Sam Paschel, entusiasta CEO della Zero Motorcycle, ci racconta quanto sia maledettamente difficile costruire moto elettriche
Il giorno prima di incontrare Sam Paschel, il CEO della Zero Motorcycles, avevo cercato informazioni su di lui in rete, perché – devo ammetterlo – sapevo poco o nulla del personaggio. Americano, ingegnere, ex triatleta di buon livello, ottimo comunicatore. Queste le info che ho trovato. Ed eccomi entrare in ufficio, per questa intervista concordata. Siamo in quattro: il sottoscritto, Sam Paschel, l’ufficio stampa americano della Zero e quello italiano.
Siamo ai convenevoli d’apertura, quando il giornalista si presenta, presenta il giornale per cui lavora e racconta che tipo di articolo vuole fare. Paschel mi interrompe subito: “Ha guidato una delle nostre moto?”.
Ne ho avuta una in prova, l’ho anche molto apprezzata perché…
“No, guardi, oggi non serve mentire!”. E ride. Bravo a rompere il ghiaccio, penso.
Buongiorno Mr Paschel, dunque, stavo sottolineando quanto le moto elettriche e quelle a combustione siano molto diverse fra loro, non sovrapponibili perché…
“Mi ci è voluto molto tempo per capirlo, lei ha imparato più velocemente di me!”.
Insomma, io un’elettrica la vorrei, ma non vorrei rinunciare alla moto tradizionale. Cosa ne pensa?
“Abbiamo diversi tipi di consumatori. Ci sono quelli che consideriamo potenziali clienti, più giovani, con meno soldi, che si entusiasmano all'idea di una Tesla a due ruote. Per partecipare ai veicoli elettrici senza dover spendere tanti soldi e ottenere molti dei vantaggi. Poi ci sono i motociclisti di ritorno, quelli che avevano una moto che hanno venduto senza prenderne un’altra; e ora l'idea di una nuova tecnologia o di una nuova esperienza di guida li riporta in moto”.
“Infine c'è un terzo consumatore, che io chiamo l'entusiasta: di solito possiede più di una moto, ne ha alcune a benzina e una elettrica. Ha esperienze diverse e le usa per motivi diversi. Quello che succede la maggior parte delle volte a quest’ultimo consumatore, è che la moto elettrica è facile da gestire, e finisce per usarla ogni giorno, e la trova sempre carica, perché è collegata alla presa di corrente. Così le moto a benzina finiscono in fondo al garage, e davanti resta l’elettrica, quella che usa più spesso. Lei che moto usa?”.
Sorride Paschel, ma vuol capire che animale ha davanti. OK, guido un’Aprilia Tuono, la vecchia bicilindrica. Fa un sorriso di assenso, come a dire “ho capito chi sei”, ma a questo punto… posso chiederle che moto guida lei?
“Una Zero”
Ovviamente!
“Si, ovviamente – e ride -. Al momento una FX, ma posso prendere qualsiasi modello voglia in qualsiasi momento. Ho iniziato con una Suzuki RM80. Avevo 8 anni. Quindi le Honda 550 e 750. tecnologia d’altri tempi, c’erano ancora puntine e condensatori, i due ammortizzatori posteriori. Poi ho avuto una Triumph Bonneville 900, che era la mia moto prima di venire a Zero Motorcycles. Anzi, qui si innesta una storia divertente”.
Sentiamo!
“Stavo per diventare CEO di Zero, e avevo la Triumph 900. Decisi di fare un giro al concessionario Zero più vicino per provare una delle moto. Così rimisi in circolazione la Bonneville che avevo temporaneamente messo da parte. Ero un appassionato di moto d'epoca – rende meglio l’idea la frase inglese ‘I was a vintage motorcycle guy’ che mi ripete più volte divertito - . feci un giro di prova di 15 minuti, e in quel poco tempo passai dall'essere interessato a quello che stava facendo Zero a decidere di accettare un qualunque lavoro presso quell’azienda, fosse anche l’uomo della spazzatura, per far parte di quello che stavano facendo”.
Annuisco divertito, ma non serve una domanda ulteriore, lui è un fiume in piena, con la sua parlata americana sin troppo rapida. E qui ammetto di aver sofferto un po’ la traduzione.
“Tutte le cose che pensavo fossero parte integrante dell'esperienza di guida, le vibrazioni, gli odori e i rumori, erano scomparse all’improvviso. Ciò che ho provato è stata la connessione più pura tra me e la strada”.
“Tempo dopo – continua - ero in un viaggio d'affari con un amico, e lui mi raccontava di quando era più giovane e viveva in Australia, e mi disse che quello era stato il periodo nel quale si era sentito più libero, leggero, senza nessun peso. Mi chiese quando avevo provato quella medesima sensazione. Wow! Per me quel momento è quando tutto il resto scompare e sono solo un essere umano in un momento nel tempo, che si muove attraverso il mondo e non pensa a cosa c'è dopo. Quel momento è quando sono su una moto. Su una moto elettrica molto più spesso che su una a benzina. Questo, più di ogni altra cosa, è il motivo per cui sono il CEO di Zero Motorcycles. Ma, mi dica, che moto nostra ha provato e cosa l’ha colpita?”.
Ho usato per un po’ una SR/F, la naked sportiva, ne ho apprezzato le prestazioni, la guidabilità e, soprattutto, il fatto che non si sente il peso.
“Perché la batteria e il motore sono molto in basso, quindi anche se il peso è sui 220 kg, è molto leggera da guidare”.
Chiacchierata simpaticissima, ma io dovrei… lavorare. Cerco di raccapezzarmi nelle domande appuntate in inglese e, ecco: quante moto producete e quali sono i mercati migliori per voi?
“Costruiamo e vendiamo tra le 5 e le 10mila moto l'anno. Cresciamo tra il 30 e il 60% ogni anno. I mercati migliori sono gli europei: Francia, Germania e Spagna, ma anche Regno Unito e Italia. L’Italia se si considera il totale delle vendite è un mercato enorme, ma la maggior parte è costituita da scooter e moto di cilindrata inferiore, e noi puntiamo a giocare nello spazio premium”.
Qual è il futuro dell'elettrificazione?
“Ehm...”
Domanda difficile?
“No, per me è facile! - esplode con una risata fragorosa, trascinando anche gli altri -. Se non credessi che ci sarà una crescita esponenziale dell'elettrificazione, avrei sbagliato lavoro!”.
Poi torna serio
“In primo luogo, per me, dobbiamo credere nel futuro di Zero. Voi dovete credere che i veicoli elettrici continueranno a crescere, e le motociclette faranno parte di questa trasformazione. Bisogna considerare che ogni due anni circa, con i miglioramenti della chimica delle batterie, si ottengono miglioramenti significativi nell'autonomia e nelle prestazioni dei veicoli. Allo stesso tempo, i costi delle batterie continuano a diminuire, rendendo questa tecnologia accessibile per un maggior numero di persone. E nel mondo ci sono un miliardo di motociclisti potenziali”.
“Per quanto riguarda la Zero Motorcycles, oltre alla commercializzazione di moto a privati, vendiamo anche delle flotte. Ci capita di vendere venti, cento, duecento motociclette per volta a forze di polizia o ad altri enti pubblici. E abbiamo un business anche solo con i nostri motori, che forniamo ad altri produttori di veicoli e per altre applicazioni industriali. Su tutti questi fronti continuiamo a vedere una crescita significativa”.
Insomma, il futuro dell’elettrico visto dall’headquarter della Zero è roseo. Non avete neanche tensioni sulle materie prime, come il litio, o sui microchip?
“La catena di approvvigionamento globale per le batterie, per il litio, per il cobalto, per il nichel e per i chip... utilizziamo molti chip con un veicolo molto intelligente, cosa che ha creato molta pressione sull'azienda. Ottenere dei buoni chip e le batterie è stato molto difficile durante la pandemia e negli anni precedenti. Oggi, le catene di fornitura globali sono normalizzate, ed è molto più facile ottenere quei componenti. Noi comunque abbiamo un rapporto di lungo termine, più di 10 anni, con il nostro fornitore di batterie, quindi anche durante quei momenti difficili non abbiamo avuto problemi a ottenere le vendite necessarie per crescere”.
Quali sono le più grandi difficoltà che si incontrano per pensare, progettare, sviluppare, costruire e vendere una moto elettrica come la vostra?
“Bella la domanda di prima, ma adesso quanto tempo hai – chiede ironico -?”
È l’ultima domanda!
Riflette un attimo, e parte. “Quando Zero ha iniziato, era incredibilmente difficile collegare una batteria agli ioni di litio a un controller, a un motore e far girare in modo affidabile la ruota. Abbiamo dovuto inventare molti componenti e il sistema operativo per poterlo fare. Oggi, con la continua crescita dell'elettrico, ci sono sempre più fornitori di parti e componenti e sempre più competenze nel mondo".
"Ai livelli di prestazioni raggiunti – la SR/F ha 82 kW, 111,48 CV, e 190 Nm di coppia - è necessario un diverso livello di controllo e di sofisticazione. Ottenere le massime prestazioni da un gruppo propulsore elettrico e farlo in modo sicuro e affidabile è una sfida incredibilmente grande”.
“Sono quattro le aree chiave su cui ci concentriamo per lo stand up tecnologico. La prima è la batteria, fondamentale per qualsiasi azienda di veicoli elettrici. Bisogna essere sicuri di essere leader in termini di potenza e prestazioni e di autonomia. Noi acquistiamo le celle da un fornitore quotato in borsa. Ma tutto ciò che serve per trasformare una cella in un pacco batterie lo abbiamo inventato e sperimentato autonomamente”.
“La seconda è il motore. Abbiamo una terza generazione di motori brevettati e dedicati. Per noi il motore deve essere molto performante, molto efficiente e di dimensioni molto ridotte per essere montato su una moto”.
“Terza area chiave, la più importante, è il sistema operativo. Servono oltre un milione di linee di codice per far sì che un solo modello di veicolo marci in modo affidabile e corretto. Abbiamo più di quaranta ingegneri che si occupano di software e che lavorano al sistema operativo di Zero Motorcycle”.
“Questa è una delle parti più complesse e difficili da affrontare. E le lezioni più importanti sulla batteria, sul motore e sul sistema operativo non si imparano nelle piste di prova. Non imparerete mai le lezioni più difficili in un ambiente controllato. Per 17 anni abbiamo messo i nostri veicoli nelle mani di veri consumatori che li hanno portati nel mondo reale. Facendo cose che non ci saremmo mai aspettati, perché i motociclisti sono pazzi. Si mettono in situazioni e condizioni, in strane e piccole curve... e studiando quelle situazioni si migliora e si perfeziona il tutto”.
“La quarta area chiave è la più difficile. Motore, batteria, software: l'unione di tutti i sistemi richiede anni e ore nel mondo reale per far funzionare correttamente un gruppo propulsore. Ed è completamente diverso dal lato benzina. È molto difficile da fare. Una volta ottenuto questo risultato, le due sfide successive sono: bisogna capire come produrlo ad alta qualità, con un ambiente di produzione diverso da quello del passato; e poi bisogna educare i concessionari e i consumatori, e creare la domanda. Tutto questo rappresenta una sfida incredibile”.
“Tutti questi aspetti creano barriere molto reali per l'ingresso dei concorrenti. Siamo un'azienda di prodotti di consumo di potenza molto elevata in uno spazio internazionale fortemente regolamentato. Siamo un'azienda industriale, costruiamo le moto, e siamo un'azienda di software che deve creare il cervello del sistema nervoso centrale del veicolo elettrico”.
“È la cosa più complicata che abbia mai fatto. E faccio così tanti errori che lui – indica il suo ufficio stampa - non vi dirà mai. Tutti gli errori che si possono fare, li ho fatti tutti – ridono tutti nel piccolo ufficio - probabilmente due volte! È stato davvero impegnativo, ma alla fine il veicolo è bellissimo, la forma è straordinaria e abbiamo la possibilità di cambiare il mondo”.
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