Chi ama inseguire solo ammiraglie d’elite cambi canale. Gli altri restino invece sintonizzati e con gli occhi bene aperti, perché questa CB500X, che costa 6.100 Euro f.c. ed è facile, divertente e intrigante, potrebbe diventare la loro prossima moto
Realizzata interamente negli stabilimenti
Honda di Bangkok, Thailandia, la X è la più riuscita e lungimirante nella terna di CB da mezzo litro, con stessa motorizzazione e uguale telaio, presenti sul listino 2013 (le versioni F ed R sono state provate su In Moto di aprile). Una bicilindrica non certo top di gamma, come invece la Crosstourer 1200 alla cui famiglia s’ispira, ma che lo stesso non è azzardato definire globale. Figlia dei tempi che viviamo, d’accordo, però con indosso l’abito alla moda delle cosiddette “adventure sport bike” e con poche controindicazioni a qualunque tipo di utilizzo. Facile, sana, piacevole. Va pure molto bene e con lei ci si può divertire in sicurezza; l’ABS è di serie. Soprattutto non serve svenarsi, grazie al prezzo di 6.100 € e a consumi record (28,4 km/litro dichiarati dalla Casa). Cosa chiedere di più? Sinceramente non sapremmo.
Non è pertanto difficile capire come da questo progetto semplice, eppure ambizioso, che porta la firma di Naoshi Izuka, storico progettista di CBR, VTR, Hornet, CB1000, Honda s’aspetti grandi numeri. Qualche segnale è già arrivato. La sorella F, modello naked, nelle prime settimane di vendita ha infranto tutti i pronostici. In positivo, ovvio. E se tanto ci dà tanto… Il target potenziale è ampio, si va dai motociclisti esperti ma bisognosi di risparmiare, a chi sta iniziando ora e vuol sentirsi subito un vero rider.
Si potrebbe dire che la nuova moto “democratizzi” il piacere dell’avventura. L’obiettivo della CB500X è infatti rimettere tutti in sella, specie i giovani, offrendo nuove motivazioni per tornare “on the road”. Speriamo sia così. I suoi 48 CV (35 kW), che non sono tanti ma neppure tanto pochi, dallo scorso gennaio si possono guidare già a 18 anni e con la patente europea A2. Un motivo in più. S’afferra così il senso delle recenti mosse anticrisi della Casa alata.
La vera rivoluzione per andare avanti è evidentemente tornare un filo indietro. Per esempio, a quando con 500 cm3 si andava dappertutto senza complessi. Un “Ground
Zero ” a partire dal quale ci siamo un po’ tutti persi per strada. Insomma, la mission è provare a riavvolgere il nastro e rifare un percorso diverso. Forse più furbo. Ritrovare quel momento in cui l’ascensore impazzito delle cilindrate, e delle potenze, ci è sfuggito di mano. Ma senza rinunciare al divertimento e alle più utili opzioni della tecnologia. La CB500X è qui a comunicarci ufficialmente che si può fare.
l primo sguardo va a quel beccuccio lì davanti, ormai quasi un distintivo di questa tipologia di mezzi. Non molto pronunciato, è reso gradevole dalla struttura di plastica con cui fa corpo, e che circonda, dandogli forza, la parte frontale superiore, comprendente fanale e parabrezza. Sotto al serbatoio la modanatura viene richiamata dalla vistosa cornice ai lati dello scambiatore termico, che conferisce personalità alla parte anteriore, nonché dai fianchetti a forma di boomerang che raccordano sella e gruppo pedane. Il profilo si conclude nel sottocoppa, quasi una mascella spalancata che sottolinea l’impatto visivo sul gruppo motore, con al centro il bel disegno dei coprivalvole, dando alla moto l’aspetto di uno squaletto sempre affamato di chilometri. Piace come proporzioni sia la parte posteriore, col monoammortizzatore nascosto e il codone leggero, sia l’avantreno dove svetta l’ampio disco a margherita. Sobrio il resto della ciclistica, che non osa più di tanto. La presenza sopra al mozzo del tradizionale terminale di scarico a tubo cromato vivacizza la fiancata destra, ma potrebbe infastidire chi ha bisogno di montare grosse valigie laterali da viaggio.
Non mancano quei particolari che, seppur realizzati con materiali ampiamente affidabili, in pura filosofia Honda, tradiscono l’urgenza di risparmiare qualche euro in produzione. Manca per esempio una cuffietta protettiva sul nottolino di registro della leva frizione; manca una cerniera al tappo della benzina, inoltre l’accoppiamento nel pozzetto non sempre risulta perfetto; manca un sistema rapido di regolazione del parabrezza (occorre ogni volta tirare fuori i ferri della trousse); si nota qualche traccia di unto sugli steli forcella quando lavora un po’ di più... ma è roba minima, intediamoci. Il resto è industrializzazione allo stato dell’arte e qualità lodevole.
Tra gli accessori, a parte valigie e bauletto: il coprisella monoposto, il parabrezza rialzato, un kit deflettori, manopole riscaldate, paramani, carter catena, barra paracolpi e faretti antinebbia. Ce n’è da sbizzarrirsi. Le colorazioni scelte dalla Casa, pearl himalayas white (bianco), graphite black (nero) e candy ruby red (rosso), offrono diverse suggestioni estetiche, tutte ugualmente valide. Difficile decidere quale sia la più riuscita. L’impressione generale è di una moto solida, ben disegnata, di grande equilibrio. E quel che più conta, pronta a tutto.
Salire su una adventure bike ed accorgersi di non aver bisogno della scala è già un primo risultato. La luce da terra è stata ovviamente maggiorata rispetto alla F e alla R, stradali 100%, ma l’altezza complessiva di 810 mm consente comunque di poggiare al suolo entrambi i piedi, gestendo in qualunque situazione i 195 kg di massa complessiva dichiarati (pieno di benzina compreso). Magari sulla carta non proprio una piuma, almeno rispetto alle cifre del motore, in realtà un peso ottimamente distribuito e neutro. Facilitano fianchi snelli e ben rastremati ed una sella perfettamente raccordata, morbida in ogni punto. Che accoglie senza penalizzare qualunque taglia di pilota. Nulla infastidisce il movimento delle ginocchia che stringono bene il serbatoio; il busto resta leggermente e naturalmente eretto, le braccia, confortevolmente rilassate, dominano l’ampio manubrio on-off e le pedane sono proprio dove ci si aspetta, né troppo in avanti né troppo arretrate. Misure giuste anche per guidare brevi tratti in piedi, dove serve. Bando dunque ai patemi, sia nelle manovre da fermi che in marcia. A far chilometri poi non ci si stanca mai.
Notizie meno buone alla voce carico. Sotto la sella lo spazio è minimo: ci vanno appena i documenti e la minuscola trousse dei ferri in dotazione. Per fissare un carico d’emergenza ci si può avvalere dei 4 fermi d’aggancio presenti sotto i maniglioni del passeggero (ovviamente rinunciando a quest’ultimo), altrimenti occorre considerare il listino degli optional. Ci sono un bauletto, con relativa piastra, e valigie rigide laterali. Il parabrezza, regolabile in altezza, non disturba mai la visuale e sa deviare il flusso d’aria quel tanto che basta a non soffrire alle alte velocità, anche se spalle e braccia restano un po’ esposte. I comandi sono semplici, funzionali, sistemati nei posti canonici, magari con qualcosina dal look un po’ spartano, ma nessuno pretende componenti firmati Swarovski per seimila euro. Buoni anche i retrovisori, ampi, leggermente convessi per un miglior campo visivo e perfettamente posizionabili.
Appena lasciata la frizione, capisci che tutto quello di cui dispone questa moto – che non sono ovviamente spasmodiche prestazioni da cardiopalma – la CB500X lo concede a semplice richiesta, in totale armonia e sincerità. Roba comunque sufficiente a far provare adeguata adrenalina, per di più urbis et orbis. Su questo Honda non tradisce mai. Il cambio a 6 rapporti è morbido, gli innesti sono precisi, la frizione la si comanda quasi col pensiero.
Il bicilindrico canta bene a tutti i regimi. In basso borbotta pieno e regolare e sembra avere più coppia di quanta dichiarata. Ai medi si fa elastico e progressivo, ma sempre pronto a cambiar voce e temperamento. Infine, oltre i 7.000 giri, la moto attinge ad acuti che sfoderano la massima potenza, frustando a briglie sciolte tutti i 48 cavalli e consentendo di togliersi qualche blanda soddisfazione. Agilissima nei cambi di direzione, la si “sbatte” nelle curve strette come si vuole, con grande feeling, in una danza che riescono ad imparare presto anche i novizi, tanto è facile farla reagire. Ed il bello è che questa maneggevolezza non inficia il rigore delle percorrenze più veloci.
Certo le ridotte dimensioni e il tipo di assetto rialzato non la rendono un treno, a prescindere, ma le traiettorie sono sincere, anche grazie all’ottimo lavoro svolto dai Pirelli Scorpion. Se non si tira alla morte non c’è il minimo alleggerimento o incertezza. Tutto è molto raccordato e fluido, senza impuntature. Difficile mettere in crisi le sospensioni (tra l’altro non regolabili, precarica del Pro-Link a parte) anche se a volte nelle manovre da fermo si resta con la sensazione di un’eccessiva morbidezza. Ma è un falso allarme. Quando la pinza Nisin a due pistoncini morde decisa il disco anteriore di 320 mm Ø, il trasferimento di carico non è tanto. Ben controllabile inoltre pestando il giusto sul freno posteriore. E confidando, nei rari casi limite, sull’intervento poco invasivo dell’ABS a due canali indipendenti. Né s’avvertono bizze a causa del posizionamento asimmetrico di un solo disco per ruota.
Dove l’asfalto finisce, poi, la CB500X ha ancora tante cose da dire con naturalezza, anche se certamente senza pretendere la luna. Alla fine del test, dopo 150 km di smanettamenti, il livello carburante della nostra moto segna una sola tacca in meno. Su sei.
Il capoprogetto Naoshi Izuka può andar fiero del suo ottimo lavoro.