Quando, nel ‘69, arrivò nei concessionari, fu subito chiaro a tutti che per il pianeta moto iniziava una nuova era. I nuovi parametri stabiliti crearono una netta linea di confine tra lei e il resto della produzione motociclistica
Senza tema di smentite si può affermare che la CB 750 rappresentò per la Honda la carta vincente. L’arma fu così potente che ne decretò lo status di Star assoluta almeno per tre anni di fila, finché la Kawasaki non rilanciò con la leggendaria Z 900, un’altra moto destinata a dettare legge.
La massiccia campagna pubblicitaria della grande casa giapponese inerente a questo modello spianò la strada in maniera professionale al prodotto, facendo si che la CB 750 divenisse una delle moto più agognate e attese. Le notizie diramate dalla stampa specializzata e le foto della moto in prova che venivano periodicamente pubblicate mantennero l’interesse alle stelle e prepararono terreno fertile per l’arrivo della nuova maxi (termine da allora in auge per le grosse cilindrate). Col senno di poi si può tranquillamente definire il tutto superfluo.
MOTORI A IDROGENO, GRUPPO DI RICERCA CON HONDA, KAWASAKI, SUZUKI E YAMAHA
La CB 750 Four avrebbe sfondato in ogni caso, semplicemente perché era un prodotto d’eccellenza, al punto che oltre quarant’anni dopo è una moto ancora più che valida. Nonostante una gestazione alquanto breve quando, finalmente, fu sotto gli occhi del pubblico, al Salone di Tokyo del 1968, tutti rimasero estasiati e increduli: rispetto alle altre moto presenti sul panorama mondiale sembrava arrivata dal futuro e giunta a noi attraverso una macchina del tempo. Le ragioni del suo immediato successo appaiono tutt’ora molteplici ed evidenti.
In primis un maestoso motore a quattro cilindri, efficace e potente almeno alla pari della concorrenza italiana e inglese che allora contava esclusivamente su propulsori bicilindrici (Triumph e BSA avrebbero presentato i loro tricilindrici quello stesso anno), affidabile, e unito ad una classe e un’eleganza fino ad allora assenti nel panorama motociclistico. Una linea invidiabile, quattro scarichi, il freno a disco anteriore, l’avviamento elettrico, le frecce, una comoda sella e il primo vero cruscotto, dotato di contagiri e tachimetro e con tanto di spie di servizio messe in bella vista. Ce n’era abbastanza per abbagliare qualsiasi motociclista dell’epoca e far si che Honda divenisse sinonimo di perfezione.
Tutto questo senza contare lo scompiglio che il modello aveva portato anche tra gli irriducibili che elaboravano le italiane e le inglesi. Fin da subito sognarono di spogliare la Four dal suo abito elegante per rivestirla in modo attillato ed essenziale, mettendo in luce tutto quello che lasciava immaginare, ma a malapena visibile sotto la sua impeccabile nonchalance da prima della classe. La CB 750 Four rappresentava il nuovo e aveva spostato la frontiera del panorama motociclistico dell’epoca in maniera inimmaginabile fino al suo arrivo, bollando come superato tutto quello che era in produzione in quel periodo.
La moto si presentava come una Granturismo d’elite e sotto questo aspetto era quanto di meglio sul mercato, la posizione di guida era ottima, buoni i freni, e le prestazioni esaltanti. Il rumore di scarico contenuto, quasi automobilistico era un’assoluta novità per quei tempi, anche se di li a poco sarebbero arrivati gli impianti di scarico 4 in 1, il cui rabbioso ruggito avrebbe esaltato schiere di centauri e fatto scordare in fretta il suono pacato dell’imponente impianto originale. Ma soprattutto, prima che innovativa, all’avanguardia o comoda la CB Four appariva bellissima. Elegante, massiccia e con uno stile invidiabile.
In seguito, dalla sua impronta, verranno coniate anche le versioni 350 e 500. Il telaio a doppia culla chiusa si rifaceva alla scuola inglese e appariva solido. Le rifiniture e la raffinata livrea erano di altissimo livello, la grafica moderna, e la somma di tutto questo dava un’estetica assolutamente sopra le righe.
Poi cerano i numeri: 224 chili – allora le maximoto si chiamavano anche motopesanti e il peso era virtualmente proporzionale ai muscoli - 67 CV a 8.500 giri/min e una velocità massima a pilota abbassato di oltre 190 km/h. Il motore mostrava i quattro cilindri frontemarcia inclinati di 15° e, contrariamente ai precedenti modelli Honda, un rapporto alesaggio corsa sottoquadro con misure di 61 x 63 mm. In questo contesto la soluzione sottoquadra era stata preferita per ragioni di ingombro laterale e di raffreddamento. La cilindrata era di 736 cc e il rapporto di compressione di 9:1. La lubrificazione a carter secco con serbatoio dell’olio separato - come sulle moto inglesi - è stata scelta per contenere lo sviluppo verticale del motore e consentire un maggiore raffreddamento dell’olio. La distribuzione era monoalbero in testa comandata a catena, l’alimentazione avveniva mediante quattro carburatori Keihin con diffusore da 28 mm e l’accensione era a spinterogeno con due coppie di contatti. Disponeva di un cambio a 5 rapporti, una valida forcella teleidraulica e ammortizzatori idraulici regolabili su 3 posizioni. Le ruote erano da 19” all’anteriore, con l’innovativo e ottimo freno a disco da 300 mm, e da 18” al posteriore, con mozzo a tamburo da 180 mm. Aveva le frecce e si accendeva in un attimo al tocco di un dito.
Purtroppo in questa moto nipponica c’era tutto quello che serviva per decretare il tramonto delle gloriose moto inglesi. Nelle sue varie versioni resterà in catalogo per dieci anni, fino al 1978, e sarà prodotta in 553.000 pezzi. Nonostante l’enorme diffusione è tuttora una moto con una buona quotazione (soprattutto la prima versione) e un diffuso mercato.
La Honda CB 750 rappresentò un grande successo per l'azienda, diventando una moto d'eccellenza e decretando lo status di star assoluta per tre anni
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Quadricilindrico frontemarcia, incinati di 15° raffreddato ad aria. Alesaggio e corsa 61 x 63 mm, cilindrata 736 cm³. Rapporto di compressione 9:1. Distribuzione monoalbero in testa Accensione a spinterogeno Alimentazione: 4 carburatori Keihin da 28 mm Avviamento elettrico Trasmissione primaria a ingranaggi, secondaria a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a 5 rapporti.
CICLISTICA Telaio a doppia culla continua Sospensioni: anteriore forcella teleidraulica, posteriore doppi ammortizzatori idraulici regolabili Pneumatici: anteriore 3,25 x 19”, posteriore 400 x 18”. Freni: anteriore adisco da 300 mm, posteriore 180 mm Ø.
DIMENSIONI Interasse 1.455 mm, altezza sella 780 mm, peso a secco 225 kg.
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