto quelli del motociclismo. Un docufilm che ripercorre una lunga storia di cadute e rinascite, non facili, ma sempre ispirate dal desiderio di tornare al più presto nella mischia, per riprendere la propria corsa verso la vittoria. Tra le tante, si racconta con dovizia di particolari il calvario fisico e sportivo di Michael Doohan, che a seguito della frattura di tibia e perone riportata ad Assen, in Olanda, nel 1992, per una incredibile serie di scelte sbagliate e sfortunate rischiò di perdere la gamba destra e chiudere drammaticamente la propria carriera quando era lanciato verso la conquista del titolo della 500.
Rivivendo quella incredibile disavventura, di cui Doohan porterà per sempre i segni, non si può fare a meno di apprezzare la sua incredibile determinazione a ritornare competitivo, attraverso un percorso fatto di grandi sofferenze e frustrazioni. A nulla valse ripresentarsi in pista con una gamba martoriata per cercare di difendere il titolo del 1992, perduto all’ultima gara per miseri 4 punti, e le cose non si aggiustarono nella stagione successiva: nel 1993 la vittoria al Mugello fu il solo successo di un campionato irto di difficoltà, chiuso con una rovinosa caduta a Laguna Seca che evidenziò spietatamente come la gamba destra non fosse in grado di assicurargli un solido appoggio. La tibia era debolissima e terribilmente “storta”, piegata dai generosi ma deleteri tentativi di rinforzare quel po’ di muscolatura rimasta.

Dopo altri due mondiali persi, l'ennesimo intervento

Mick si sottopose ad un nuovo intervento, la gamba venne ingabbiata all’interno di tiranti metallici deputati a riportarla in asse. Era quello che ci voleva.
Nel giugno del 1994, la bellezza di trent’anni fa, Doohan arrivò ad Assen con un ruolino di marcia molto simile a quello di due anni prima: quattro vittorie, un secondo e un terzo posto nelle sei gare che avevano preceduto quella olandese. E lì non ci furono brutte sorprese, la gara la vinse lui, vincendo anche quella dopo al Mugello e quella dopo ancora a Le Mans.

Alla fine della stagione diventò campione del mondo con largo margine su Cadalora e Kocinski, e più del doppio dei punti dei suoi compagni di marca.
La Honda poteva dirsi soddisfatta di averlo aspettato, rinnovandogli il contratto quando ancora era in difficoltà. Probabilmente, neppure i vertici della HRC potevano pensare che dopo quello del ’94, di titoli ne sarebbero arrivati altri quattro, uno dopo l’altro, ottenuti battendo regolarmente gli altri piloti Honda, perché in quegli anni la 500 della HRC non si batteva. Nessuno poteva immaginare quanta solidità ci fosse dietro quella gamba malconcia

5 mondiali vinti e un futuro roseo... fino a Jerez del 1999

Per interrompere la serie positiva c’è voluto un altro infortunio, a Jerez, nelle prove del GP Spagna del 1999. Altre fratture, sempre alla gamba destra, ma anche a polso e clavicola.
Questa volta la volontà, lo spirito di sacrificio, non erano più quelli che gli hanno permesso di rinascere dopo il dramma del 1992. E il “vecchio Mick” ha gettato la spugna, senza rimpianti. Nessuno può dire se senza l’incredibile disavventura del 1992 Doohan avrebbe vinto di più o magari di meno. Certo è che non si è mai lasciato prendere dallo sconforto nei giorni più bui, trovando dentro di sé la forza e la motivazione per superare momenti durissimi. E questo percorso a ostacoli lo ha reso invincibile per cinque straordinarie stagioni.