Nel corso degli anni, il modello si è migliorato sotto numerosi aspetti per andare incontro ai desideri degli appassionati, senza però tradire la sua identità
Prima domanda: che moto è? Il manubrio era alto e largo, più di qualunque altra naked (+10 centimetri di altezza rispetto, per esempio, alla Kawasaki Z800) e più simile a una maxi motard. La sella però era bassa, 815 mm, come contenuta era anche l’escursione della forcella, 137 mm; ben lontana, per esempio, dai 170 della Ducati Hypermotard dell’epoca.
Già dalla scheda tecnica, la 09 si poneva in una categoria ibrida, una sorta di meteora solitaria tra la galassia naked e quella delle motardone. Il cuore del progetto era il suo motore, un capolavoro di ingegneria presentato prima della moto stessa (ricordo ancora quando Yamaha lo espose come un pezzo di alta cristalleria, tutto luccicante, al Salone di Colonia nell’ottobre del 2012).
Era un tre cilindri con manovelle a 120° (ordine di accensione 0°, 240° e 480°: per questo venne chiamato CP3, ovvero Cross Plane, perché nella vista laterale, le manovelle formano una croce) di 847 cm3 e 115 CV. Era il vero centro dell’esperienza di guida della MT-09: rispetto agli avversari dell’epoca, aveva una massiccia dose di coppia fin dai bassi regimi, con un’erogazione ben spalmata lungo tutto l’arco di giri.
La ciclistica poteva contare su un telaio in alluminio pressofuso, particolarmente sciancrato (il forcellone era infulcrato all’esterno), per ridurre al minimo la sensazione di ingombro tra le gambe. Il telaio lavorava con una forcella a steli rovesciati di 41 mm Ø regolabile (estensione e precarico) e un mono con sistema Monocross.
Era discretamente equipaggiata anche a livello di elettronica: di serie c’erano tre mappe chiamate D-Mode comandate dall’acceleratore ride-by-wire, non banale per l’epoca.
Il sistema, in realtà, non interveniva direttamente sulla curva di erogazione, ma sul rapporto tra rotazione della manopola e apertura delle farfalle (di fatto, si cambiava la risposta del gas). L’ABS era optional.
Durante la presentazione stampa, ricordo che mi divertii come un matto, soprattutto grazie alle capacità del motore. Due cose non mi convinsero: primo, la risposta del gas soffriva di un marcato effetto on/off (eccetto che nella mappatura B, la più conservativa). Secondo, le sospensioni erano un po’ troppo sfrenate, soprattutto il mono.
E in effetti, Yamaha negli anni è intervenuta per sopperire proprio a queste due mancanze.
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