Il progetto ACMA nacque per mano della filiale francese della casa di Pontedera. Fu un tentativo di immettersi nel settore automobilistico, ed ebbe all'inizio un discreto successo
Se pensiamo alla Vespa l'immagine che affiora è lo scooter diventato uno dei simboli del Bel Paese. Eppure, per chi non lo sapesse, questo nome può essere collegato anche ad un'auto: la Vespa 400. La sua è una storia intricata e per spiegarla bisogna andare a ritroso nel tempo, fino agli anni Cinquanta. All'epoca la Piaggio era intenzionata a provare il settore delle utilitarie. Per farlo, decise di realizzare una mini auto a due posti con motore a miscela che avrebbe dovuto contribuire alla diffusione della motorizzazione di massa. Il problema, a quei tempi, fu che l'idea non entusiasmava la Fiat, tanto che l'azienda di Pontedera alla fine andò a produrre in Francia.
Il dopoguerra si portava con sé il boom economico dentro al quale gli scooter avevano un grande successo. Nonostante questo però nell'aria c'era il bisogno, da parte delle persone, di avere un mezzo che potesse loro ripararli dalle condizioni meteorologiche avverse. Pian piano si svilupparono piccole utilitarie con prezzi anche abbastanza bassi e che consumavano poco. In tale contesto la Piaggio continuava ad allargarsi, seppur ci fosse il desiderio di entrare nel settore automobilistico.
A quel punto venne incaricato Corradino D'Ascanio per progettare una nuova microcar e di essa furono fatti diversi prototipi, testati di notte sulle strade della Toscana in modo tale da essere sicuri che non venissero visti. L'ultimo concept creato diventò poi quello che venne presentato. Le sue dimensioni erano molto ridotte, 285 cm di lunghezza e 127 cm di larghezza e due posti più una panchetta. Il suo propulsore era un bicilindrico in linea a due tempi raffreddato ad aria collocato posteriormente. La cilindrata era di 393 cc e la potenza di 14 CV, con cambio a tre marce. La velocità massima dichiarata era di 95 km/h .
Nel 1955 iniziarono i collaudi dell'auto, fin quando non ci fu l'intromissione di Vittorio Valletta, presidente della Fiat, il quale era prossimo a lanciare la Nuova 500. Ci fu un "gentleman agreement" per non produrre questa vetturetta: la Fiat non sarebbe entrata nel mondo delle due ruote e Piaggio avrebbe fatto altrettanto con le quattro ruote. Piaggio però non voleva rinunciare alla sua Vespa 400 e così andò a produrre in Francia, presso la filiale ACMA.
Dopo alcuni anni di discreto successo, le cose iniziarono a cambiare, tanto che nel 1961 ACMA sospese la produzione della Vespa 400. Erano nati altri modelli, più ampi e comodi, e alla minicar non era interessato più nessuno. Così, alla fine del 1962, ci fu la chiusura dello stabilimento. L'avventura della Vespa 400 arrivò così al capolinea.
LIBERTY 150 BY ELLASPEDE: LO SCOOTER PIAGGIO DIVENTA UN FLAT-TRACK
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