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Camel Marathon Bike: altro che adventouring!

Da qualche parte su internet e sui social avrete di sicuro visto l'iconica foto di una Honda Dominator gialla appesa a una carrucola, con un gasatissimo pilota che dalla piattaforma tira la corda per arrivare dall'altra parte di quello che sembra l'attraversamento di un fiume. Questa iconica immagine di gloria a due ruote arriva dal Camel Marathon Bike, un evento realizzato dal 1987 al 1989 sotto la supervisione di Beppe Gualini e trasposizione a due ruote del già durissimo Camel Trophy (che si svolgeva con i fuoristrada). 

Spedizione estrema in luoghi remoti

La memoria di questo evento di avventura estremo si è persa un po' negli anni, ma rimane la manifestazione a due ruote di tipo non agonistico (stiamo parlando di un evento non dedicato a piloti professionisti, come ad esempio la Parigi-Dakar) più dura di sempre. Fu realizzata su idea di Gualini, che propose alla Camel Italia l'organizzazione di un Camel Trophy a due ruote, con il supporto di Honda Italia che in quegli anni aveva appena lanciato sul mercato la NX650 Dominator, e aveva bisogno del "palcoscenico" giusto per spingerla. 

Come per l'evento d'avventura sulle auto, i partecipanti venivano accuratamente selezionati tramite delle prove e venivano organizzate le squadre che avrebbero gareggiato attraverso prove speciali e di regolarità attraverso percorsi impervi e dispersi nel nulla, con la navigazione interamente curata dai motociclisti stessi. Da avventura a impresa titanica, però, il passo era breve, perchè tutte le tre edizioni (California '87, Zaire '88 e Perù '89) sono state assolutamente estreme, soprattutto per equipaggi che non avevano le skill di piloti di grande caratura internazionale

Indistruttibile Dominator

Le moto erano delle Dominator 650 quasi interamente originali, eccezion fatta per alcune modifiche meccaniche, sospensioni un pelo più adatte alla guida estrema e gomme tassellate super specialistiche. Esteticamente erano rifinite con il giallo della Camel, a quei tempi super evocativo per via del Camel Trophy, e all'anteriore è stato montato un parafango alto (dalla seconda edizione) per evitare problemi nei cambi ruota e nella guida sul fango. 

Neve, caldo torrido, guadi estremi, fango, giungla impervia e trasferimenti massacranti hanno caratterizzato le tre edizioni, con un successo che in quel periodo è andato via via crescendo, passando dai soli partecipanti italiani della prima edizione all'ingresso di spagnoli per le altre due. Quando l'organizzazione del quarto anno era in fase avanzata, la spedizione si era ampliata ancora di più con la partecipazione dei francesi, ma la Camel ha deciso di mettere una pietra sopra l'evento per sempre.

Perchè? Semplicemente il Marathon Bike stava diventando così popolare che i vertici della multinazionale del tabacco hanno pensato potesse oscurare la fama del Camel Trophy, quindi hanno semplicemente deciso di chiudere il progetto. Oggi il Camel Marathon Bike sopravvive nelle poche foto che sono arrivate fino ai nostri giorni, nei video delle varie edizioni che si possono trovare su Youtube e nelle memorie di chi a quelle incredibili imprese ha partecipato, come Beppe Gualini e Livio Suppo. Curioso sapere, inotre, che nessuno dei partecipanti delle svariate edizioni ha poi intrapreso una carriera nei rally raid.