La porta d’accesso al mondo Streetfighter è questa nuova V2, una naked col cuore da corsa e una ciclistica sempre stabile e rincuorante. Pregi, difetti, piacere di guida e prezzo. Avrà meritato la lode?
Era il 2008 quando i ducatisti di tutto il mondo conobbero per la prima volta il nome Streetfighter. Nuda e cattiva come nessun’altra, era una sportiva senza le carene, derivata dalla vittoriosa 1098. Non ebbe grande fortuna. Nel corso del tempo però sono cambiate tante cose. Il nome Streetfighter è rimasto chiuso per anni in un cassetto, aspettando il momento giusto, arrivato poco tempo fa con la V4. E oggi è il momento di un nuovo capitolo, è il momento di una moto che rappresenta la porta d’accesso a questo mondo lugubre e tenebroso: la Streetfighter V2. Ecco come se l’è cavata, in strada e in pista, alla prova del nostro #SottoEsame.
Uno dei più celebri luoghi comuni è che in Italia ci sappiamo fare col design, anche grazie al nostro buon gusto. Che sia vero o no, la Ducati Streetfighter V2 è una naked italiana, maledettamente eccitante. Riprende completamente le linee della sorella V4 (meno male!), dalla quale si differenzia giusto per il colore degli steli forcella (qui neri) e per la mancanza delle alette di serie. Luci tutte a LED, muso da Joker (in Ducati lo chiamano così), sguardo seducente e spaventoso; raccoglie più consensi di Brad Pitt a un convegno femminile. E anche per questo la adoriamo. VOTO 9,5
Il lavoro dei tecnici si è concentrato più che altro su ergonomia e facilità di guida, il pacchetto meccanico-elettronico era ritenuto già ben collaudato. Di cosa parliamo? Della Panigale V2, moto della quale la nuova Streetfighter eredita gran parte del pacchetto. Il motore infatti è il bicilindrico Testastretta di 955 cc, qui capace di ben 153 CV a 10.750 giri e a cui tocca spingere appena 178 kg a secco. Numeri più da maxi che da media. È anche assistito dal medesimo pacchetto elettronico, che grazie all’IMU permette la regolazione separata di ABS Cornering, Traction Control, Wheelie Control, Engine Break…tutto settabile a piacimento dalla strumentazione TFT a colori di 4,3 pollici. Stesso discorso per la ciclistica: il telaio monoscocca in alluminio è identico, cambiano giusto il monobraccio, allungato per compensare la minor stabilità data dalla guida rialzata, e gli pneumatici di primo equipaggiamento, qui Pirelli Diablo Rosso 4. Stessa accoppiata Showa BPF da 43 mm - mono Sachs (entrambi regolabili) per le sospensioni, stesse pinze monoblocco Brembo che lavorano dischi di 320 mm (cambiano le pastiglie, in mescola più soft). VOTO 9
Il dubbio che la Streetfighter V2 potesse essere soltanto una Monster “pompata” era venuto un po’ a tutti, ma è bastato salirci in sella per capire al volo quanto siano diverse. Prima di tutto per la posizione di guida: qui non si è dentro ma sopra la moto, con il manubrio largo a sufficienza (ma forse un pelo vicino al busto, per i più alti) che carica i polsi con decisione. Si è protesi verso l’avantreno, anche perché la sella non è bassa da terra (845 mm). Manovrarla a bassa velocità sulle strade cittadine richiede un minimo di sacrificio, in effetti, che viene ripagato con gli interessi quando poi le strade si aprono. VOTO 7
Per quanto riguarda il fattore emozionale, potremmo anche chiuderla con "è una Ducati”. Ciascuna vite, ciascun accoppiamento trasuda passione, quella passione tanto cara ai ducatisti. È bella da morire e ha una voce baritonale: serve altro? Beh, sì in effetti. Una Ducati deve saper emozionare anche alla guida, e la V2 ha tutto ciò che serve. La sua indole di naked sportiva senza compromessi emerge fin da subito. È leggera e rigida, con comandi che rispondono esattamente alle richieste del pilota. Non è una naked giocosa, tutt’altro: l’avantreno disegna linee perfette, anche quando si prova a violentarlo. In percorrenza accusa soltanto un leggero sottosterzo, rimediabile con una spinta più decisa sulle pedane o uscendo di più col busto; ma ci si fa caso soltanto a ritmi molto serrati. Anche il motore ha queste caratteristiche. La scheda tecnica fa immaginare una spinta selvaggia, esplosiva, ma alla prova dei fatti il bicilindrico si rivela docile, quasi mansueto, soprattutto nel Riding Mode Road. Spinge tanto, ovviamente, ma è una spinta estremamente progressiva, calibrata, che si fa insistente solo oltre i 5-6.000 giri. Tutto regolare: evoluto negli anni, il Superquadro è un bicilindrico nato per vincere le gare, quindi capace di esprimersi al meglio nella zona alta del contagiri; ben diverso quindi dai mitici “pomponi”, tutti e subito. In pista, questa sua generale precisione permette al pilota di prendersi molte libertà. Anche frenando molto a ridosso della curva, è raro che l’assetto si scomponga. Al più il posteriore serpeggia un po’, ma nulla di grave. Libero di esprimersi, il bicilindrico urla tutta la sua rabbia fino alle soglie del limitatore, aiutato anche dai rapporti molto ravvicinati (forse addirittura troppo, in seconda marcia). E così ci si ritrova a spingere, sempre un po’ di più, anche perché l’elettronica corregge senza essere (troppo) invadente. E allora si vorrebbe una carena più protettiva, delle pedane arretrate…ma per quello, esiste la Panigalina. Con la Streetfighter si gode su strada, si azzarda (parecchio) su pista. VOTO 8,5
Ducati Streetfighter V2, LE FOTO DELLA PROVA
La porta d’accesso al mondo Streetfighter è la nuova V2, una naked col cuore da corsa e una ciclistica sempre stabile e rincuorante. Ecco le foto della prova, in strada e in pista
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Il prezzo richiesto per questo gioiellino non è uno scherzo: si parte da 16.990 euro, a cui si possono aggiungere tutti gli optional per migliorare performance ed estetica (scarico Akrapovic, alette…). In generale non sono pochi, ma sono comunque circa 4.000 euro in meno della V4. VOTO 6,5
In Ducati non volevano una Monster dopata, ma una Streetfighter "accessibile". Obiettivo rggiunto. Precisa e stabile, la nuova V2 è una moto sportiva nel senso più puro del termine. Qualcuno potrebbe addirittura lamentare un’eccessiva educazione, ma per certe cose esiste la Monster…VOTO FINALE 8,1
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