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Transizione elettrica: "La politica deve porsi il problema delle infrastrutture"

© Foto Hans Vestre

La Federazione Europea delle Associazioni Motociclistiche, Fema, è un ente nato alla fine degli anni Ottanta per volontà di un pugno di associazioni motociclistiche nazionali. L’obiettivo era dare vita a un’associazione che si occupasse espressamente dei diritti dei motociclisti a livello continentale. Non a caso la sede scelta è stata Bruxelles.

Sono passati molti anni da allora, durante i quali la Fema si è fatta apprezzare come valido interlocutore da parte del mondo politico e delle altre organizzazioni motociclistiche. Fema, FIM (Federazione Motociclistica Internazionale) e Acem (Associazione Europea dei Costruttori di Moto) collaborano infatti regolarmente, come abbiamo recentemente documentato presentando il Manifesto dei Motociclisti, poco prima delle recenti elezioni europee (ne abbiamo parlato QUI!).

Recentemente ci è capitato di fare una lunga videocall con Wim Taal, che della Fema è il segretario generale. E siamo partiti proprio dal Manifesto dei Motociclisti, per capire quali sono i temi più cari alla Fema. La prima domanda però è stata sulla genesi di quel documento.

Intervista al segretario generale Fema: Win Taal

Credo sia importante chiarire il punto di partenza della Fema - inizia a dire Taal -. Noi abbiamo 20 organizzazioni nazionali affiliate e molte di queste sono gestite da volontari, non hanno staff, quindi hanno poco tempo da dedicarci di solito. L’idea originaria è stata di preparare il documento, quindi di andare dai politici utilizzandolo per entrare in contatto con loro e aprire il dialogo. Noi abbiamo fatto il lavoro preparatorio per le associazioni a noi affiliate, ora loro debbono prendere appuntamenti e dialogare; dapprima sui contenuti del Manifesto, quindi, e prima possibile, sulle esigenze del loro Paese. Questa è l’idea originaria. Mentre lavoravamo al nostro documento, eravamo in contatto con i rappresentanti di Fim e Acem. Ognuna di queste associazioni stava preparando un qualcosa di analogo. Abbiamo convenuto utile mettere da parte tutto ciò che potrebbe dividerci e deciso di lavorare assieme. Così ci siamo presentati come un grande gruppo, in rappresentanza di una grande fetta di motociclisti. Se lavori assieme è più facile ottenere risultati”.


Wim Taal, segretario generale della FEMA

I temi sul tavolo

Quali sono i punti più importanti per voi?

Sicuramente la sicurezza stradale. Poi la transizione energetica, per la quale crediamo che i combustibili fossili debbano avere un futuro al fianco dei combustibili alternativi. Se si guarda l’elettricità ad esempio, io vivo in Olanda e ho grande disponibilità di punti di ricarica, ma non è la stessa cosa in altre parti d’Europa. Il politico che vuole guidare la transizione verso i veicoli elettrici deve porsi il problema delle infrastrutture di ricarica. In molti posti puoi trovarti in mezzo al nulla quando devi ricaricare, il che non è socialmente sicuro, perché devi stare fermo ad attendere a lungo vicino alla tua moto. Se si parla di piccole due ruote elettriche, queste sono perfette in paesi come l’Italia, dove già in molti le usano, soprattutto nei grandi agglomerati urbani. In altre città però non è così. E ci sono una serie di problemi che vanno discussi, è una grande discussione che si allarga, perché chi usa questi mezzi ha bisogno di essere agevolato, e non si tratta solamente di consentirgli di accedere dove le auto non possono accedere. Si parla di parcheggi, ad esempio, di infrastrutture di ricarica. E bisogna essere sicuri che tutti capiscano cosa comporta la crescita numerica dei mezzi a due ruote sulle regole del traffico”.

Poi c’è il problema delle infrastrutture stradali, che debbono essere sicure, e se lo sono per i motociclisti lo sono anche per gli automobilisti. Abbiamo anche il problema delle proteste crescenti in determinate zone, nelle strade ricche di curve, per l’eccessivo passaggio di motociclisti o per il rumore delle moto”.

Che reazione ha avuto il mondo politico a questa vostra iniziativa?

L’europarlamentare medio ha reagito con sorpresa. Non tutti sanno qualcosa di motociclismo, e spesso pensano solo che siamo troppo rumorosi e troppo veloci. Non basta però rendere illegali certe cose per risolvere i problemi.Se invece affronti i problemi come stiamo facendo noi, dall’altra parte otteni rispetto, perché si comprende che i motociclisti possono essere parte della soluzione dei problemi. Se invece parli con i politici della Commissione Europea, loro sanno esattamente di cosa gli parli. Rimane però difficile trovare una posizione comune europea su certi argomenti.”


Il gruppo di lavoro della FEMA in occasione di una recente riunione delle associazioni affiliate

Il caos delle norme in Europa

Per esempio?

Guardate la direttiva sulle patenti: il Parlamento ha colpevolmente lasciato spazio agli stati membri per decidere se seguire o meno le sue regole. Un esempio è la possibilità per chi ha la patente B di guidare le moto di categoria A1. Alcuni paesi hanno aperto a questa opportunità, così nell’Europa unita ci sono regole differenti da paese a paese. In Germania ad esempio è possibile, in Olanda no. Ma il confine fra Olanda e Germania è lungo, e ci sono molti tedeschi che ogni giorno vengono nel nostro Paese: chi guida una 125 con patente B non può utilizzare la propria moto. Questo è solo un esempio, per far capire che abbiamo bisogno di una direttiva unificata. Un altro è la qualità delle strade non uniforme da paese a paese. Vengo spesso a Bruxelles, e non avrei bisogno di cartelli che mi dicano che sono in Belgio quando valico il confine, perché me ne accorgo dalla qualità delle strade. Ma è una strada europea, una E-road, è Europa! I membri della Commissione queste cose le capiscono pienamente, ma è impossibile tenere i differenti paesi europei allo stesso livello”.

I motociclisti italiani latitano

Tutto molto bello. Però le differenze fra paese e paese sono grandi. In Italia abbiamo delle strade pessime, impossibile riuscire a fare qualcosa.

Sono d’accordo, ma l’impossibile non ci ha mai fermato finora - dice con un tono fra l'ironico e il deciso -. Non gliela diamo vinta all’Italia. Abbiamo iniziato la nostra conversazione parlando del ruolo delle associazioni nazionali che costituiscono la Fema. Noi non possiamo fare nulla a Bruxelles per l’Italia o per altri stati. Sta alle associazioni italiane fare qualcosa per il proprio Paese. Noi siamo un’organizzazione ombrello, creiamo le condizioni e diamo alle associazioni nazionali tutti gli strumenti necessari per operare come lobby. Il lavoro non finisce con il manifesto. Quello è un punto di partenza per aprire i contatti e dialogare per i prossimi cinque anni di mandato del Parlamento. Il mio lavoro è creare nelle associazioni nazionali la confidenza e la cognizioni necessarie per uscire e fare lobby”.

Peccato che scorrendo la lista delle associazioni aderenti alla Fema non ce ne sia nessuna italiana. Triste storia visto che il nostro Paese con il Coordinamento Motociclisti a suo tempo era stato fra i fondatori della Fema, tanto che il suo presidente di allora, Riccardo Forte, era stato anche presidente della Fema. Sciolto l’originario Coordinamento si è provato a ripartire, ma per ora i motociclisti italiani non sono riusciti a organizzarsi in un’associazione sufficientemente forte da poter aderire alla Federazione Europea e avviare una rappresentanza alternativa a quella della FMI presso il mondo politico.