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Caratteri molto diversi per le due Z 1000. La naked &egrave; cambiata tantissimo, in particolare nella zona dell&rsquo;avantreno dove spiccano il particolarissimo disegno della carenatura del gruppo ottico, ma anche le pinze freno Tokico monoblocco; nuova, comunque, &egrave; tutta la carrozzeria. Numerosi gli interventi anche sulla sport touring Z 1000 SX sia per quanto riguarda la ciclistica, sia per quanto riguarda il motore.    &nbsp;

La Naked ha un vestito nuovo e la sport touring &egrave; stata evoluta nel telaio e nel motore 

EICMA: Kawasaki Z 1000 - Z 1000 SX

Una bestia da forti emozioni, potentissima: il motore deriva dalla RC8 R ma la cilindrata &egrave; salita da 1195 a 1301 cm3 e i corpi farfallati sono passati da 52 a 56 mm &Oslash;. L&rsquo;elettronica abbonda: controllo di trazione, ABS e tre mappature. Il telaio &egrave; a traliccio in tubi, la componentistica &egrave; di livello elevatissimo: sospensioni WP, freni Brembo.  &nbsp;

Una belva autentica da guidare in preda a continue scariche di adrenalina 

EICMA: KTM 1290 Super Duke R

Piccola e cattiva, per divertirsi sulle strade tutte curve. La base &egrave; la stessa della 125 ma sotto c&rsquo;&egrave; un vigoroso monocilindrico di 373 cm3 che arriva a un tetto di 44 CV a 9500 giri/&rsquo;, con 35 Nm di coppia a 7500 giri/&rsquo;. I freni sono identici alla 125: un disco di 300 mm &Oslash; davanti, uno di 230 mm &Oslash; dietro, con ABS a due canali.  &nbsp;  &nbsp;

Una baby peste con un generoso mono capace di fare apprezzare tutte le curve 

EICMA: KTM 390 RC

La legge impone una potenza massima di 15 CV e ci sono tutti. &Egrave; una 125 capace di far sognare i ragazzi, che richiama il look delle KTM schierate in Moto3: carenatura, telaio a traliccio e codino altissimo. Il motore monocilindrico a quattro valvole ha un certo caratterino: potenza 15 CV a 9500 giri/&rsquo;, coppia 12 Nm a 8000 giri/&rsquo;.  &nbsp;

Girare con un mezzo che sembra una Moto3 il sogno proibito dei ragazzi prende forma

EICMA: KTM 125 RC 

KTM Freeride 250 R

Le intenzioni dichiarate di KTM sono di diventare a breve la maggior casa costruttrice di moto sportive al mondo e in effetti a Mattighofen stanno gi&agrave; marciando decisi in quella direzione. Con le due piccole Duke in versione carenata e semimanubri, la Casa austriaca apre una porta ai giovani desiderosi di emozioni da sportiva, magari vogliosi di misurarsi anche sugli asfalti dei circuiti. Le due austriache piccole solo nella cilindrata, perch&eacute; nei dettagli sono curate quasi quanto le sorelle maggiori.   Ispirate alle moto che corrono in Moto3, le nuove RC 125 e la RC 390 a nostro avviso rappresentano un&rsquo;azzeccata mossa per richiamare l&rsquo;attenzione dei giovani verso le moto sportive e le gare in pista. Tubi del telaio arancioni e carene bianco e nere, come su tutti i modelli R della Casa, rendono l&rsquo;aspetto molto grintoso, cos&igrave; come il forcellone cavo con nervature a vista. Entrambe le RC montano l&rsquo;evoluto sistema ABS a due canali controllato dalla centralina Bosh 9Mb.

KTM presenta ad EICMA le RC 125 e 390

Semplici, economiche, relativamente leggere ma soprattutto facili da guidare. Sembrerebbero moto per principianti, ma con i dovuti distinguo sanno piacere anche al motociclista esperto  &nbsp;  Si tratta del gruppo novit&agrave; di quest&rsquo;anno, pensato fondamentalmente per i possessori della nuova patente A2 che prevede la possibilit&agrave; di guidare per i primi due anni &ldquo;motocicli con potenza massima di 35 kW...&rdquo;. Nel gruppo figurano quattro moto tra loro profondamente diverse non solo come caratteristiche di guida ma soprattutto per il bacino di utenza cui si rivolgono. La KTM 390 Duke e la Kawasaki Ninja 300 R sono chiaramente destinate a un pubblico giovane che pensa a una moto di passaggio con cui imparare, divertirsi e non sfigurare anche dal punto di vista del look. La Honda CB500X e la Yamaha XT 660 R invece sono, se ci concedete l&rsquo;espressione, &ldquo;pi&ugrave; moto&rdquo; o, meglio, veicoli che magari possono interessare anche a un motociclista di ritorno, fermo magari da qualche anno e che vuole ricominciare, facendo, con un occhio al portafogli, un acquisto destinato a durare nel tempo.  Da fermo La pi&ugrave; piccola del gruppo come cilindrata &egrave; la Ninja 300, evoluzione della precedente 250. A un occhio inesperto pu&ograve; apparire come una sportiva fatta e finita, ovvio poi che pneumatici, freni e forcella la rendono subito identificabile come la pi&ugrave; piccola della famiglia del &ldquo;guerriero verde&rdquo;. Niente da dire per&ograve; sulla cura costruttiva e sulle soluzioni adottate, nell&rsquo;estetica come nella sostanza &egrave; una moto sicuramente equilibrata. La pi&ugrave; appariscente del gruppo &egrave; la Duke. La pi&ugrave; grande delle piccole di casa KTM (&egrave; commercializzata infatti anche in versione 125 e 200) &egrave; compattissima e con un codino minimalista sfoggia un bellissimo telaio che ben si accompagna con i cerchi a razze sottili e a una forcella e un impianto frenante dallo spirito corsaiolo. Per chi poi ritenesse che la livrea arancione-bianco-nero non fosse sufficientemente sgargiante, nel catalogo accessori KTM trover&agrave; tutto il necessario per renderla ancora pi&ugrave; appariscente. La CB500X &egrave; chiaramente figlia del nuovo corso stilistico della Honda, con linee moderne e il caratteristico gruppo ottico anteriore con il piccolo becco sottostante. L&rsquo;impatto estetico magari non lascia a bocca aperta, ma quel che &egrave; certo &egrave; che tutto &egrave; al posto giusto, con una ergonomia da prima della classe e il valore aggiunto di un prezzo che per cilindrata e prestazioni &egrave; davvero eccellente. La XT &egrave; sempre la XT, un classico intramontabile che ormai da generazioni rimane fedele a se stessa. Nella versione R &egrave; sicuramente meno modaiola della versione X motard, si presenta come una enduro vera, con il cerchio di 21&rdquo; che domina la scena, le plastiche minimaliste e i lunghi silenziatori sotto sella. Se si ama il genere &egrave; una scelta ormai obbligata perch&eacute; il settore non pullula di alternative a meno di andare su prodotti pi&ugrave; specialistici e giocoforza pi&ugrave; costosi.    Posizione di guida La piccola Ninja sembra una sportiva ma di fatto non lo &egrave;: una volta saliti sopra, si &egrave; accolti dalla sella bassa adatta a tutti e dal manubrio che non obbliga ad una posizione eccessivamente caricata sull&rsquo;anteriore. Si guida abbastanza eretti con le braccia allungate, e le pedane esattamente sotto la sella che obbligano i pi&ugrave; alti a rannicchiare le gambe per prendere posizione. La bella carenatura unita al cupolino garantisce un utile scudo per l&rsquo;aria che viene quanto meno deviata dal busto, alleggerendo la pressione alle velocit&agrave; pi&ugrave; alte. Il colpo d&rsquo;occhio sulla strumentazione &egrave; buono, dovendo fare un appunto avremmo preferito una soluzione pi&ugrave; &ldquo;robusta&rdquo; per la leva freno che, senza mancare di fare il suo lavoro, non fornisce per&ograve; una sensazione di solidit&agrave; ogniqualvolta viene azionata. La situazione a bordo della KTM cambia drasticamente: facendo punto fisso la sella, troviamo le pedane pi&ugrave; arretrate, il serbatoio pi&ugrave; corto il manubrio vicino e alto. Si guida raccolti in posizione d&rsquo;attacco pronti a spingere e aggredire le curve, &egrave; una moto sportiva talmente corta poi che il busto del pilota &egrave; vicinissimo alla ruota anteriore. Aspetto meno piacevole sono i comandi a pedale, un po&rsquo; poveri e con la leva del freno che non &egrave; il massimo dell&rsquo;ergonomia. In sella alla CB si &egrave; accolti da una cura per il pilota che solo Honda &egrave; in grado di regalare anche su moto relativamente economiche. Quando si descrive una moto dicendo che ogni cosa &egrave; al suo posto, basta una semplice constatazione: una volta scesi non si ha ricordo di qualcosa fuori posto o semplicemente fastidioso. Alla CB bastano alcuni accessori, tipo il cavalletto centrale, il parabrezza alto e il kit di borse per farne una piccola &ldquo;adventure&rdquo; con cui macinare chilometri. Yamaha XT vuol dire enduro e posizione da enduro sia: sella alta, stretta e allungata, manubrio che impone un angolo retto fra braccio e avambraccio, pedane strette ed esattamente sotto la seduta e una bella sensazione di controllo del mezzo. La dotazione &egrave; minimalista come si conviene al genere di moto. Ovvio poi che non si puo dire che sia la scelta giusta per il turismo a lungo raggio, almeno sotto il punto di vista del comfort...  La guida Macinare salite anche ripide con queste piccole &egrave; una esperienza insolita per chi &egrave; abituato a potenze ben superiori, ma se &egrave; vero che i cavalli mancano, chiunque alla loro guida pu&ograve; trarre piacere magari apprezzando al meglio tutti i particolari dell&rsquo;erogazione e della ciclistica. Quando si inizia a spingere con queste moto c&rsquo;&egrave; poco da dire: in uscita di curva si ruota tutto il comando del gas dopo essere anche stati ben attenti a cercare la migliore scorrevolezza a centro curva. La Duke &egrave; corta, alta, leggera e con un motore brioso ma che d&agrave; il meglio di s&eacute; una volta sopra i 6.500 giri. Chiaramente &egrave; una moto fatta per divertirsi, ma alla lunga tenere un ritmo elevato pu&ograve; stancare; bene comunque la frenata supportata da un eccellente ABS. La Duke non eccelle in ripresa tanto che nell&rsquo;uscire dai tornanti ogni tanto si cede alla voglia di dare una sfrizionata per avere pi&ugrave; spunto. Pi&ugrave; rigida della Ninja, risponde al minimo comando del pilota, &egrave; agilissima e pronta a fiondarsi nelle curve e conta anche sull&rsquo;eccellente risposta dei pneumatici Metzeler M5. Ovvio che tanta agilit&agrave; si paga poi sul veloce con un anteriore che definire ballerino sarebbe eccessivo, ma che al neofita potrebbe non regalare la fiducia necessaria ad osare quel qualcosa in pi&ugrave;. Anche se di poco, &egrave; la peggiore nella prova di percorrenza del cerchio. La Kawasaki stupisce per un motore non certo potentissimo, anzi &egrave; il pi&ugrave; tranquillo del gruppo, ma con una curva di coppia godibilissima, certo i 177 kg in ordine di marcia non aiutano quando si cercano risposte brillanti, difatti nei rilevamenti &egrave; la pi&ugrave; attardata del gruppo, per&ograve; la spinta &egrave; sicuramente uniforme. Magari migliorabile &egrave; lo stacco della frizione che &egrave; un po&rsquo; secco e dal punto di vista della maneggevolezza non aiuta il tanto peso sull&rsquo;anteriore dovuto alla vasta carenatura e al gruppo ottico a sbalzo, difatti nella manovra di slalom &egrave; quella pi&ugrave; impacciata. Piace in compenso la grande stabilit&agrave; direzionale che infonde sicurezza quando le curve si ampliano di raggio oppure quando si cerca la velocit&agrave; di percorrenza. La guida della XT &egrave; dominata dal carattere del generoso monocilindrico. Il motore pi&ugrave; potente della compagnia fa la voce grossa in termini di prestazioni pure anche perch&eacute; la coppia &egrave; tutta disponibile ad ogni regime, e se l&rsquo;allungo non &egrave; il massimo c&rsquo;&egrave; un buon cambio a 5 marce pronto ad assistere il pilota. Il baricentro alto la rende poi estremamente agile anche se non leggera, la ciclistica equilibrata permette la confidenza necessaria per primeggiare alla prova di slalom e di non sfigurare in quella a velocit&agrave; costante. Il motore &egrave; esuberante, ma le vibrazioni ci sono, e solo chi ha un monocilindrico nel cuore pu&ograve; sopportarle senza fastidio. &Egrave; l&rsquo;unica moto del gruppo priva del sistema ABS.    In finale Se nella posizione di guida la Honda piace tanto, piace ancora di pi&ugrave; in movimento. Le quote ciclistiche sono azzeccate e anche con sospensioni tendenti al morbido e soprattutto poco frenate di idraulica la confidenza &egrave; tanta. L&rsquo;anteriore tiene bene e si pu&ograve; forzare l&rsquo;angolo di piega, tant&rsquo;&egrave; che non &egrave; difficile trovarsi a limare le pedane. I limiti emergono su fondi sconnessi affrontati ad alta velocit&agrave; perch&eacute; a quel punto la forcella non riesce pi&ugrave; a seguire tutte le sconnessioni e la moto inizia a saltellare, si tratta per&ograve; di condizioni limite. Poche parole sul motore: consuma pochissimo, &egrave; silenzioso, non vibra e ha un&rsquo;eccellente risposta a tutti i regimi. Cosa si vorrebbe di pi&ugrave;? Un pochino di coppia, ma a quel punto bisogna comprare la NC700X. Alla fine la classifica parla chiaro, l&rsquo;Honda stravince il suo gruppo sia dal punto di vista dei dati oggettivi sia come impressioni di guida.

Alpen Master 2013: 48 CV &ndash; 35 kW - Honda CB500X - Kawasaki Ninja 300 ABS - KTM 390 Duke - Yamaha XT 660 R

Un gruppo di eclettiche tuttofare, che si adattano bene alle mutevoli condizioni di guida che si incontrano sulle Alpi. La prima di questo girone potr&agrave; sperare di vincere la finale  &nbsp;  In Italia ormai vengono identificate come &ldquo;crossover&rdquo;, moto a met&agrave; strada tra granturismo ed enduro pure: una definizione all&rsquo;interno della quale si possono riconoscere modelli molto diversi tra loro come difatti accade in questo caso. Da un lato due vere enduro: KTM e BMW, con il classico anteriore di 21&rdquo;, poi una granturismo stradale fatta e finita come la Caponord e a seguire l&rsquo;intrusa, la nuova Ducati Hyperstrada, che deriva da un modello fatto per divertire in maniera aggressiva nei percorsi guidati, qui appena tranquillizzato e imborghesito per via di un&rsquo;altezza da terra pi&ugrave; contenuta e utili accessori per il turismo.  Da fermo La piccola del gruppo &egrave; la BMW, un bicilindrico frontemarcia di 800 cm3 incastonato in una struttura imponente che in questa versione Adventure appare sovradimensionata, per via del grande serbatoio da 24 litri, delle protezioni motore, dalle sovrastrutture per alloggiare le borse e per il cupolino rialzato. Se la BMW in colorazione Sandrover opaco ha il fascino della discrezione, il contrario vale per KTM che non passa inosservata, sia per il telaio, un flash di colore in mezzo alla meccanica, sia per le enormi valigie rigide in alluminio di aspetto militaresco con cerniere robuste ma un po&rsquo; spartane. Degni di nota anche i magnifici cerchi tubeless che accolgono pneumatici con misure da enduro specialistica. Tutt&rsquo;altro genere per la Caponord, una stradale in elegante livrea grigia con le valigie laterali ben incastonate e che sul lato destro distolgono lo sguardo dal collettore di scarico un po&rsquo; troppo voluminoso e sgraziato. Alta di sella, le sue linee viste dalla tre quarti posteriore sono ben armoniche, un po&rsquo; meno riuscita la zona frontale con la ruota anteriore molto staccata dal massiccio corpo veicolo. Tra queste ammiraglie appare estremamente minuta la Hyperstrada, snella nelle componenti meccaniche e per le ridottissime sovrastrutture. Non &egrave; una granturismo, &egrave; una supermoto con un cupolino rialzato e le valigie laterali, non la si compra per macinare tanti chilometri, ma per farne qualcuno di meno assaporando il piacere di ogni curva.    Posizione di guida BMW e KTM sono simili anche in sella: della prima si apprezza la squisita ergonomia dei comandi al manubrio e la chiarezza delle indicazioni sul cruscotto. La posizione in sella &egrave; gradevole e permette di viaggiare con tanto comfort anche per via della buona protezione aerodinamica, mentre la sensazione di controllo &egrave; notevole. Pi&ugrave; appariscente anche come strumentazione la KTM, che sfoggia un quadro strumenti con due grandi display. La sella &egrave; alta e stretta, non &egrave; certo adatta ai pi&ugrave; bassi di statura, si capisce che &egrave; quella pi&ugrave; adatta per i raid in fuoristrada perch&eacute; ben si presta alla guida in piedi, come testimonia anche la posizione relativa fra pedane e leve. All&rsquo;opposto, sulla piccola Ducati si tocca bene terra per via della sella bassa e stretta e della forcella a corsa ridotta rispetto alla Hypermotard. La posizione in sella &egrave; peculiare e pu&ograve; non piacere a tutti, rispetto alla precedente Hyper la triangolazione sella-manubrio-pedane &egrave; meno estrema, e rimane comunque, ancorch&eacute; attenuata, la sensazione di avere il manubrio basso e vicino alla sella e di abbracciare con le mani la ruota anteriore. Bene la posizione in sella sull&rsquo;Aprilia, qui si sente di poter controllare e dominare un mezzo imponente senza doversi impegnare eccessivamente, belli i comandi ma non certo intuitivo il men&ugrave; delle impostazioni che richiede un po&rsquo; di apprendistato prima di padroneggiarlo a dovere.    La guida Onestamente qualche sorpresa questo gruppo ce l&rsquo;ha riservata. Ad esempio l&rsquo;agilissima Ducati Hyperstrada nelle prove di handling non si &egrave; distinta come ci saremmo aspettati, mentre si &egrave; comportata benissimo non solo alla voce consumi, ma anche alla voce ripresa. La Hyper oltre ad una posizione di guida che pu&ograve; non piacere, paga in parte alla voce ergonomia, ma soprattutto alla voce comfort visto che di fatto si &egrave; completamente esposti alle intemperie durante la guida. La Hyperstrada &egrave; una gran bella moto da guidare sulle Alpi, un passo avanti rispetto alla precedente versione sotto tutti i punti di vista: elettronica, assetto, posizione di guida ed erogazione del motore. A livello di guida va solo accennata una certa leggerezza dell&rsquo;anteriore a velocit&agrave; molto elevate, che in parte fa perdere precisione di percorrenza. Chi ha offerto una prestazione in chiaroscuro &egrave; stata l&rsquo;Aprilia Caponord: oltre ad alcune anomalie di carburazione, &egrave; una moto che avrebbe tutte le carte in regola per primeggiare, a partire da un&rsquo;elettronica completa e sofisticatissima, una posizione di guida corretta, accessori utilissimi per le lunghe trasferte e un insieme ciclistica-motore da prima della classe. Va per&ograve; detto che anche sulle strade di fondovalle l&rsquo;erogazione del motore soprattutto in mappa &ldquo;S&rdquo; non ha entusiasmato: i cavalli ci sono, ma la curva di coppia &egrave; tutt&rsquo;altro che regolare e un non trascurabile effetto on-off inficia la pulizia di guida quando si inizia a spingere forte. Da segnalare quanto cambia il carattere della moto con la mappa Rain, con la quale ci si sente in effetti molto tranquilli anche affondando l&rsquo;acceleratore sotto forti acquazzoni su strade molto dissestate. La ciclistica della Caponord &egrave; improntata alla ricerca di una grande stabilit&agrave; sia in rettilineo che in percorrenza, ovvio per&ograve; che con 125 mm di avancorsa, 255 kg alla bilancia e il pneumatico posteriore di 180 non si possa poi pretendere di avere anche per le mani un&rsquo;anguilla in mezzo alle curve, resta il fatto per&ograve; che un pochino in pi&ugrave; di agilit&agrave; ce la saremmo aspettata. Bene invece l&rsquo;assorbimento dell&rsquo;asperit&agrave; e il lavoro della forcella a controllo semiattivo in frenata. Per chi cerca una moto con cui partire, guidare tranquilli e rilassati non possiamo che consigliare la BMW F 800. Con un&rsquo;autonomia stimata di circa 550 km sfidiamo chiunque a farsi una bella tirata senza soste fino a portare in riserva questa vera &ldquo;nave del deserto&rdquo;. La GS non teme sconnessioni, valichi alpini, alta quota o temporali, a patto che non si sia animati dalla voglia di andare forte, perch&eacute; a quel punto i limiti tecnici iniziano ad affiorare. Il bicilindrico &egrave; generoso, con una bella curva di coppia, ma non arriva a 90 CV e di peso da spostare ce n&rsquo;&egrave; tanto, per tenere il passo delle avversarie bisogna tirare le marce, ma sopra i 6.000 giri le vibrazioni diventano fastidiose e si finisce per stancarsi in fretta. Le sospensioni poi sono di estrazione off-road, lunga escursione e tanta morbidezza per copiare le asperit&agrave;, con trasferimenti di carico lenti e profondi. La situazione migliora grazie al sistema ESA che permette di sostenere di pi&ugrave; il posteriore per una guida pi&ugrave; dinamica, mentre non ci ha entusiasmato il sistema ABS, che presenta un intervento invasivo.  In finale La KTM risulta la vincitrice di questo gruppo. In effetti si tratta di una moto che presenta eccellenti caratteristiche dinamiche unite a una dotazione eccellente. Per chi pu&ograve; permettersi di guidare una moto con la sella a 860 mm da terra si rivela spaventosamente agile, ben pi&ugrave; di quanto ci si potrebbe aspettare da un oggettino da 244 kg su strada e con un motore che &egrave; una vera fucilata! Se la potenza non manca (poco meno di 150 CV dichiarati all&rsquo;albero), l&rsquo;erogazione ai medi regimi non &egrave; per&ograve; cos&igrave; piena come ci si potrebbe attendere, mentre in zona rossa del tachimetro invece ci troviamo davanti a un&rsquo;autentica furia. Tra l&rsquo;altro &egrave; una caratteristica che a una prima presa di contatto potrebbe sfuggire perch&eacute; i rapporti corti delle prime tre marce mascherano abbastanza il fenomeno, insomma la coppia &egrave; comunque tale da alzare la ruota davanti e fare intervenire il traction control, mentre nelle marce pi&ugrave; lunghe si sente una bella spinta ai medi regimi, ma l&rsquo;incremento di coppia passati i 6.000 giri &egrave; decisamente avvertibile. Bene poi l&rsquo;elettronica, sia il traction control ma soprattutto l&rsquo;ABS che non &egrave; raro sentire entrare in azione vista la potenza dell&rsquo;impianto frenante e la difficolt&agrave; ad ottenere veloci trasferimenti di carico data la lunga escursione delle sospensioni. In finale con merito quindi.

Alpen Master 2013: enduro stradali - Aprilia Caponord 1200 - BMW F 800 GS Adventure - Ducati Hyperstrada - KTM Adventure R 

Numeri da record per la KTM, che presenta le novit&agrave; enduro e cross per il prossimo anno. Telai nuovi e ciclistiche rinnovate su 2T e 4T  &nbsp;  &nbsp;  In un mercato europeo tuttora assediato da una forte recessione, &egrave; proprio dal centro del vecchio continente che la Casa austriaca lavora a pieno ritmo per espandere ulteriormente la propria gi&agrave; schiacciante egemonia nel settore dell&rsquo;off-road a due ruote! Da sempre il fuoristrada &egrave; il pane quotidiano di KTM, ma mai come ora le mire di Mattighofen erano state cos&igrave; ampie e decise. Sicuramente galvanizzati dalle inedite conquiste segnate nel continente americano, con il National 2012, e la Light del Supercross 2013, oltre alle vittorie di Dakar, MX1 e MX2 e mondiali Enduro classe 1 e 3, KTM prosegue la sua strada a tutto vapore, senza alcuna intenzione di sedersi sugli allori. C&rsquo;&egrave; inoltre da considerare che il settore fuoristrada &egrave; quello che ha registrato minori flessioni dall&rsquo;inizio della crisi, tanto che i numeri di vendita KTM del 2012 sono gi&agrave; tornati sui livelli del 2009. Ancora in tema di numeri, la best seller del 2012 in casa KTM &egrave; stata la 350 EXC, di cui sono state vendute quasi 5.000 unit&agrave;.  DA FERMO  A due anni dall&rsquo;ultima versione, i modelli EXC sono quelli che hanno beneficiato delle maggiori novit&agrave;, con in primis l&rsquo;adozione di un nuovo telaio strettamente derivato da quello delle SX e pi&ugrave; leggero sulle 4T grazie a tubi inferiori della culla pi&ugrave; piccoli. Minuziose ricerche sul grado di rigidit&agrave; hanno portato particolari attenzioni anche alle flange di fissaggio della testa al telaio, che a detta dei tecnici sono in grado di modificare nettamente le rigidit&agrave; dell&rsquo;insieme. Ora 250 e 350 4T diventano sempre pi&ugrave; simili tra loro, visto che condividono lo stesso telaio, scelta fatta per montare su entrambe lo stesso basamento motore. Su tutte cambia anche la piastra inferiore della forcella, ma solo per offrire miglior fissaggio al nuovo parafango anteriore. Sempre in tema piastre forcella: piccola ma non poco importante modifica &egrave; quella degli stop di fondocorsa per lo sterzo, ora pi&ugrave; resistenti e durevoli. Il forcellone vede la sostituzione del guidacatena con un nuovo elemento pi&ugrave; resistente agli urti, che gli stessi tecnici dichiarano di aver personalmente testato contro rocce e sassi, mentre il reparto sospensioni, monopolizzato da WP, vede l&rsquo;intramontabile PDS sul forcellone e la forcella rivisitata nell&rsquo;idraulica. Anche qui si assiste alla condivisione tra 250 F e 350 F, con la prima che adotta quelle della 350, abbandonando quelle della 250 2T. Sono nuove anche le pompe di freno e frizione, per le quali si &egrave; cercato di ottimizzare il feeling, ottenere una risposta simile da entrambe e lasciare pi&ugrave; spazio su braccialetti per maggiori possibilit&agrave; di posizionamento sul manubrio, inoltre la mescola delle pastiglie anteriori ora &egrave; leggermente pi&ugrave; &ldquo;aggressiva&rdquo;. Anche i componenti in plastica vantano numerose novit&agrave;, in primis il tappo a scatto del serbatoio, che in passato causava qualche problema di apertura e ora adotta un nuovo meccanismo, pi&ugrave; facile da azionare. In tema di protezione troviamo i paramani totalmente rivisti, fissaggi pi&ugrave; robusti e composti da polimeri a diversa flessibilit&agrave;, mentre il parafango anteriore &egrave; pi&ugrave; protettivo e rigido rispetto al precedente. Anche la mascherina anteriore, totalmente cambiata, &egrave; stata pensata per un migliore passaggio dei cavi e presenta un pi&ugrave; potente fascio luminoso. Le forme sono nuove anche per l&rsquo;air-box, ora pi&ugrave; libero nella respirazione, ma maggiormente protettivo per il filtro aria e dal rumore pi&ugrave; contenuto.  125, 200, 250 e 300 EXC L&rsquo;evoluzione mondiale dei propulsori 2T &egrave; quasi ferma e per un certo verso &egrave; proprio questo a farne la loro fortuna, visto che i costi di produzione e soprattutto di manutenzione restano relativamente bassi. In KTM le vere grandi novit&agrave;, leggi iniezione elettronica, ci sono, ma rimangono ferme nel cassetto a causa dei costi elevati e della complessit&agrave; di un sistema di cui il mercato non sente ancora il bisogno. Le modifiche pi&ugrave; significative hanno toccato la 250 e la 300, che oltre alle nuove lamelle Boyesen ora adottano una nuova testa per migliorare la combustione ed evitare detonazioni, oltre a vantare nuove mappature, frizione irrobustita e batteria a 4 Ah.La piccola 125 riceve solo qualche aggiornamento alla valvola a lamelle Boyesen e al carburatore per renderne pi&ugrave; facile il settaggio, mentre sulla 200 si &egrave; migliorato anche l&rsquo;avviamento elettrico, potenziando motorino e batteria.  250 e 350 EXC-F Non &egrave; un caso che le maggiori attenzioni siano ultimamente rivolte a queste due cilindrate, visto che si stanno sempre pi&ugrave; rivelando come quelle maggiormente apprezzabili dai piloti di ogni livello, inoltre risulta facile immaginare come molta esperienza nata sui modelli cross venga travasata su queste enduro. Simili ma non identiche, dal 2014 condivideranno anche il basamento motore, il telaio e le sospensioni della 350. Su entrambe viene abbandonato il tradizionale silenziatore a camere in favore del pi&ugrave; efficace sistema ad assorbimento, in grado anche di emettere meno dB. La duemmezzo guadagna nuova testa, cilindro e pistone, con alesaggio aumentato da 76 a 78 mm, corsa accorciata di 2,7 mm e valvole pi&ugrave; grandi. Il tutto regala 4 Nm in pi&ugrave; di coppia e una maggior trazione grazie alle masse volaniche aumentate del 5%. Altro fattore molto importante nell&rsquo;enduro &egrave; l&rsquo;aumento dei tempi di servizio sulla biella, che passa da 105 a 135 ore, come anche sulla 350. Alla riduzione di peso delle &ldquo;parti basse&rdquo; ci pensa anche il nuovo basamento, che misura 0,6 kg in meno sulla bilancia. Il cambio, ora a 6 marce, lavora con una frizione opportunamente tarata per la 250, mentre nonostante la presenza del motorino di avviamento, su entrambe le moto resta anche la leva della messa in moto.  450 e 500 EXC-F Le novit&agrave; sono minori sulle due cilindrate maggiori, che per la precisione sono di 449,3 cm3 la prima e 510,4 cm3 la seconda. Nuovi segmenti e raschiaolio del pistone assicurano minori rabbocchi del lubrificante, mentre sono state scelte differenti molle valvole per ridurre gli attriti. Anche qui la frizione risulta nuova e fatta per resistere pi&ugrave; a lungo, mentre gli interventi programmati per la biella e albero motore si allungano a 135 ore.   LA GUIDA  In KTM masticano terra e sassi da una vita e anche se anni addietro potevano peccare su particolari poco raffinati, oggi le moto da fuoristrada le sanno fare dannatamente bene. Quella organizzata nella bellissima cornice della Sardegna &egrave; stata una presentazione internazionale in grande stile e con grande dispiego di mezzi, adatta a presentare una gamma che per le sole enduro conta ben 8 modelli, oltre ai 6 delle cross e i 3 minicross e che ha richiesto il trasporto in loco di pi&ugrave; di 60 moto! Per l&rsquo;occasione siamo stati eccellentemente ospitati tra le strutture di Forte Village e i vigneti e aranceti presso agriturismo e pista di Baccalamanza, a poca distanza da Cagliari. La Sardegna non &egrave; stata scelta a caso, visto che nel prossimo mese di ottobre ospiter&agrave; la 100&deg; Sei Giorni di Enduro, un&rsquo;edizione che si preannuncia epica! Un terreno secco, duro, con tanta roccia e tanto grip e un percorso molto guidato e impegnativo sono stati l&rsquo;ottimo contesto per la nostra prova.  250 e 350 EXC-F Sar&agrave; l&rsquo;influenza del trend attuale o gli uffici progettazione e marketing che le spingono ormai da parecchio tempo, ma nella disputa tra enduristi a 2 e 4 tempi noi stiamo con questi ultimi, visto che con le piccole EXC-F ci siamo trovati davvero bene. &Egrave; vero che le 4T si portano dietro inerzie maggiori, ma con esse si guida veramente di gusto, a prescindere dal livello del pilota. Le nostre preferite sono appunto state la 250 e la 350, con le quali abbiamo trovato il perfetto strumento per guidare rilassati mantenendo pur sempre ritmi vicini al nostro limite. Le loro carte vincenti sono il peso ridotto e un propulsore sempre facile da gestire, ma che all&rsquo;occorrenza &egrave; capace di mostrare i denti e diventare bello aggressivo. Belle e leggere da indirizzare, richiedono poco impegno per essere gestite anche nei passaggi tortuosi, dove rispondono rapide ai comandi senza mai mettere in difficolt&agrave;. Non ci &egrave; parso di sentire evidenti differenze nella ciclistica tra le due, trovando pronta risposta anche alle correzioni impartite all&rsquo;ultimo momento, come quando si &egrave; in cerca del punto migliore dove arrampicarsi in una mulattiera. Il feeling con le sospensioni, che regalano un ottimo setting anche all&rsquo;agonista di medio livello, &egrave; praticamente lo stesso e solo la maneggevolezza &egrave; leggermente a favore della 250. I due monocilindrici sono molto simili nel carattere, con un tiro dolcissimo ai bassi e una progressione molto regolare, che aiuta tantissimo sui punti con scarso grip come le secchissime strade carrabili sarde. La spinta che si ottiene aprendo il gas &egrave; invece nettamente pi&ugrave; corposa sulla 350, che ci &egrave; parsa dotata anche di maggior allungo. Il nuovo propulsore della 250, nonostante la piccola cilindrata, ha invece il pregio di essere sufficientemente pieno sotto per evitare di dover scalare troppo spesso quando si costretti a ridurre la velocit&agrave;. Naturalmente con quest&rsquo;ultimo bisogna aprire con decisione per farlo spingere a dovere.  125, 200, 250 e 300 EXC Sui sassi ben piantati in terra dei percorsi sardi le agili 2 tempi non giocano in casa e risultano nervose e impegnative pi&ugrave; del solito. La loro grande maneggevolezza le fa risultare uniche nella rapidit&agrave; di reazione, rendendole per&ograve; anche molto sensibili alle asperit&agrave;, specialmente quelle rocciose, dove richiedono un&rsquo;altrettanta reattivit&agrave; al pilota. A causa di questo ci sono apparse efficacissime nel breve periodo in cui chi le pilota &egrave; fresco e riposato, per poi diventare sempre meno amichevoli a mano a mano che la stanchezza aumenta. Percorrendo con la 125 l&rsquo;anello lungo (35 min) stanchi a fine giornata ci siamo appunto scoperti troppo lenti per gestire le reazioni una moto leggera ma estremamente reattiva. Con la 125 &egrave; stato come ritornare ai 16 anni, ma non c&rsquo;&egrave; confronto con l&rsquo;estrema prontezza di questo motore, che per essere in 125 &egrave; sorprendentemente pronto ai bassi regimi. Quasi come una bici tra i sassi, in salita &egrave; facile saltare da una cresta all&rsquo;altra e in discesa &egrave; un gioco scendere cercando di frenare il meno possibile! La 200 ci &egrave; parsa un ottimo compromesso tra leggerezza, facilit&agrave; e potenza. Facile come una 125, ma con un tiro in basso sufficiente a trarre d&rsquo;impaccio in situazioni difficili e con un allungo che ricorda molto un 250 di qualche anno fa, la consiglieremmo a chi cerca una moto leggerissima, ma pi&ugrave; affabile di una 125. Piccola e stretta, il suo ottimo rapporto peso/potenza aiuta tantissimo in salita e discesa, dove &egrave; un attimo salire sopra un sasso o cambiare traiettoria per uscire da un canale. Quello che pi&ugrave; stupisce &egrave; la maneggevolezza e l&rsquo;efficacia del freno anteriore. Bellissimo il rumore con la marmitta che risuona entrando in coppia. La pi&ugrave; potente e impegnativa 300 &egrave; dotata di un generosissimo propulsore, che garantisce quel corposo tiro in basso capace di farti scavalcare anche l&rsquo;ostacolo che non penseresti di riuscire a passare. La massa maggiore rispetto alle pi&ugrave; piccole cubature ne aumenta leggermente le inerzie, avvantaggiandola sui terreni molto irregolari e sui sassi. Su tutte le 2 tempi la taratura delle sospensioni ci &egrave; molto piaciuta, con un perfetto equilibrio tra sostegno e morbidezza ne aumenta leggermente le inerzie, avvantaggiandola sui terreni molto irregolari e sui sassi.  450 e 500 EXC-F Le due pi&ugrave; grosse 450 e 500 ci sono invece parse troppo potenti e impegnative per poter essere sfruttate efficacemente da chi non si allena regolarmente e con metodo. Tanta, anzi, troppa! Questo &egrave; stato il primo pensiero che abbiamo avuto salendo su entrambe. Le pi&ugrave; grosse e pesanti, ma soprattutto le pi&ugrave; potenti delle EXC-F impongono da subito da subito il proprio carattere, regalando cattiveria pura ad ogni decisa apertura del gas. Immediatamente appaiono pi&ugrave; dure da direzionare quando richiedono maggior impegno per impostare le traiettorie, specialmente a bassa andatura. Pi&ugrave; che il peso, sono le maggiori masse volaniche dei propulsori a richiedere pi&ugrave; impegno al pilota, che deve agire con decisione su manubrio e pedane per indirizzarle, anticipando un po&rsquo; tutte le manovre, senza contare la maggior attenzione che si deve mettere nelle gestione del gas, specialmente nelle salite con fondo molto sconnesso. Ci siamo trovati a guidarle per la maggior parte del tempo a bassi regimi, sfruttando la coppia esagerata che permette di non perdere mai l&rsquo;abbrivio nei tratti pi&ugrave; sconnessi. Quando per&ograve; il percorso di fa pi&ugrave; scorrevole basta una manciata di gas per sentirsi catapultati in avanti e dimenticare ogni fatica!    &nbsp;

KTM off-road 2014

La &ldquo;Konreif und Trunkenpolz Mattighofen&rdquo;, ovvero KTM, comincia a scrivere la storia nel lontano 1953, anno della fon- dazione. Da quel momento ha ini- zio l&rsquo;era della piu? fiorente azienda mondiale legata al fuoristrada, che a parte un momento di stallo nel 1992, in cui chiude per poi riaprire sotto una nuova proprieta?, lascia dietro se? una storia infinita di moto off-road, piloti, gare e vittorie. Og- gi la storia di KTM scorre piu? che mai, e dopo aver affinato i propri standard produttivi e consolida- to la propria presenza anche nel mondo dell&rsquo;asfalto, l&rsquo;azienda ca- pitanata da Stefan Pierer dichiara di voler diventare leader mondiale delle moto sportive entro il 2017, indicando come nuova frontiera la sfida alla riduzione dei pesi.  Questa determinazione e? confer- mata dal grande investimento pro- fuso per la 1190 Adventure, che so- lo dopo attente analisi di mercato e? stata scissa tra il modello base e la piu? specializzata versione R, rappresentando, a nostro avviso, il nuovo atteggiamento di KTM. Tra le due ci sono poche ma sostan- ziali differenze, tra cui sospensioni e ruote. I tecnici austriaci dicono di aver pensato la R come quella destinata a proseguire le tradizioni delle mitiche Adventure arancioni, dedicandola ai veri appassionati del marchio. Vediamo. 

<p>La maxi KTM e? disponibile anche in versione R: il suo lato migliore e? quello elettronico dove sfoggia un ABS combinato e un controllo trazione davvero all&rsquo;avanguardia</p> 

KTM 1190 Adventure R

KTM rinfresca la ricetta della Duke proponendola in un&rsquo;inedita e furba cilindrata, ideale per chi comincia. I 390 cm3 del motore bastano e avanzano per togliersi delle belle soddisfazioni anche se si va di fretta. Costa 4.995 Euro e li vale tutti  &nbsp;  A un tiro di schioppo da Salisburgo il verde della campagna austriaca si prende la rivincita su tutto quello che noi conosciamo come progresso. Campi, pascoli, montagne innevate ai quattro lati. In mezzo ad una valle non pi&ugrave; larga e non pi&ugrave; brutta delle altre sorgono una manciata di moderni capannoni industriali e qualche casina pi&ugrave; o meno isolata. Qui tutto quello che non &egrave; direttamente marchiato KTM, ne &egrave; comunque e in qualche modo parente. Qui nascono moto che fanno emozionare. La Duke 390 &egrave; pensata, sviluppata e controllata in questo luogo famoso solo per chi mastica le due ruote: Mattighofen. Che venga assemblata in India si spiega con il fatto che la Casa austriaca &egrave; recentemente diventata il primo costruttore europeo di motociclette e che, obbligatoriamente e sensatamente, deve pensare lungo e guardare sempre avanti. La nuova 390 &egrave; quindi un prodotto globale: pensato per piacere e per far fronte alle esigenze dei motociclisti presenti e futuri, europei e no. Facile quindi, ma anche bella e furba. Perfetta per chi vuole avvicinarsi alle moto grandi facendo un passo non pi&ugrave; lungo della gamba, senza rinunciare al piacere di guida, al gusto del possesso e alla grinta che &egrave; il risultato di sommare 44 CV a 139 kg. Anche se la cilindrata potrebbe far pensare al contrario, la 390 Duke &egrave; ben pi&ugrave; vicina alle piccole di famiglia (125 e 200) che non alla 690. Quote ciclistiche e peso non mentono: i pochi chilogrammi sono frutto di dimensioni davvero minute che si sposano alla perfezione solo con motociclisti di taglia medio-piccola. Se si supera il metro e ottanta sulla 390 si viaggia un po&rsquo; costretti, soprattutto a causa della bombatura superiore del serbatoio che va stretto a chi ha la gamba lunga e il ginocchio alto. Difficile parlare di comfort di guida per una moto che vuole innanzitutto emozionare: il riparo aerodinamico &egrave; nullo e la sella &egrave; durissima e sottile. La triangolazione pedane-sella-manubrio &egrave; per&ograve; centrata: il manubrio &egrave; posizionato a un&rsquo;altezza perfetta ed &egrave; largo quanto basta per controllare senza problemi l&rsquo;avantreno e il fatto che sia vicino non vi disturber&agrave; affatto. La sella &egrave; a 800 mm dal suolo, quindi si tocca senza problemi, e le pedane non affaticano le articolazioni e non strisciano mai sull&rsquo;asfalto. Minuta: salire a bordo vuol dire avere tutto a portata di mano e sentirsi immediatamente parte integrante della moto. Il monocilindrico frulla senza vibrare esageratamente e i comandi al manubrio, un po&rsquo; poveri per la verit&agrave;, sono tutti a portata di mano. Il selettore del cambio e il pedale del freno sono posizionati un po&rsquo; in alto: una caratteristica che comunque accomuna quasi tutta la produzione KTM.  DA FERMO  La Duke 390 &egrave; la naturale evoluzione delle pi&ugrave; piccole &ldquo;125&rdquo; e &ldquo;200&rdquo; con cui condivide forme e gran parte delle soluzioni ciclistiche. Difficile dare un giudizio obiettivo su linee cos&igrave; taglienti e appuntite, cos&igrave; originali. Per capire davvero cosa si cela dietro al design di queste KTM bisogna avere il privilegio di cenare con il designer Gerald Kiska, padre di tutte le pi&ugrave; innovative moto (e auto, come la X-Bow) della Casa austriaca. Purtroppo il poco tempo a disposizione non ci ha permesso di ottenere un&rsquo;intervista esclusiva, ma la conversazione che abbiamo avuto con lui, insieme ad altri colleghi, ci ha permesso di capire di pi&ugrave;, e meglio, questa moto. Kiska &egrave; un uomo che prima ascolta, poi parla. Le sue riflessioni sono rapide, precise, dirette. Non ama guardare il passato, pensa che i veicoli elettrici rappresentino il futuro della mobilit&agrave; urbana e dice: &laquo;Basta adeguare le citt&agrave; e la rete di distribuzione dell&rsquo;energia elettrica creando colonnine di ricarica come fossero parchimetri, cosa ci vuole?&raquo;. Kiska, cos&igrave; come il suo staff, guardano avanti. La Duke &egrave; figlia di quest&rsquo;uomo e di questo pensiero: linee taglienti e moderne per il pubblico giovane, colori sgargianti, componentistica di livello. L&rsquo;obiettivo &egrave; piacere e comunicare. KTM &egrave; riuscita a trasformare un&rsquo;idea in una moto (in quattro diverse cilindrate) di successo, senza preoccuparsi di snaturare quella che era l&rsquo;immagine primordiale di questo modello, nato come supermotard. I numeri hanno dato ragione a queste scelte coraggiose: la Duke 125 &egrave; un successo mondiale e KTM ha messo a segno tanti &ldquo;+&rdquo; anche in anni difficili come questi. Che alcune finiture non convincano appieno fa parte dei piani economici della Casa: chiunque avrebbe voluto leve e comandi pi&ugrave; raffinati. Ma i conti devono tornare, quindi accontentiamoci del bellissimo forcellone, del corposo telaio e di un&rsquo;originalit&agrave; che, siccome vera, non ha precedenti.    IN MARCIA  Il fatto che l&rsquo;Austria sia cos&igrave; straordinariamente verde ha un preciso motivo: piove, spesso e volentieri. Abbiamo provato ad appellarci a una nutrita schiera di santi per una giornata di sole austriaco in questa primavera bislacca e i risultati non si sono fatti attendere: diluvio (a valle) e nevischio (sul passo) ci hanno accompagnato per tutti i chilometri di questo test. Lei, la Duke, se ne &egrave; assolutamente fregata del clima e del freddo e ha messo sul piatto tutte le sue carte migliori, lasciandoci giocare e divertire proprio come se sopra le nostre teste ci fosse stato un bel cielo azzurro. Un po&rsquo; per il granulosissimo asfalto austriaco, un po&rsquo; per le eccellenti Metzeler Sportec M5 della nostra moto, abbiamo potuto godere delle splendide qualit&agrave; di questa speziata motoretta senza troppo preoccuparci di altro. I 44 CV si sposano perfettamente con una ciclistica che &egrave; innanzitutto comprensiva: si sale a bordo, si d&agrave; vita al motore e ci si abbandona a un mezzo che vi seguir&agrave; in ogni vostro volere senza i limiti che ci si potrebbe aspettare da una moto da 5.000 Euro. Misure complessive e peso ridotto vi permetteranno di sentirvi a vostro agio in qualsiasi condizione di guida: in citt&agrave; si scivola fra le auto con uno sforzo fisico e mentale non diverso da quanto richiederebbe essere in sella a una bicicletta, nel misto l&rsquo;agilit&agrave; vi permetter&agrave; di mettere in fila le curve a velocit&agrave; insperate e impensabili, sempre supportati da un motore che non si tira indietro quando si tratta di allungare il passo. Chi ha un po&rsquo; di esperienza con i monocilindrici dovr&agrave; ritarare un po&rsquo; le proprie certezze: sulla Duke 390 il meglio arriva in alto e solo il limitatore frener&agrave; i vostri entusiasmi. L&rsquo;erogazione &egrave; per&ograve; appuntita come ci si aspetterebbe da un motore pi&ugrave; frazionato. La variet&agrave; di situazioni in cui si &egrave; svolto il nostro test ci hanno permesso di verificare i consumi di carburante: anche senza badare troppo al peso del polso siamo riusciti a rimanere su una media vicina ai 27 km ogni litro di carburante, un risultato davvero invitante considerando anche la notevole potenza specifica del motore e il tempo che si trascorre ai massimi regimi. Se alla guida della nuova piccola Duke il divertimento &egrave; sempre e comunque assicurato, il comfort di marcia &egrave; invece decisamente sacrificato. La cubatura e il frazionamento non vi inviteranno certo ad affrontare lunghe trasferte autostradali a velocit&agrave; sostenuta, quindi del riparo aerodinamico ve ne potete anche fregare bellamente, ma l&rsquo;imbottitura della sella metter&agrave; a dura prova il vostro fondoschiena gi&agrave; dopo pochi chilometri. Anche la taratura del monoammortizzatore piuttosto sostenuta (ma perfetta per l&rsquo;indole sportiva della moto) non far&agrave; che sottolineare il disagio. La forcella &egrave; invece piuttosto morbida, ma assorbe molto bene le imperfezioni dell&rsquo;asfalto e offre una grande comunicativa: la discesa in piega &egrave; immediata quanto sicura, la stabilit&agrave; a centro curva &egrave; a prova di... scrollone e la tenuta di strada, anche in condizioni davvero avverse, &egrave; eccezionale. In curva si pu&ograve; anche esagerare con il comando del gas: i Cavalli si gestiscono senza problemi pure di fronte a elevate inclinazioni. ANCHE sotto l&rsquo;aspetto delle vibrazioni la piccola Duke ha saputo stupirci: i tremori sono evidenti solo alle pedane e ai medi regimi e, comunque, non risultano mai realmente fastidiose. L&rsquo;isolamento al manubrio &egrave; davvero efficace: anche dopo molti chilometri non vi troverete affaticati. La dotazione di serie comprende anche l&rsquo;ABS che si &egrave; rilevato all&rsquo;altezza delle migliori aspettative. Il singolo disco anteriore richiede un po&rsquo; di forza per dare il meglio di s&eacute;, ma se esagerate l&rsquo;antibloccaggio &egrave; li pronto a darvi una mano e, anche sul bagnato, non sbaglia un colpo. Quale sia il ruolo della Duke 390 all&rsquo;interno del nostro mercato &egrave; facile intuirlo: le grafiche, l&rsquo;aspetto e il marchio strizzano l&rsquo;occhio al pubblico pi&ugrave; giovane; i Cavalli dichiarati si sposano perfettamente con i limiti della patente &ldquo;A2&rdquo; e il prezzo finale non la rende irraggiungibile. Una proposta che ha ancora troppo poca concorrenza: se il mercato le dar&agrave; ragione ne guadagneranno tutti, prima o poi. Sar&agrave; allora che dovremo ricordarci che in una moderna fabbrica, in mezzo ad un prato...  

KTM 390 Duke

Ducati Monster 796 - Honda Hornet - KTM 690 Duke - MV Agusta Brutale 675 - Triumph Street Triple 675

Dall&rsquo;entusiasmo nascono moto affascinanti e quella appena nata, dietro al solito carattere aggressivo, nasconde un lato pi&ugrave; pacato e affabile. Merito, come sempre, dell&rsquo;elettronica  &nbsp;  &nbsp;  Il detto &ldquo;chi osa vince&rdquo; ben rispecchia l&rsquo;atteggiamento della Casa arancione in questi ultimi anni. Alla faccia della crisi, KTM sta investendo e portando a casa grandi risultati, il tutto grazie alla capacit&agrave; del managing di guardare avanti, accettando sfide che qualche tempo fa parevano impossibili per un produttore di moto fuoristrada, e forte anche delle energie del gruppo indiano Bajaj che &egrave; socio di maggioranza di KTM. Numero di modelli e volume di produzione sono molto aumentati e gli investimenti nello sviluppo degli ultimi anni hanno toccato i 100 milioni di Euro. Quello della 1190 Adventure &egrave; il progetto pi&ugrave; grande mai intrapreso da KTM, partito tre anni addietro coinvolgendo praticamente tutto lo staff aziendale. Questo pu&ograve; dare una misura di quanto la Casa austriaca creda e scommetta su questo modello, e parlando con lo staff, la sensazione trasmessa da tutti gli uomini in arancione &egrave; proprio quella di grande entusiasmo e convinzione in questa moto e nel futuro. Nel &ldquo;succo&rdquo; delle moto arancioni qualcosa sta comunque cambiando e se da una parte il gusto racing resta molto marcato, dall&rsquo;altro si assapora bene l&rsquo;intenzione di portare lo spirito KTM verso una fascia pi&ugrave; ampia di pubblico. Aspetto pi&ugrave; pacato, grande utilizzo dell&rsquo;elettronica, che su questo modello fa veramente la differenza, e prestazioni sempre ai massimi livelli caratterizzano questa moto, che oltre ad essere uno strumento di grande divertimento, vuole essere anche una perfetta moto da turismo adatta non solo ai pi&ugrave; esperti. Anche il prezzo &egrave; un punto forte, visto che per la versione standard, completa di tutta l&rsquo;elettronica, servono &euro; 14.870, mentre &egrave; disponibile, solo su ordinazione e in numero limitato, una pi&ugrave; economica versione priva di EDS e TPMS (sospensioni a controllo elettronico e controllo pressione pneumatici) a &euro; 13.990. La pi&ugrave; specialistica R, che sar&agrave; presentata pi&ugrave; avanti, coster&agrave; invece &euro; 14.970.  Il DNA totalmente racing di KTM non poteva che assicurare alla nuova Adventure il primato in termini di peso/potenza, visto che vengono dichiarati 230 kg con il pieno carburante (23 litri) e una potenza di 150 CV con 125 Nm di coppia. Il bicilindrico si basa sul propulsore della RC8 R, che equipaggia la superbike della Casa austriaca, ma &egrave; stato rivisto nella maggior parte dei componenti per adattarne il carattere alle esigenze di una crossover. Per migliorare trattabilit&agrave; e consumi si sono adottate 2 candele per cilindro, controllate una per una in modo autonomo dalla centralina, ma &egrave; soprattutto il comando del gas di tipo ride-by-wire ad addolcire parecchio il propulsore. Una nuova frizione con sistema antisaltellamento e i rapporti del cambio totalmente cambiati, con le prime due marce debitamente accorciate, lavorano insieme alla trasmissione finale a catena X-Ring. Questa soluzione &egrave; stata fortemente voluta dai tecnici austriaci per assecondare il lato sportivo della Adventure e per evitare danneggiamenti nella guida al limite. Con 62 kg di peso, questo motore &egrave; un vero peso piuma sulla bilancia e vanta anche dimensioni molto ridotte. Oltretutto consuma anche il 20% in meno rispetto alla vecchia Adventure, con intervalli di manutenzione portati a 15.000 km Un classico telaio a traliccio in tubi (9,8 kg di peso) fa da scheletro alla ciclistica, la quale vede il marchio WP sul monoammortizzatore e forcella. Quest&rsquo;ultima &egrave; una USD da 48 mm &Oslash; e come quella di una fuoristrada specialistica monta i paraoli SKF ad alta scorrevolezza. Entrambi ultraregolabili (manualmente o elettronicamente nella versione con l&rsquo;EDS) mono e forcella hanno una taratura pensata per l&rsquo;ottimale utilizzo su strada e assicurano entrambi 190 mm di escursione. Altro elemento originale &egrave; il vistoso forcellone in alluminio con un&rsquo;originale struttura a reticolo totalmente a vista. Parlando di ruote, sulla Adventure troviamo delle tubeless a raggi, totalmente sviluppate dalla Casa, con misura di 19&rdquo; all&rsquo;anteriore e 17&rdquo; al posteriore, che ospitano penumatici Continental Trail Attack2 (omologate fino a 250 km/h) dalle inedite misure di 120/70-ZR19&rdquo; e 170/60 ZR17&rdquo;. Alla voce freni troviamo il monopolio di Brembo, con un doppio disco anteriore da 320 mm &Oslash; e pinze radiali a 4 pistoncini e pompa radiale, mentre la robusta unit&agrave; posteriore adotta un singolo disco di 268 mm &Oslash; morso da una pinza a 4 pistoncini, con buone doti di resistenza anche a pieno carico.  DA FERMO  Nell&rsquo;aspetto l&rsquo;Adventure cambia tanto, e se da un lato perde quella grinta unica di moto della Dakar, dall&rsquo;altro acquisisce forme pi&ugrave; standard e capaci di appagare i gusti di un pubblico di ogni estrazione. Ci&ograve; che resta invariata &egrave; la grande qualit&agrave; dei componenti, che lasciano ben poco spazio alle critiche. La parte frontale &egrave; ora pi&ugrave; arrotondata e larga, il cupolino regolabile in altezza e inclinazione tramite un funzionale sistema ma che richiede due mani l&rsquo;operazione. Il gruppo ottico anteriore mantiene parte del design di quello precedente grazie alla forma allungata verso l&rsquo;alto, ma presenta la grande novit&agrave; della luce diurna a led e dell&rsquo;anabbagliante ad incandescenza, che si attiva automaticamente all&rsquo;imbrunire e in galleria. I led vengono anche utilizzati per indicatori di direzione e gruppo ottico posteriore, con un&rsquo;ottima resa visiva e funzionale. Attacco del manubrio regolabile longitudinalmente (10 mm) e sella con 2 posizioni in altezza (15 mm) garantiscono buone possibilit&agrave; di adattamento per ogni pilota, mentre al manubrio si pu&ograve; contare su una pratica regolazione delle leve e su blocchetti elettrici pensati in maniera molto funzionale. La vista laterale &egrave; ora molto pi&ugrave; filante e il lato destro &egrave; caratterizzata dal riuscito terminale basso in acciaio, molto bello anche nella versione Akrapovich, mentre sul codone, anch&rsquo;esso pi&ugrave; snello, spicca il largo portapacchi in materiale plastico che incorpora le maniglie passeggero. Tra i tanti accessori ci sono due tipi di borse rigide, di diversa capienza, che finalmente sono fissate ad attacchi totalmente integrati nel codone e dal minimo impatto visivo.   &nbsp;  LA GUIDA  Dieci anni sul mercato, 40.000 modelli venduti e l&rsquo;immagine vittoriosa alla Dakar, sono il biglietto da visita di quella che &egrave; stata per antonomasia la bicilindrica pi&ugrave; adatta ai viaggi avventura. Se in passato era relegata in una nicchia tutta sua, fatta di fuoristrada, ora si mette in diretta contesa con le altre, ponendosi come una cliente davvero ostica per tutto il segmento delle cross-over. Il peso contenuto e la potenza ai vertici del segmento della nuova Adventure la dicono lunga su come questa viaggiatrice a 360&deg; possa primeggiare a livello prestazionale, ma quello che ci ha maggiormente stupiti &egrave; come allo stesso tempo possa risultare docile e semplicissima da gestire quando le si chiedono andature turistiche e l&rsquo;uso in citt&agrave;. Vero &egrave; che la nuova Adventure risulta leggermente pi&ugrave; orientata alla strada rispetto al passato e chi ha accese velleit&agrave; off-road dovr&agrave; preferire il modello R, che mantiene la ruota anteriore di 21&rdquo; e offre un assetto pi&ugrave; adatto alla terra. Per questa prima assoluta KTM ci ha portati a Tenerife, isola dal clima e dalle strade perfette per gustare appieno le doti della Adventure. Purtroppo il test prevedeva solo asfalto, per cui non siamo riusciti a saggiare le doti fuoristradistiche di questa nuova moto arancione. In compenso l&rsquo;asfalto dell&rsquo;isola &egrave; quanto di meglio si possa desiderare in temini di grip&hellip;  Molto pi&ugrave; accogliente Molto snella e decisamente pi&ugrave; bassa della precedente, trasmette un ottimo feeling non appena la si solleva dalla stampella laterale. Il peso non elevato e la sella, comoda e non troppo alta da terra, permettono di manovrarla facilmente restando seduti, trasmettendo da subito quel senso di confidenza che accompagner&agrave; per tutto il test. La triangolazione manubrio-sella-pedane &egrave; quella tipica di un&rsquo;enduro, a cui si aggiungono un serbatoio e un telaio piuttosto stretti, che lasciano le gambe in posizione molto comoda. Il manubrio, che vanta piega, larghezza e altezza ottimali, risulta pi&ugrave; distante rispetto alla media, lasciando le braccia piuttosto distese, ma in posizione confortevole. I comandi sono al loro posto, mentre con un&rsquo;operazione piuttosto semplice, che va fatta a moto ferma, ci troviamo subito ad abbassare il cupolino in modo che non incroci la visuale della strada.  Trattabilit&agrave; sopraffina Il propulsore si avvia in un attimo e bastano due colpi di gas in folle per toglierci ogni dubbio sul suo deciso carattere. Grazie alla nuova frizione, che monta molle meno tenaci, la leva a comando idraulico risulta davvero morbida da azionare, oltre ad offrire un&rsquo;ottima modulabilit&agrave;. Percorriamo il primo tratto di strada a bassa andatura e come prima cosa apprezziamo la grande trattabilit&agrave; di questo bicilindrico, che nonostante la notevole cubatura, gira a bassi regimi con grande regolarit&agrave;, senza praticamente presentare strappi e rispondendo alle piccole variazioni del gas con grande dolcezza. Questo &egrave; sicuramente il primo grande merito del lavoro svolto dal ride-by-wire, uno dei migliori fin qui provati. Anche la ciclistica mette subito in mostra un ottimo equilibrio e una grande agilit&agrave;. Nonostante la sensazione sia quella di avere la ruota anteriore un po&rsquo; lontana, la confidenza con l&rsquo;avantreno &egrave; pressoch&eacute; immediata. Il manubrio risponde preciso e leggero ad ogni comando e ogni eventuale dubbio sull&rsquo;agilit&agrave; della ruota da 19&rdquo; su asfalto &egrave; immediatamente fugata. Il riding mode inserito &egrave; lo &ldquo;sport&rdquo;, quindi quello pi&ugrave; prestazionale dei quattro, ma nonostante questo il gas resta facile da modulare, come se fossimo su una media cilindrata. Aprendo con pi&ugrave; decisione, invece, la risposta resta molto pacata fino ai 4.000 giri, per intenderci &egrave; minore di quella di GS e Multistrada, poi prende corpo con una progressione esaltante e tra i 6.000 e 9.000 giri diventa davvero veemente, con la ruota anteriore che si solleva facilmente da terra fino alla terza marcia. Tra i 9.000 e 10.000 giri la spinta si stempera leggermente, fino all&rsquo;ingresso un po&rsquo; brusco del limitatore. I miracoli dell&rsquo;elettronica cominciano a stupirci, perch&eacute; nonostante il propulsore spinga tantissimo, la sensazione di avere tutto sotto controllo non abbandona mai. Il controllo di trazione MTC lavora infatti anche nelle accelerazioni esercitando una sorta di anti impennamento ed evitando qualunque eccessivo picco di potenza. Curioso come, anche aprendo tutto in seconda marcia e su un rettilineo, si possa notare il led del sistema accendersi anche senza alcuna sensazione di perdita di aderenza. In questo caso &egrave; il sistema che si attiva per evitare il sollevamento dell&rsquo;anteriore. Aprendo decisi in curva, invece, l&rsquo;intervento &egrave; pi&ugrave; avvertibile, visto che leggendo anche l&rsquo;angolo di piega, l&rsquo;MTC risulta molto &ldquo;prudente&rdquo; a moto inclinata e parzializza l&rsquo;apertura delle farfalle. Ma il bello &egrave; che tutto avviene in maniera molto dolce e per niente invasiva. L&rsquo;unica critica che possiamo fare all&rsquo;MTC &egrave; il settaggio &ldquo;controllato&rdquo; nella mappa Sport, dove disabilitando il sistema si ottiene una risposta nettamente pi&ugrave; corposa e appagante all&rsquo;uscita di ogni curva. Impostando il riding mode Rain o Offroad si toglie un terzo di potenza al propulsore e tutto diventa ancora pi&ugrave; dolce, anche se la mancanza dei cavalli si nota soprattutto dai medi regimi in su. L&rsquo;insieme cambio-frizione-trasmissione si dimostra pienamente all&rsquo;altezza della situazione e fa apprezzare il preciso funzionamento del cambio, che ha innesti precisi e corsa della leva leggermente lunga, mentre l&rsquo;antisaltellamento della frizione &egrave; estremamente funzionale quando si guida decisi, visto che evita il pensiero di come rilasciare la leva in scalata. Confidenza in curva Qualunque detrattore della ruota di 19&rdquo; su strada dovrebbe provare a guidare questa Adventure per rendersi conto che non c&rsquo;&egrave; per forza bisogno di una 17&rdquo; per pennellare ogni tipo di curva. Se sul dritto, lento o veloce che sia, la conduzione &egrave; estremamente pulita grazie a una ottima stabilit&agrave;, affrontando le prime curve ci si trova addirittura troppo presto alla corda, con la moto che tende a curvare quasi da sola. Sono bastate una decina di curve per prendere assoluta confidenza e capire che l&rsquo;anteriore scorre preciso in piega, rispettando perfettamente la traiettoria impostata in ingresso e senza assolutamente allargare in uscita, anche aprendo con decisione. Oltre all&rsquo;agilit&agrave;, la grande forza di questa moto &egrave; il peso ridotto, che permette ingressi in curva pi&ugrave; incisivi della quasi totalit&agrave; della concorrenza. In staccata, oltre alla ottima modulabilit&agrave; e potenza dei freni, che solo dopo una lunga discesa senza risparmio hanno mostrato un leggero allungamento della corsa&nbsp; della leva anteriore, abbiamo apprezzato moltissimo l&rsquo;ABS, tanto che &egrave; la prima volta in assoluto (BMW S 1000 RR a parte) che non abbiamo sentito l&rsquo;esigenza di disattivarlo guidando decisi su strada. Il sistema risponde molto velocemente e in modo poco percettibile, tanto da non causare alcun sintomo di arrivare lunghi in frenata. Curioso come dopo pi&ugrave; di 100 km di curve con ABS e DTC inseriti, escludendo entrambi i sistemi abbiamo provato un&rsquo;iniziale sensazione d&rsquo;insicurezza, che ha richiesto qualche chilometro per sparire! La nostra moto era dotata anche della regolazione sospensioni EDS, che pur non essendo un sistema semiattivo, torna comunque utilissimo per cambiare in un attimo i settaggi e affrontare un fondo dissestato piuttosto che un asfalto molto liscio. Per non perdersi in mezzo alle tante regolazioni, durante la guida risultano utilissimi i quattro riding mode, che con un semplice click cambiano tutta l&rsquo;elettronica. 

KTM 1190 Adventure

Dalla prima presa di contatto in Marocco, la primavera 2012 era alle porte, ma sulle montagne dell’Atlante si vedeva ancora la neve, tutti i tester erano tornati entusiasti, neanche fosse il ritrovamento della pietra filosofale (In Moto n. 5/2012). La KTM aveva conquistato per la facilità con cui erano stati coperti i 70 km di percorso, stretto o molto stretto, ma senza nessuna difficoltà da superare che non fossero quelle che ci si andava a cercare per realizzare le foto. Si rimandava ai percorsi di casa il corretto e finale giudizio su una moto che prima di tutto doveva essere capita, più per timore di farsi facilmente abbagliare dalle sue qualità che per qualche remora che poteva derivare dal suo comportamento. Paragonarla a una trial da motoalpinismo o a una enduro per escursionisti ancora non centrava la sua essenza, così esattamente a metà tra l’una e l’altra specialità. Ma in fondo il motoalpinismo, se ai più giovani questo termine dice qualcosa di più profondo che il semplice “andar per funghi”, è la destinazione principale della Freeride, con la possibilità di affacciarsi al percorso più caratteristico del trial e dell’enduro come i due estremi di un uso in fuoristrada che risulta molto ampio grazie alla moderna evoluzione delle scelte tecniche dell’originale austriaca. Chi nella sua esperienza motociclistica ha guidato una moto da trial degli anni ‘80, quelle che pesavano poco meno di 100 kg e avevano ancora una parvenza di sella su cui poggiarsi, volendo, nei momenti di trasferimento, arriva a immaginare piuttosto da vicino le sensazioni che dà stare sopra alla Freeride, ma deve fare la tara con tutto quello che è passato nel frattempo sotto i ponti. Telaio, motore, sospensioni, freni... per finire con l’elettronica, sono passati oltre trent’anni e sono tanti. Ora questa moto ha l’avviamento elettrico, può circolare in città tranquillamente così come esce dal concessionario e allo stesso modo inerpicarsi nei posti più impensati. Anzi, se qualcosa in più è servito provarla sull’Appennino centrale invece che sull’Atlante marocchino, è stato per capire che se ci si vuole veramente divertire con questa moto bisogna andarsi a cercare il difficile dell’enduro, o il facile del trial.

Il fuoristrada che la Freeride rende possibile &egrave; meno condizionato dalle difficolt&agrave; del percorso e dalla bravura del pilota. Leggerezza, dimensioni ridotte e motore docile i segreti della sua formula inedita

KTM Freeride 350

Il test della versione 200 della Duke, destinata ai pi&ugrave; giovani, che invece in Europa &egrave; diventata un successo anche tra chi pu&ograve; guidare tutto. Filosofia e componenti indiane ma progetto e &ldquo;firme&rdquo; italo-austriache Successo. Questo &egrave; forse l&rsquo;unico termine per definire la Duke 125, la monocilindrica a quattro tempi realizzata in India dalla partner (e azionista, per poco meno del 40%) Bajaj Auto venduta in ben 9.370 esemplari nei suoi primi sei mesi di vita. Una scommessa che Stefan Pierer e Rajiv Bajaj, la sua controparte indiana, hanno stravinto: l&rsquo;idea era quella di creare una gamma di moto d&rsquo;accesso per la propria gamma in grado di convincere la nuova generazione di europei a scegliere il motociclismo piuttosto che altre forme di divertimento in voga al momento. Strategia dimostratasi finora vincente, come spiega lo stesso Pierer: &laquo;&Egrave; la sfida pi&ugrave; impegnativa di questo periodo: creare prodotti appetibili per una clientela pi&ugrave; giovane. Il difficile &egrave; far salire in moto i giovani per la prima volta. Dopo si tratta solo di farli continuare, possibilmente su una KTM, crescendo sia in termini di et&agrave; che di cilindrata&raquo;. La creazione della Duke 125 ha raggiunto l&rsquo;obiettivo: si tratta della entry-level dall&rsquo;indirizzo pi&ugrave; giovane della gamma, sviluppata per aderire alle normative europee che consentono ai sedicenni la guida di 125 con un massimo di 11 kW/15 CV, come del resto era da tempo qui in Italia. &Egrave; comunque interessante notare come le statistiche fornite direttamente dai concessionari KTM mostrino che la clientela della Duke 125 sia ripartita in ugual misura fra under 18 e maggiorenni. Il concetto base della Duke, evidentemente, attira anche clienti pi&ugrave; maturi, magari automobilisti convertiti ad un mezzo pi&ugrave; dinamico dello scooter o motociclisti di ritorno. In ogni caso, la nuova Duke &ldquo;ristretta&rdquo; &egrave; il primo frutto della collaborazione dei due&hellip; secondi maggiori produttori motociclistici tanto in India che in Europa, unione nata nel novembre del 2007 (quando Bajaj Auto ha acquisito una prima quota del 14,5% di azioni KTM) e progressivamente rinforzatasi. Adesso tocca al secondo modello della gamma monocilindrica stradale KTM &ldquo;made in India&rdquo;, la Duke 200 che ha debuttato lo scorso novembre all&rsquo;EICMA dopo essere stata sviluppata parallelamente alla versione 125. &laquo;La Duke 200 &egrave; nata fin dall&rsquo;inizio per l&rsquo;India ed altri mercati emergenti, dove il 125 &egrave; meno appetibile per l&rsquo;assenza dei limiti normativi&raquo; spiega Andreas Wimmer, project leader KTM per tutte le monocilindriche stradali fino alla gamma 690 compresa. &laquo;Per cui abbiamo sviluppato i modelli in parallelo sulla base di una piattaforma comune: la ciclistica &egrave; pressoch&eacute; identica, e il motore &egrave; sostanzialmente lo stesso, tranne che per testa, valvole, pistone, albero motore e corpo farfallato. Non avendo vincoli imposti dalle normative europee, abbiamo potuto produrre una moto con prestazioni motoristiche superiori per il 73%. Che avendo lo stesso identico peso della 125, diventa il 100% pi&ugrave; divertente!&raquo; Parola di chi ha provato a montare il motore della 250 da cross sul telaio della Duke, tanto per vedere l&rsquo;effetto che fa. C&rsquo;era solo un modo di verificare le affermazioni di Wimmer: un bel giro di un centinaio di chilometri sulle strade di montagna attorno alla fabbrica di Mattighofen&hellip;   DA FERMO  Come la 125, la Duke 200 &egrave; stata sviluppata prevalentemente in India (ad Akurdi, poco lontano dal quartier generale Bajaj di Pune) sulla base di un progetto austriaco curato dagli ingegneri di Mattighofen. Il team Bajaj/KTM ha ottenuto il propulsore aumentando sia l&rsquo;alesaggio sia la corsa del 125, passando dai 58 x 47,2 mm a 72 x 49 per una cilindrata complessiva di 199,5 cm3. Anche in questo caso &egrave; risultata preziosa l&rsquo;esperienza maturata nello sviluppo del loro &ldquo;tiratissimo&rdquo; 250 da cross: la testata della Duke, con le sue valvole da 28,5 e 24 mm (contro i 27 e 25 della 125) e angolo compreso di 29,5&deg;, assomiglia molto a quella della 250 EXC-F. Carter, cambio a sei rapporti, radiatore, air-box e silenziatore sono gli stessi della Duke 125, anche se con collettori di maggior diametro e un catalizzatore maggiorato, ma posizionato in maniera da non incidere sulla distribuzione dei pesi. I 15 CV a 9.500 giri della 125 diventano 26 a 10.000: un incremento prestazionale significativo, che trasforma la KTM in un mezzo che non scherza. Per divertente che possa essere la Duke 125 sul misto, non c&rsquo;&egrave; paragone con la 200, ben pi&ugrave; a suo agio anche in ambienti ben pi&ugrave; aperti: pi&ugrave; dell&rsquo;aumento del 73% di potenza, &egrave; l&rsquo;aumento di coppia (il 68%, da 11,8 a 19,5 Nm sempre a 8.000 giri) a dare una dimensione pi&ugrave; matura alla nuova Duke. Come sulla 125, l&rsquo;albero motore forgiato ruota su cuscinetti, e prende il moto attraverso una biella in acciaio da un pistone fuso a tre segmenti. Il rapporto di compressione (11,5:1) scende di un punto rispetto alla 125; la distribuzione bialbero viene azionata da un comando a catena con attuatori a dito, mentre un singolo contralbero elimina quasi tutte le vibrazioni indesiderate. La centralina Bosch, prodotta in India, &egrave; ben mappata e priva del limite di velocit&agrave; a 100 km/h della 125. Il motore &egrave; molto compatto, grazie al cambio sovrapposto, e pesa solamente 28 kg. Il motore svolge anche qui il ruolo di parte semi-stressata di un telaio a traliccio identico a quello della 125, con una geometria di sterzo relativamente tranquilla. La forcella rovesciata con steli di 43 mm &Oslash;, sviluppata da WP in Austria ma realizzata in India dalla partner Endurance, &egrave; fissata a piastre sterzo forgiate che operano su un cannotto di sterzo inclinato di 25&deg; per un&rsquo;avancorsa di 118 mm. L&rsquo;escursione di entrambe le ruote &egrave; di 150 mm, per gestire le strade accidentate dei mercati di riferimento del modello; pur se non regolabile, la sospensione anteriore &ldquo;di dimensioni piene&rdquo; regala un&rsquo;immagine sostanziosa ad un modello d&rsquo;accesso come la Duke 200. Al retrotreno, il monoammortizzatore montato senza interposizione di leveraggi progressivi &egrave; regolabile nel precarico, per adeguare l&rsquo;assetto al carico. I cerchi cinesi Jingfi, di colore nero ed esteticamente gradevoli, montano un disco di 300 mm &Oslash; (280 sulla 125) in acciaio all&rsquo;avantreno, lavorato da una pinza radiale a quattro pistoncini, e uno di 230 mm &Oslash; al retrotreno, entrambi marcati ByBre, la divisione indiana di Brembo!    &nbsp;  IN MARCIA  Con un peso (invariato) di soli 122 kg, che diventano 134,5 a serbatoio pieno con una distribuzione dei pesi 50/50, l&rsquo;accelerazione &egrave; ora sensibilmente meno letargica che sulla 125, e si potrebbe perfino definire brillante. Il cambio a sei marce resta impeccabile nel funzionamento, con una frizione dall&rsquo;azione morbida e progressiva. &Egrave; un bene che sia cos&igrave;, perch&eacute; va richiamata sempre: le cambiate senza frizione difficilmente riescono senza intoppi, ma non c&rsquo;&egrave; comunque bisogno di chiamarla in causa con la stessa frequenza che sulla 125, visto che la 200 si rivela decisamente pi&ugrave; immediata e reattiva in ripresa. Si tratta di una caratteristica fondamentale per il mercato indiano, dove si tende ad evitare gli alti regimi per limitare il consumo, e sono quindi abituati ad anticipare le cambiate. Da quelle parti saranno soddisfatti dei consumi di entrambi i modelli, visto che la 125 &egrave; capace di un frugale 2,9 litri per 100 km e la 200 fa poco peggio con 3,3l/100 km nonostante il corpo farfallato Dell&rsquo;Orto di 38 mm con iniettore singolo soprafarfalla che prende il posto dell&rsquo;unit&agrave; di 33 mm della 125. Il consumo cresce del 12%, potenza e coppia del 70%, il peso resta invariato. Difficile non trovarlo un buon affare. Lo &egrave;, visto che la maggior coppia rende la 200 molto pi&ugrave; gratificante da guidare: il motore tira praticamente dal minimo &ndash; posto a 1.200 giri &ndash; senza dover abusare della frizione. &Egrave; flessibile, l&rsquo;accelerazione &egrave; lineare su tutto l&rsquo;arco d&rsquo;erogazione con una sola, leggera, entrata in coppia sopra i 6.000. I sorpassi non richiedono una pianificazione chirurgica come sulla 125, dove &egrave; necessario prendere velocit&agrave; e sincronizzarsi alla perfezione con il traffico. Sulla 200, a volte non c&rsquo;&egrave; nemmeno bisogno di scalare una marcia, pur se l&rsquo;impressione &egrave; quella di masse volaniche pi&ugrave; rilevanti che sulla 125: nelle cambiate il regime cala meno, la Duke &ldquo;meno piccola&rdquo; sfuma ogni rapporto nel successivo, uno dopo l&rsquo;altro. La marcia innestata viene indicata nel completo cruscotto KTM: un ausilio importante non solo per i principianti, che tutti dovrebbero offrire. Il limitatore a 10.000 giri smorza le velleit&agrave; del motore, che continuerebbe a spingere (ad orecchio per altri 2.000 giri) anche quando si toccano i 127 km/h nell&rsquo;ultimo rapporto. Il motivo &egrave; da ricercarsi nell&rsquo;affidabilit&agrave;, anche se il &ldquo;caratterino&rdquo; del propulsore lascia intendere qualche parentela sul monocilindrico che verr&agrave; usato l&rsquo;anno prossimo in Moto3. Restando sull&rsquo;uso stradale, constatiamo come le vibrazioni siano praticamente assenti anche ai massimi regimi. Le dimensioni sono da moto &ldquo;grande&rdquo;: la sella a 810 mm offre il giusto spazio tanto al pilota quanto al passeggero, e la posizione &egrave; comoda anche per chi supera il metro e ottanta. Si tratta di una moto che offre fiducia quasi immediatamente, con braccia e gambe che assumono subito la posizione giusta per avere il massimo controllo del mezzo. Le gomme sono le stesse della 125, realizzate dall&rsquo;indiana MRC; nel fresco clima austriaco hanno offerto un grip adeguato alla destinazione d&rsquo;uso del mezzo, ma avendo provato la 125 in India posso testimoniare come siano ancora pi&ugrave; prestanti con temperature pi&ugrave; elevate. I freni italo-indiani sono eccellenti: pur con un solo disco, la Duke &egrave; in grado di fermarsi rapidamente anche con i miei 84 kg in sella dai 125 km/h della velocit&agrave; di punta. L&rsquo;interasse di 1.350 mm, unito ad un raggio di sterzata molto contenuto, rende la Duke 200 sostanziosa ma agile e gustosa da guidare, soprattutto con il contorno di una voce allo scarico pi&ugrave; profonda e aggressiva che sulla 125. La produzione della 200 &egrave; gi&agrave; iniziata, e in listino la moto costa 4.290 Euro franco concessionario (contro i 3.900 &euro; della 125), in attesa della 350 su cui KTM e Bajaj sono gi&agrave; al lavoro&hellip;    &nbsp;

KTM Duke 200

Quattro modelli dalla diversissima estrazione, ma accomunati dal fatto di uscire pi&ugrave; o meno dagli schemi tradizionali. Comunque divertenti  Questo gruppo comprende modelli dall&rsquo;ottimo rapporto qualit&agrave;/prezzo, di differenti cilindrate e fatti principalmente per divertire. Le particolari condizioni di guida dell&rsquo;Alpen Master fanno prevalere la Kawasaki, proprio l&rsquo;unica il cui genere si distacca dalle altre. La Versys 1000 si comporta molto bene dappertutto, tanto da ottenere anche il secondo miglior punteggio nella classifica generale. Dietro di lei si piazza una performante e divertente Husqvarna, a sua volta seguita dall&rsquo;Aprilia, che paga qualcosa in termini di agilit&agrave;. Ultima, ma solo perch&eacute; la pi&ugrave; piccola, la scatenata KTM. Da fermo Non vantano componenti estremamente sofisticati, ma risultano comunque curate sotto tutti gli aspetti. Anche in questo gruppo assistiamo al predominio del telaio a traliccio in tubi d&rsquo;acciaio, che &egrave; adottato da tutte ad eccezione della Kawasaki, che monta un pi&ugrave; voluminoso doppio trave in alluminio. Le ruote di 17&rdquo; hanno totale predominio e non lasciano dubbi in merito alla destinazione d&rsquo;uso, mentre il reparto sospensioni vede impianti ultraregolabili come quello di Husqvarna e Aprilia, e quelli di KTM e Kawasaki che presentano minori possibilit&agrave; di settaggio. La grande variet&agrave; dei propulsori, causa di notevoli differenze di pesi e potenze, parte dal monocilindrico di 690 cm3 della KTM, per arrivare al ben pi&ugrave; grosso 4 cilindri in linea di 1.043 cm3 della Kawasaki, passando per i due bicilindrici a V, che vedono cubature di 900 cm3 per l&rsquo;Husqvarna e 1.197 cm3 per l&rsquo;Aprilia. Il reparto elettronico presenta l&rsquo;ABS su tutte ad eccezione della Husqvarna, mentre Aprilia e Kawasaki offrono anche il controllo di trazione e la scelta della mappatura sulla centralina.  Posizione di guida Anche qui &egrave; la Kawasaki a distinguersi per essere la pi&ugrave; comoda e adatta alle lunghe percorrenze, grazie al manubrio pi&ugrave; alto e alle quote ciclistiche pi&ugrave; abitabili. Anche la sella &egrave; quella pi&ugrave; spaziosa e con il maggior dislivello a dispetto all&rsquo;alto manubrio. Sulla piccola KTM tutto risulta raccolto: afferrando il manubrio si ha la sensazione di averlo molto vicino e, nonostante la posizione eretta del busto, di porvi un certo peso con i polsi. La sella ha dimensioni ridotte, ma &egrave; molto ben conformata e non risulta stancante per il fondoschiena. Oltretutto permette un buon appoggio a terra dei piedi, risultando adatta anche ai meno alti. Molto simili nell&rsquo;impostazione risultano Husqvarna e Aprilia, con la differenza data dalla maggior larghezza della seconda. Su entrambe il dislivello sella/manubrio &egrave; ridotto, col risultato di farci sentire seduti molto in alto e poco inseriti nel corpo della moto. Per afferrare il manubrio ci si deve inclinare in avanti, assumendo una posizione pi&ugrave; da stradale che da motard. Le selle, strette, offrono poco appoggio a terra per chi raggiunge i 175 cm di statura, mentre una volta appoggiati i piedi sulle pedane si scopre una posizione delle gambe estremamente comoda.  Il fondovalle Il misto veloce &egrave; il terreno su cui l&rsquo;Aprilia si esprime al meglio, grazie alla possente schiena del propulsore e alla buona stabilit&agrave; nelle curve da affrontare dalla terza marcia in su. Il bicilindrico di Noale &egrave; un po&rsquo; sporco a bassi regimi, ma appena si passano i 4.000 giri diventa una possente fonte di coppia, una vera manna da sfruttare all&rsquo;uscita di ogni curva. La notevole altezza della ciclistica la rende molto reattiva nei cambi di direzione, anche se la sensazione &egrave; di avere a che fare con l&rsquo;inerzia di un maggior peso rispetto alle altre. Tra le strade valligiane, anche la Kawasaki risulta molto efficace. Pur avendo un propulsore dal carattere meno eccitante delle altre, risulta godibilissima grazie a una ciclistica perfettamente bilanciata, con la quale ogni manovra risulta facile. Con la &ldquo;verdona&rdquo; si viaggia facile a qualunque andatura ottenendo sempre ottima soddisfazione. Il propulsore ha un carattere &ldquo;elettrico&rdquo; e, quando ce n&rsquo;&egrave; bisogno, &egrave; capace di tirar fuori una notevole dose di cavalleria. Tra le quattro sceglieremmo decisamente questa per un viaggio, mentre per passarci una giornata in montagna opteremmo per la &ldquo;singola&rdquo; KTM. Con questa mono non si conta sulla potenza, che comunque non manca, ma sulla leggerezza. Agilissima e guizzante anche sul misto veloce, messa in buone mani la Duke pu&ograve; diventare una vera mattatrice tra le montagne. L&rsquo;inserimento in curva richiede un po&rsquo; di training prima di poterlo sfruttare, visto che &egrave; talmente veloce da dover ritardare di molto ogni staccata. Quello che invece ci ha stupiti della Husky &egrave; stato il propulsore, al quale i 100 cm3 in pi&ugrave; rispetto alla versione base montata sui modelli BMW hanno fatto pi&ugrave; che bene! Brillante e rapido a salire di giri, si &egrave; dimostrato potente e facile da gestire. Anche la ciclistica della moto varesina &egrave; decisamente efficace, con una maggiore propensione per i percorsi lenti.  Il passo di montagna Facciamo fatica a decidere chi sia la migliore su queste lunghe e tortuose salite, visto che tutte si comportano bene. Chi tra i tornanti se la ride di gusto &egrave; la piccola KTM, con la quale &egrave; possibile danzare tra le curve con minimo impegno e grande resa, mantenendo ritmi praticamente impossibili per le altre, ed &egrave; solo la minor potenza del propulsore che la costringe alla quarta posizione. Terza &egrave; l&rsquo;Aprilia che qui non riesce a sfruttare a pieno l&rsquo;erogazione del propulsore a causa della poco pulita risposta ai bassi regimi. Anche la ciclistica accusa un&rsquo;agilit&agrave; minore delle avversarie e rende la Dorsoduro la meno rapida in inserimento. Chi invece fa del propulsore il proprio vessillo &egrave; la Husqvarna, con la quale abbiamo trovato un ottimo equilibrio tra potenza e agilit&agrave;, capace di farci divertire parecchio. La Husky richiede un pilota capace di domare e apprezzare il suo carattere scalpitante, che la classifica come una moto non adatta ai poco smaliziati. Prima in classifica, la Kawasaki batte le avversarie anche nello stretto, dove mostra una ciclistica facilissima da gestire e un propulsore estremamente pulito anche in uscita dalle curve pi&ugrave; strette affrontate in seconda.  La discesa Non abbiamo registrato particolari note stressando a fondo i freni, che hanno mostrato ottima resistenza alla fatica su tutte. Sicuramente il peso relativamente ridotto delle moto ha avuto la propria influenza, ma comunque tutti gli impianti, compreso il singolo disco anteriore della KTM, vantano ottima qualit&agrave;. Abbiamo una nota da fare sulla troppa aggressivit&agrave; dell&rsquo;unit&agrave; anteriore della Husqvarna, che richiede molta attenzione nella prima fase della frenata per modularne la notevole potenza, specialmente se capita d&rsquo;incontrare la strada bagnata. 

Alpen Master 2012: funbike, Aprilia Dorsoduro 1200, Husqvarna 900 Nuda, Kawasaki Versys 1000, KTM 690 Duke

Quante moto del compromesso tra enduro, strada, trial, rally vi ricordate? La KTM che tanto ha suscitato scalpore alla sua presentazione nell&rsquo;autunno scorso non &egrave; solo una formula insolita e innovativa della consueta alchimia di diverse percentuali tra le varie &ldquo;specialit&agrave;&rdquo;, &egrave; una moto inedita. Ecco cos&rsquo;&egrave; veramente e come va, per 7.250 Euro f.c.  &nbsp;  Il titolo, per chi scrive o impagina un servizio, &egrave; importante. Quando ho pensato a &ldquo;terre di mezzo&rdquo; mi sono anche subito detto &ldquo;sbagliato, non rende&rdquo;. La Freeride &egrave; una moto che non &egrave; stata fatta mischiando due o pi&ugrave; concetti. Esistono le trial che vengono ingentilite nella sella, nell&rsquo;autonomia, nella rapportatura, le enduro che vengono abbassate e ammorbidite nelle sospensioni e nell&rsquo;erogazione. Certo anche qui tutto sommato si &egrave; preso un motore che esisteva gi&agrave;, il 350 da cross-enduro pluriricoperto di recente gloria, ma non &egrave; tutto cos&igrave; semplice. Nel nostro caso ci sono alcuni elementi che fanno capire a cosa siamo di fronte: le tre mappature e i pneumatici da trial, che sono dei veri trial, da gara, seppure poco diffusi. Le tre scelte elettroniche permettono di guidare in modo diverso la stessa moto e sono quindi dedicate a tre clienti &ldquo;tipo&rdquo;, ma anche tre modi di affrontare le difficolt&agrave; totalmente diversi tra loro. Ed ecco che per sfruttare la flessibilit&agrave; d&rsquo;uso di questa moto bisogna non rinunciare all&rsquo;optional pi&ugrave; importante, il selettore sul manubrio col quale si passa da standard a soft a hard. Perch&eacute; il trialista esperto o l&rsquo;endurista da hard preferir&agrave; la mappa che gli d&agrave; un motore pi&ugrave; aggressivo a basso regime, in modo da potersi &ldquo;sparare&rdquo; a gas aperto e frizione in mano su per il muro che si propone all&rsquo;improvviso. La mappa soft &egrave; adatta ai meno esperti, a chi &egrave; esperto ma &egrave; sempre a corto di allenamento e vuole comunque divertirsi, a chi ha avuto una giornata difficile ma a casa in qualche modo ci deve pur tornare, magari accasciato sulla sella che non &egrave; troppo diversa da una enduro gara e sempre meglio di una trial di quando le avevano ancora, le selle, tanti anni fa.  DA FERMO  Tra i motivi di fascino di questa moto c&rsquo;&egrave; che &egrave; anche bella da vedere. Che non guasta mai: quando rientrate la sera a casa e ve la guardate se vi fa non solo pregustare l&rsquo;uscita del prossimo fine settimana ma vi rende anche soddisfatti di possedere un bell&rsquo;oggetto, be&rsquo; &egrave; tutto valore aggiunto, no? Snella e tirata all&rsquo;osso ma anche armoniosa, razionale all&rsquo;esasperazione ma anche civettuola, priva di nulla di quello che serve eppure cos&igrave; leggera, anche sulla bilancia. Frutto di soluzioni ad hoc furbe e ben realizzate. Sella e copriserbatoio si sollevano tramite un pulsantino celato nella parte finale a sinistra della sella. Si accede al rifornimento (il serbatoio &egrave; trasparente cos&igrave; sapete ad occhio come siete messi), al filtro dell&rsquo;aria che si sfila con una mano in un secondo, e &ldquo;all&rsquo;interno&rdquo; della moto che &egrave; fatto di talmente pochi elementi, cos&igrave; raccolti e ben disposti, che sembra un insetto evoluto e primordiale al tempo stesso. Gli incavi per spostare la moto a mano, la forma dei parafanghi, la leggerezza della trasmissione e di tutto il reparto frenante, i silenziatori cos&igrave; ben protetti e poco invasivi, la scelta della larghezza del manubrio e di comandi belli, leggeri, robusti, funzionali, sia sopra che alle pedane, la dicono lunga sulla cura messa su questa moto. Le pedane inoltre si possono arretrare di 8 mm per una posizione pi&ugrave; trialistica semplicemente smontando e riposizionando il loro attacco (due bulloni) e cos&igrave; il manubrio. I comandi idraulici di freno anteriore e frizione hanno leve simili, cos&igrave; ve ne portate solo una di ricambio in tasca. Perch&eacute; la Freeride &egrave; fatta per cadere e riportarvi a casa.    &nbsp;  Ecco come per incanto vi abbiamo anche spiegato cos&rsquo;&egrave; questa Freeride, una moto per tanti e per fare molte delle specialit&agrave; del fuoristrada, perch&eacute; tutti possano togliersi delle grandi soddisfazioni dalla propria gita senza litigare col prossimo non motociclista e nemmeno con se stessi per essere tornati malconci fisicamente e moralmente dall&rsquo;uscita pi&ugrave; banale a quella veramente impegnativa, a seconda di come uno se la sente. Non a caso &egrave; stato pensato un kit di ribassamento delle sospensioni di 25 mm che abbinato alla sella con meno imbottitura fa guadagnare quasi 5 cm. Mica poco per chi vuole mettere gi&ugrave; i piedi pi&ugrave; spesso. Cosa che durante il giro di prova della presentazione &egrave; stato poco possibile perch&eacute;... non c&rsquo;era tanto posto per farlo. Verso la fine cos&igrave; abbiamo anche provato che seduti in sella ci si sta ma che la moto si governa meno bene rispetto a quando sei seduto su di una enduro, con la quale per&ograve; lo zampettare per uscire dalle difficolt&agrave;, al momento che le forze non ti sostengono pi&ugrave;, &egrave; meno efficace. Importante invece notare come si faccia subito amicizia con la posizione in piedi, tanto azzeccata che la si pu&ograve; tenere per un giorno intero, e tale da non indurre nella voglia di provare la posizione arretrata che probabilmente far&agrave; gola ai trialisti pi&ugrave; acrobatici. Questi godranno dell&rsquo;equilibrio naturale in dote alla Freeride, pi&ugrave; sensibile agli spostamenti di peso di una enduro, ma meno di una trial, e in tutti i casi meno esigente fin quando il risultato che dovete ottenere non raggiunge i livelli pi&ugrave; impegnativi. I freni sono una libidine totale in fatto di morbidezza e sensibilit&agrave;, e non sembra nell&rsquo;unico tratto veloce che manchi la potenza per fermarsi dalla sesta ai regimi gi&agrave; elevati.  La mancanza della messa in moto a pedale, se non aggiunge peso con la presenza in pi&ugrave; di motorino e batteria affidabile, dall&rsquo;altra non pu&ograve; che creare qualche apprensione di restare a motore morto proprio dove non si pu&ograve; che spingere in salita. Anche perch&eacute; la Freeride forse non &egrave; la moto che si usa quotidianamente. Abbiamo comunque, nell&rsquo;arco delle dieci ore del test, volutamente rimesso in moto spesso e senza passare per il folle e non ci sono stati problemi. La frizione da parte sua, se pure chiamata in causa di proposito pi&ugrave; spesso del necessario, visto il tiro del motore (che gira anche alto ma non cresce di potenza pi&ugrave; di tanto)e la dolcezza di lavor&igrave;o del cambio (che ha le prime tre marce molto ravvicinate), sembra piuttosto robusta. Soprattutto quando si sar&agrave; presa conoscenza e fiducia delle reali possibilit&agrave; del motore a bassissimo regime, nelle varie mappe, allora si potranno centellinare centimetri di ascesa in aderenza lasciando inermi le dita di sinistra.  Abbiamo notato che tutte le moto del test avevano i registri tendicatena gi&agrave; arretrati, ci &egrave; stato detto per evitare interferenze con il tipo di pneumatico e che con altri il problema non si verifica. Sull&rsquo;argomento gomme da trial aggiungiamo che fango all&rsquo;europea non ce n&rsquo;era, nonostante la grandinata di met&agrave; giornata, e quindi di aderenza con la vera palta non sappiamo dirvi, considerando che i tasselli delle coperture da trial sono piuttosto ravvicinati e che l&rsquo;aderenza questi copertoni la danno con la carcassa pi&ugrave; che con la forma del tassello. Ma sono gi&agrave; nati pneumatici di tipo trialistico adatti all&rsquo;enduro estremo con tassellatura pi&ugrave; diradata. Infine le sospensioni. Ricordato che si regolano ampiamente, cos&igrave; come escono dal montaggio sono scorrevoli, morbide ma non cedevoli, e nei 240-250 mm di escursione si trova sia la copia del piccolo sasso come l&rsquo;assorbimento dell&rsquo;impatto sul grosso ostacolo. E non ci sono sembrate proprio in grossa difficolt&agrave; sul veloce. Se un giorno scopri che non te ne fai nulla di 300 mm di escursione, di 45 CV quando ne usi la met&agrave;, con quello che comporta in fatto di assetto e impegno nella guida anche a bassa velocit&agrave;, che vuoi ritrovare il piacere della gita impegnativa arrivando ancora in cima ma senza farti maledire per il rumore, hanno fatto la moto per te, omologata Euro-di-pi&ugrave;, con cui poterti muovere anche nei piccoli spostamenti con uno stile invidiabile. Altro che SUV. Anzi, usalo per metterci dentro la Freeride e goditi l&rsquo;off-road.  

Potete stare sicuri di una cosa: se c&rsquo;&egrave; KTM di mezzo, l&rsquo;ecologia &ndash; intesa come moto elettriche &ndash; diventer&agrave; divertente  &nbsp;  Mentre tutti gli altri costruttori si concentrano sul risparmio economico e sull&rsquo;abbattimento delle emissioni, la KTM ha sviluppato il suo primo modello a propulsione alternativa concentrandosi su un fattore: il divertimento. L&rsquo;aspro limone del politically correct trasformato in rinfrescante limonata, insomma. Signore e signori, ecco la Freeride E, modello di serie della gamma 2012. &laquo;La pratica del fuoristrada &egrave; sempre pi&ugrave; difficile, tanto in Europa che negli USA&raquo; spiega Harald Ploeckinger, alto dirigente KTM, un passato in Rotax e ora responsabile dello sviluppo motoristico per la Casa di Mattighofen. &laquo;Uno dei problemi principali sta nel rumore, e abbiamo pensato che lo sviluppo di un mezzo che non inquina e non fa rumore possa avvicinare il fuoristrada alle aree urbane, per renderlo appetibile anche per chi non ha voglia di viaggiare per ore prima di poter scaricare la moto e divertirsi&raquo;. Insomma, arrivare al punto in cui potrebbero essere i comuni stessi a creare strutture per l&rsquo;off-road, sulla falsariga delle piste da sci artificiali o delle pareti da roccia. &laquo;L&rsquo;Austria &egrave; un gran bel posto per sciare, perch&eacute; non possiamo usare le stesse aree per divertirci in moto? Con la Freeride E non abbiamo emissioni nocive, e praticamente nessun rumore tranne quello della catena... probabilmente fa pi&ugrave; rumore uno sci sulla neve!&raquo; La KTM &egrave; partita definendo il riferimento prestazionale: ponendosi come obiettivo un peso massimo di 100 kg, si &egrave; puntato ad una 125 due tempi per l&rsquo;uso agonistico: nessun compromesso, nemmeno in un mezzo elettrico. Per quanto riguarda la batteria, KTM ha pensato alla durata di una manche di cross &ndash; 40 minuti pi&ugrave; due giri, dopodich&eacute; si &egrave; rivolta all&rsquo;AIT (Istituto Austriaco di Tecnologia) di Vienna, specialisti di propulsione elettrica, per chiedere di collaborare. Il progetto &egrave; stato finanziato, in parte, dal governo austriaco come sviluppo sperimentale, anche se naturalmente solo quando il progetto era gi&agrave; ad un certo livello di sviluppo, quando i ragazzi di Mattighofen avevano in mano qualcosa da far vedere. &ldquo;Non ho mai avuto una tale ondata di richieste di provare il mezzo in tutta la mia carriera - ha raccontato Ploeckinger. - Un vero e proprio tsunami!&rdquo; La prova del prototipo della Freeride E si &egrave; svolta sulla pista di test realizzata appositamente da KTM all&rsquo;esterno del proprio stabilimento satellite dove vengono realizzati i motori, a soli 3 km dal quartiere generale di Mattighofen. Ecco come il team R&amp;D, capitanato dall&rsquo;ex Toyota F1 Hannes Proschek, ha raggiunto i suoi obiettivi. La Freeride E, con la sella a soli (per una off-road) 910 mm e pedane ragionevolmente basse, accoglie bene piloti di ogni statura e offre una certa confidenza anche ai principianti o a chi, magari, torna in fuoristrada dopo molto tempo. Si accende agendo sull&rsquo;interruttore di massa del manubrio destro, non essendoci chiave, dopodich&eacute; si tratta di attendere qualche secondo che il sistema si attivi completamente. Il tutto viene monitorato dalla strumentazione dietro al cannotto di sterzo, su cui campeggia una fila di led che vi informa sul livello di carica della batteria e tre numeri (1-2-3) che, sulla moto definitiva, indicheranno la mappatura attivata: 3 sar&agrave; quella pi&ugrave; dolce, 2 quella intermedia e la 1 pi&ugrave; diretta e potente, anche se KTM ha introdotto una certa limitazione della coppia anche in questa. Un motore elettrico eroga infatti tutta la sua coppia fin dal minimo regime di rotazione, il che potrebbe rivelarsi difficile da gestire anche per i pi&ugrave; esperti (il controller ora limita la coppia sotto i 500 giri, per poi lasciarla piatta) sul livello massimo, fino ai 6.600 a cui interviene il limitatore. Non vi resta che premere il pulsante di avviamento sotto quello di massa, girare l&rsquo;acceleratore e&hellip; volare! La KTM sta lavorando per ottimizzare consumi ed erogazione: Proschek ha spiegato che un professionista potrebbe esaurire la carica in 20 minuti, ma visto il target della Freeride E, si &egrave; puntato (magari usando le mappature 2 e 3, che consumano notevolmente meno) ad arrivare a un&rsquo;autonomia di 45 minuti su un tipico percorso da enduro, con punte di un&rsquo;ora e mezzo. La guida &egrave; semplice e divertente: la mancanza della leva della frizione non si fa sentire, vista la spinta vigorosa fin dai bassi: c&rsquo;&egrave; coppia subito, anche quando serve per volare su un salto. La maneggevolezza e l&rsquo;equilibrio alle basse velocit&agrave; sono tali da far pensare pi&ugrave; a una trial che non a una enduro specialistica, e la coppia di cui sopra viene sempre in aiuto. Bastano cinque metri, con partenza da fermo, per scalare una rampa di tre metri con pendenza del 70%: impressionante! Sullo stretto ci si diverte senza troppo impegno, anche e soprattutto per l&rsquo;assenza di marce e frizione. Si impara presto a usare il freno posteriore al posto della frizione quando si deve rallentare in piedi sulle pedane; il resto lo fa la ciclistica, con sospensioni WP che assorbono senza esitazioni anche le irregolarit&agrave; pi&ugrave; marcate, come canali e radici. Insomma, una ciclistica che considereremmo notevole anche su una moto tradizionale, anche se l&rsquo;alimentazione elettrica &egrave; la classica ciliegina sulla torta: pensate anche solo alla possibilit&agrave; di manovrare, da fermi e gi&ugrave; dalla moto, senza paura di spegnere la moto o farvela scappare da sotto per un uso maldestro della frizione. La KTM punta ad avviare la produzione della prima pre-serie di 500 unit&agrave; fra luglio e agosto 2012, per farle provare ad amatori in tutto il mondo e ottenere pareri dalla loro esperienza sul campo. Verso la fine dell&rsquo;anno partir&agrave; la produzione, a un prezzo sotto i 10.000 &euro; batteria compresa. L&rsquo;idea &egrave; di offrire due modelli (prima in Europa e poi negli USA e in Australia): una versione cross, come quella oggetto del test, e una EXC Enduro, con luci e frecce, omologata per l&rsquo;uso stradale. Ma &egrave; prevista anche una Supermoto: una E-Duke! Ploeckinger spiega giustamente come la vera impresa sia creare una moto elettrica da fuoristrada, poich&eacute; il successivo adattamento per uso stradale richiede un impegno marginale...    &nbsp;

RC 8C

Prezzo Franco concessionario

Peso a secco

Potenza kW / Giri motore

Scheda tecnica KTM RC 8C

MISURE KTM RC 8C

MOTORE KTM RC 8C

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