La M900 di Borgo Panigale fu una delle “nude” più interessanti del 1993. Aspettative ripagate grazie alla sua personalità indiscutibile e al suo motore bicilindrico sfruttabile fino in fondo
Nuda, potente e decisamente fascinosa. La Ducati M900 aprì ad inizio anni ’90 una nuova era, alla scoperta della gioia di guidare una moto vera con il motore finalmente in bella vista.
Era il 1992 e all’Intermot di Colonia vennero levati i veli a una delle naked più riuscite di sempre. La Monster, o “il” Monster che dir si voglia, segnò una vera svolta. Prima di quel momento infatti la naked era vista un po’ come una parente povera delle carenate, mezzi che stavano vivendo un momento di grande splendore. Ducati tirò fuori dal cilindro quello che si può definire un nuovo concetto di moto.
Sportiva e brillante nelle prestazioni, ok, ma anche carica di stile e personalità caratteristiche che fino a quel momento raramente si erano viste su moto di quella categoria.
Con la sua creatura Miguel Galluzzi seppe tirare fuori concetti innovativi, partendo da una base tecnica che al periodo era prerogativa delle sportive bolognesi: telaio a traliccio della 851, motore bicilindrico Desmodue di 904 ccda poco meno di 80 CV e raffreddato ad aria, derivato dalla unità della Super Sport 900.
Il tutto abbinato a un design tanto minimalista, quanto aggressivo. Grande protagonista era la prorompente gibbosità di quel serbatoio che, andando a braccetto al codino minimal (che lasciava bene in vista il pneumatico posteriore) ed a uno sterzo non troppo arretrato, caricava visivamente l’avantreno. Questo era ornato da un fanale Eh sì, sembrava proprio un mostro pronto a ruggire, che faceva leva sui toni baritonali del doppio scarico e la grande coppia di quel motore.
Nuda, potente e decisamente fascinosa. La Ducati M900 aprì ad inizio anni ’90 una nuova era, alla scoperta della gioia di guidare una moto vera con il motore finalmente in bella vista
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