        Dopo la poco gratificante esperienza con la serie Dakota 350-500, in Gilera si rimboccarono le maniche per cercare di cavalcare nel miglior modo possibile il fenomeno sempre pi&ugrave; in crescita delle medie enduro (monocilindriche soprattutto) di stampo dakariano che, dalla met&agrave; degli anni &rsquo;80, iniziavano a farsi largo a suon di comfort e versatilit&agrave; tra le preferenze degli appassionati. Nel 1988 la Casa dei due anelli presentava le nuovissime XR-T 350 e 600, due modelli che davano un taglio netto alle poco apprezzate linee delle progenitrici, mettendo sul campo un design decisamente pi&ugrave; accattivante, oltre che una tecnica che non temeva confronti con le altre &ldquo;mono&rdquo; dell&rsquo;epoca. In pi&ugrave;, fattore quasi d&rsquo;obbligo in quegli anni, strizzavano l&rsquo;occhio alle moto del deserto, per dimensioni e protettivit&agrave;. La 600 in particolar modo &ndash; insieme alla rivale Aprilia Tuareg 600 Wind &ndash; rappresentava la punta di diamante della produzione enduro in Italia. Un modello che andava a scontrarsi con le varie Honda XL/R, Yamaha XT, Suzuki DR e Kawasaki KLR. Un compito mica da ridere, visto che le &ldquo;Jap&rdquo; furoreggiavano sul mercato. Ma dalle parti di Arcore di timori ce n&rsquo;erano pochi quando si trattava di sfide. La XR-T aveva tanta sostanza, seminascosta da quelle forme squadrate e del tutto personali ad opera dello studio Marabese dove, a recitare un ruolo attivo nella definizione del design, fu un giovanissimo Rodolfo Frascoli. Elemento distintivo era, tra gli altri, il &ldquo;becco&rdquo; anteriore, al periodo visto gi&agrave; sulla Suzuki DR Big, antesignana di questa soluzione estetica.  Rewind, Bimota YB4 E.I.: lo stato dell'arte GILERA XR-T 600: Motore e ciclistica Il suo motore monocilindrico era indubbiamente un esempio di tecnologia che non temeva confronti. Era il risultato di una sovralesatura dell&rsquo;unit&agrave; montata sulla Dakota: arrivava a 99 mm di alesaggio ed era accreditato di una potenza di 39,1 CV a 7.100 giri/min (dato rilevato al banco); inoltre vantava una testata a 4 valvole, azionate da un doppio albero a camme comandato da una cinghia dentata. Per l&rsquo;alimentazione la scelta ricadde su una inedita coppia di carburatori Dellorto con diffusore di 25 mm, uno dei quali dotato di pompa di accelerazione. Sul fronte ciclistico, la parte del leone la recitava il pregiato telaio monoculla in tubi quadri, rinforzato nei punti critici con parti in lamiera scatolata. Una struttura che ben si abbinava al bel forcellone con bracci a sezione variabile, che lavorava con un mono collegato da articolazione progressiva con schema Power Drive. Paioli, di 41 mm &Oslash;, era la forcella a perno avanzato.  Fluidit&agrave; di guida Alla guida, la XR-T 600 era una moto che sapeva farsi rispettare. Protagonista, oltre che il bell&rsquo;equilibrio ciclistico, anche un motore che spiccava per doti di esuberanza ai bassi e medi regimi. Nonostante i centimetri cubi fossero &ldquo;solo&rdquo; 569, il mono Gilera sapeva come farsi apprezzare per le brillanti prestazioni con risposte sempre pronte all&rsquo;apertura del gas e con un&nbsp;livello di vibrazioni tutto sommato contenuto; questo era merito anche del contralbero posizionato dietro alla base del cilindro. Buona la rapportatura, che garantiva al motore la possibilit&agrave; di ben distendersi e portare la XR-T oltre la soglia dei 160 km/h rilevati (di poco sotto i 165 km/h dichiarati dalla Casa). In generale, ancora oggi, la Gilera XR-T sarebbe una di quelle moto capaci di distinguersi come una all-rounder adatta ad ogni condizione. La sua ciclistica &egrave; in grado di rimediare ad ogni situazione potenzialmente critica, sia su asfalto che nelle divagazioni in off-road; il setting delle sospensioni, in combinazione con una indovinata triangolazione di seduta, ragala un discreto comfort anche sulle lunghe distanze. Insomma, sarebbe perfetta per l&rsquo;adventouring, a patto di trovarne una messa bene.  GILERA XR-T 600: quanto vale oggi Nonostante l&rsquo;elevata qualit&agrave; del progetto, il &ldquo;boom&rdquo; delle mono giapponesi al periodo, non favor&igrave; grossi volumi di vendita per la XR-T 600 che, pur senza colpe, nel 1989 venne sostituita nel catalogo Gilera dalla pi&ugrave; sportiva RC 600. Questo, ad oggi, si rivela un limite importante nella ricerca di esemplari, soprattutto quelli in buone condizioni di marcia. Qualora si riuscisse a trovarne una ben conservata, le cifre richieste, in questo caso, possono oscillare tra i 3.000 ai 4.000 euro a fronte di un prezzo al periodo di 7.425.000 lire.  Rewind, Gilera SP 01: fatta per correre       

Dotata di un monocilindrico tra i pi&ugrave; brillanti dell'epoca, era una enduro tecnicamente avanzata. Una scelta potente

GILERA XR-T 600, REWIND: una tipa sofisticata

Nel 1989 piomba sul mercato forse la “piu? sportiva tra le sportive” Per una delle ottavo di litro più rappresentative del decennio magico della 125 italiane, la casa di Arcore non scese a compromessi

Gilera SP 01: le foto

Per una delle ottavo di litro pi&ugrave; rappresentative del decennio magico delle 125 italiane (dal 1985 al 1995), la Casa di Arcore non scese a compromessi. Dopo i bagliori delle KZ e KK, con l&rsquo;arrivo della MX-1 (vincitrice in SP e autore anche di un record di durata in un test organizzato da Motosprint a Nard&ograve; nel 1988) e poi della MX-R, Gilera forse perse un po&rsquo; di smalto agli occhi dei sedicenni del periodo. Le MX erano proposte s&igrave; valide, ma dal piglio troppo stradale in un periodo in cui le concorrenti iniziavano a sfornare 125 sempre pi&ugrave; sportive. Ecco allora che nel 1989, a pochi mesi di distanza (eh s&igrave;, le novit&agrave; duravano al massimo un anno, poi si restava indietro) dalla MX-R, piomb&ograve; sul mercato forse la &ldquo;pi&ugrave; sportiva tra le sportive&rdquo;.    GILERA SP 01: quasi pronto-pista  Disegnata da Marabese, la Gilera SP 01 fu un piccolo prodigio per fascino, grinta e con le corse nel DNA. Al telaio doppio trave in acciaio Twin Box dell&rsquo;ing. Ciancamerla, visto gi&agrave; sulla MX-1, abbinava un motore di 124 cc rivisto, dotato di valvola allo scarico APTS, dove tutto era estremizzato per rendere al meglio nelle gare Sport Production. L&igrave; dove una vittoria significava immagine e numeri sul mercato (quasi un piccolo Mondiale, quel campionato). La nuova SP 01 era di fatto una 125 pronto-pista, ma omologata per circolare sulle strade aperte al traffico.    L&#39;abbiamo guidata oggi  Abbiamo avuto la fortuna di provarne un esemplare -&nbsp;perfettamente restaurato dagli amici di Due Tempi bei Tempi -&nbsp;nel corso di un test in pista, sul tracciato di Cervesina e, quasi fossimo stati trasportati nel 1989, abbiamo cercato di riscoprirne le doti tecniche e dinamiche. Quello che subito &egrave; balzato alla nostra attenzione &egrave; stata indubbiamente la bella abitabilit&agrave; una volta in sella. In questo contesto si apprezzano gli ingombri generosi adatti anche a quei piloti di maggiore statura che riescono a trovare la giuste misure una volta presi in mano i semimanubri, bassi e spioventi, ritrovandosi con la strumentazione praticamente davanti gli occhi una volta acquattati dietro il generoso cupolino. La SP 01 ci ha fatto subito capire di che pasta era (ed &egrave; ancora) fatta. La guida richiesta &egrave; decisamente specialistica e si capisce immediatamente come portarla al limite, fosse un qualcosa ad appannaggio di piloti esperti. Se guidata con perizia, la SP 01 mette a disposizione tutti gli strumenti necessari per sfruttarne a fondo il notevole potenziale.  Il motore esibisce notevole grinta agli alti e, se si riesce a tenerlo nell&rsquo;arco migliore di erogazione e a trasmettere una costante trazione la ruota motrice, il comportamento in traiettoria risulta apprezzabilmente neutro; basta per&ograve; essere appena sotto coppia ed ecco che la guida ne risente e serve attenzione per compensare la tendenza a cadere all&rsquo;interno della curva. Il motore entra in coppia verso i 7.000 giri con un crescendo pepato verso quota 9.000, e una progressione esaltante fino ai 10.500 giri.    La nostra prova nel 1989  Nel 1989 InMoto ne scriveva cos&igrave;: &ldquo;L&rsquo;idea di partenza era quella di realizzare una fuoriserie sportiva, una piccola Bimota: una moto senza compromessi qualitativi; con tutta probabilit&agrave; il risultato sarebbe stato quello di avere una 125 dai costi assolutamente sproporzionati e per questo la Gilera ha mirato in direzione di una minore esasperazione della componentistica. Il risultato? La SP 01 ha fatto sua al 100% una filosofia che ha generato mezzi come la Honda RC 30 o la Yamaha FZR 750 R, per una 125 da gara abilitata a circolare sulle strade aperte al traffico&rdquo;.  Le prestazioni rilevate al periodo parlavano di 29,3 CV con velocit&agrave; di oltre 170 km/h. Una moto che per&ograve; era forse &ldquo;troppo&rdquo; per i sedicenni ammaliati dalle proposte Aprilia e Cagiva rispetto alle quali pagava lo scotto di una superata ruota di 16&rdquo; anteriore e probabilmente l&rsquo;eccessiva esasperazione. Nel 1990 arriv&ograve; l&rsquo;evoluzione SP 02 e nel 1991 la Crono, proposte che differivano per qualche particolare tecnico (forcella a steli rovesciati), estetico (tappi serbatoio di tipo aeronautico e nuovo codino per la Crono) e diversi colori. L&rsquo;epopea delle SP si chiuse con l&rsquo;arrivo della GFR, moto valida con medesimo telaio delle progenitrici ma con monobraccio posteriore. Ma al periodo, non seppe guadagnarsi molti apprezzamenti forse a causa di una non precisa identit&agrave; (a differenza della capostipite).  Oggi questa piccola Gilera &egrave; un sogno per tanti nostalgici appassionati. Trovarne una &egrave; di per s&eacute; complicato, ma ancora di pi&ugrave; messa in perfette condizioni come l&rsquo;esemplare da noi provato in pista. In questi casi le cifre richieste possono avvicinarsi ai 10.000 euro. I motivi? Dovuti principalmente alla difficolt&agrave; nel reperire pezzi originali e la necessaria attenzione per riportare ai vecchi splendori i tanti particolari per una delle ottavo di litro pi&ugrave; importanti del &ldquo;decennio d&rsquo;oro&rdquo;, peraltro di una Casa gloriosa oggi &ndash; ahinoi &ndash; scomparsa dal mercato.    LE MOTO ICONICHE CHE COMPIONO 30 ANNI NEL 2024 

La frase spesso fin troppo abusata di &ldquo;moto da corsa con targa e specchietti&rdquo; calzava a pennello per questa grintosa ottavo di litro. E lo si nota benissimo ancora oggi

Rewind, Gilera SP 01: fatta per correre

        Le voci su un rilancio commerciale di Gilera circolano da tempo e rimandano tutte alla Cina. I colleghi di Motorcycle.com hanno scovato alcune novit&agrave; in tal senso, alcune informazioni che parebbero confermare la rinascita dello storico Marchio di Pontedera. Nel 2004 Piaggio, attuale proprietario di Gilera, e la cinese Zongshen hanno infatti stabilito una joint-venture: la Zongshen Piaggio Foshan Motorcycle Co. Ltd. Questa joint-venture, con sede ovviamente in Cina, ha recentemente pubblicato i documenti di progetto di un nuovo modello denominato GLR900. Tre lettere che non lasciano scampo a dubbi.  GLR900 come la Shiver: cosa cambia Questa moto presenta parecchie somiglianze con la Shiver, la streetfighter di Aprilia ormai fuori produzione. Infatti, in base alle immagini del progetto, la GLR900 &egrave; praticamente una copia identica della Shiver, salvo alcune modifiche alla carrozzeria, ovvero il cupolino e il faro anteriore. La GLR900 ha anche un piccolo parabrezza per una maggiore protezione dal vento. Arriver&agrave; anche in Europa? La GLR900, oltre alle speranze della rinascita Gilera, ha sollevato anche una domanda: la GLR900 sar&agrave; venduta al di fuori della Cina? La risposta a questo quesito dipende da molti fattori. Tanto per cominciare, i precedenti modelli Aprilia da 900 cc sono stati dismessi, con la decisione di non aggiornarli per gli standard Euro 5. Se, quindi, la GLR900 dovesse montare ancora lo stesso vecchio motore da 896 cc, &egrave; probabile che non arriver&agrave; mai in Europa. L'assenza del Marchio ad EICMA 2023 &egrave; un segnale che il lancio europeo non &egrave; ancora previsto. Ma gli appassionati hanno gi&agrave; cominciato a sognare. I MARCHI MOTO CHE VORREMMO VEDERE RINASCERE       

Questa naked realizzata dalla Zongshen somiglia tantissimo alla Shiver di Aprilia, ma quelle tre lettere hanno fatto sorgere molte ipotesi

Gilera sta per tornare? In Cina spunta la GLR900

        Per tutti gli appassionati di Gilera, marchio nato nel 1909, il 22 settembre sar&agrave; una giornata da tenere a mente. S&igrave;, perch&eacute; al Cineteatro Nuovo di Arcore, citt&agrave; dove tutto ha avuto inizio con Giuseppe Gellera (suo fondatore), sar&agrave; organizzata una serata dedicata, intitolata proprio &ldquo;La Gilera a Teatro&rdquo;. L'evento &egrave; stato pensato per celebrare il vissuto dell'azienda, i suoi anni d'oro e i suoi momenti pi&ugrave; iconici. Un'occasione, quindi, per ricordare uno dei marchi di moto storici del Bel Paese . La Gilera a Teatro  Con uno sguardo attento rivolto alla storia di Gilera, la serata, che inizier&agrave; alle ore 21.00, promette di essere un viaggio emozionante (e perch&eacute; no, anche nostalgico) attraverso gli aneddoti e le conoscenze condivise da familiari, dipendenti, piloti e giornalisti. Saranno loro i protagonisti di questa narrazione, offrendo una grande esperienza a tutti gli appassionati di moto d&rsquo;epoca. &ldquo;La Gilera a Teatro&rdquo; fa parte della programmazione dell'Autunno Arcorese e l'ingresso &egrave; gratuito. LA CULTURA DELLA MOTO AL TEMPO DEI SOCIAL       

L'appuntamento per tutti gli appassioanti di moto d'epoca &egrave; ad Arcore, venerd&igrave; 22 settembre 2023 con un evento dedicato alla storia del marchio dei due anelli

Gilera, si accendono i riflettori sulla storia della casa di Arcore

        Negli ormai lontanissimi anni '90 c'&egrave; stato un filone di moto esclusive e davvero particolari, nate dalla volont&agrave; di creare le sportive stradali pi&ugrave; leggere e svelte possibile. Il motori monociclindrici di quei tempi equipaggiavano le enduro dual ed erano robusti e ricchi di coppia in basso e sono stati un'ottima base per alcune di queste creazioni, altre invece hanno puntato sulle prestazioni estreme con motori sviluppati unicamente per stare dentro un telaio sportivo stradale. Ma perch&egrave; sono esistite moto cos&igrave; e perch&egrave; sono rimaste una nicchia cristallizzata in quel decennio? Difficile avere una risposta precisa, ma furono la risposta alla voglia di alcuni stradisti e pistaioli di sostituire quelle che un tempo erano le piccole 2 tempi da sparo, sopravvissute fino agli anni '80 e poi uccise dal proliferare dei 4 tempi in tutte le categorie. Bench&egrave; molto diverse, queste mono carenate replicano la dinamica di quelle moto a miscela, ma con sound e carattere molto diverso. Ecco le 5 rappresentanti della categoria Supermono, oggi pezzi da collezione dal valore altissimo. Gilera Saturno Bialbero 500 Italianissima, nacque con il testa soltanto il Giappone. Gilera era impegnata nelle competizioni nazionali italiane con un prototipo monocilindrico a 4 tempi (categoria Supermono) e volle realizzare una moto stradale adatta a concorrere con la Yamaha SRX 600 nel mercato interno giapponese. Il risultato fu un prodotto esclusivo dotato di un monocilindrico 500 raffreddato ad aria da 44 CV della Dakota che entr&ograve; in produzione nel 1988 con una tiratura di 2.000 esemplari, dei quali solo 150 destinati all'Italia. Non possiamo parlare di un successo, con il suo stile a met&agrave; fra una sportivetta moderna e una classica carenata italiana anni '60 non ha trovato molti estimatori, ma si tratta di un oggetto cos&igrave; raro e particolare che ora sta avendo la sua rivincita nel mercato dei collezionisti. Se il vostro desiderio &egrave; averne una in garage, oggi &egrave; difficile trovarne una a prezzi umani, e continuano a salire!  &nbsp; Yamaha SZR 660 Erede della gi&agrave; citata SRX 600, questa versione converte il concetto di monocilindrica prestazionale della precedente versione in una vera e propria sportiva stradale con telaio doppio trave e semicarena aerodinamica. Il motore &egrave; sempre quello della Yamaha XT, ma aggiornato all'ultima versione 660 disponibile anche sulla T&eacute;n&eacute;r&eacute;, con 44 CV di potenza massima e un peso complessivo di 159 kg a secco.&nbsp; Con soli 1410 mm di interasse era anche super compatta e la posizione di guida era un po' sacrificata per i piloti pi&ugrave; alti. Se aggiungiamo anche un'estetica cos&igrave; strana e particolare e un prezzo pericolosamente vicino a quello delle 600 supersportive dell'epoca, possiamo capire come mai non se ne sono viste tante in giro. Su strada per&ograve; era una goduria assoluta e ne abbiamo parlato anche in un episodio della nostra rubrica Rewind.  &nbsp; Bimota Supermono 650 Un unicorno, come si definiscono ora le moto rare e ambite. Il nome BB1, se conoscete la tradizione della nomenclatura bimota, vi pu&ograve; far capire subito le caratteristiche fondamentali di questa Supermono. La prima B sta sempre per Bimota, la seconda lettera invece &egrave; quella dell'iniziale del fornitore del motore che qui &egrave; BMW, l'uno &egrave; ovviamente riferito al singolo cilindro.&nbsp; Considerando che si tratta degli anni '90, &egrave; facile capire che il motore incastonato nella preziosa ciclistica di questa sportiva &egrave; il mono Rotax della F650GS, quello a carburatore della prima serie capace di 48CV. La struttura a traliccio e le sospensioni sono al top della tecnica, l'estetica &egrave; accattivante e tipicamente Bimota e per avere un gioiello del genere, ora, dovrete per forza passare per una casa d'aste. Preziosissima.  &nbsp; Ducati Supermono Lei &egrave; la pi&ugrave; famosa Supermono, quella che ha dato il nome alla categoria e in assoluto il pezzo da collezione pi&ugrave; ambito per quanto riguarda moto di questa tipologia. La storia della Supermono Ducati mette le radici negli anni '80 e a capo del progetto c'erano due tipi che vi ricorderanno qualcosa: Pierre Terblanche e Claudio Domenicali. Lo scopo era realizzare una moto da pista con un futuro nella produzione di serie, ma quest'ultimo passaggio non avvenne mai e rimase una moto limitata a una piccolissima produzione per l'uso esclusivo in circuito. Ciclistica ripresa dalla 888 e telaio a traliccio disegnato per avere un mezzo agile e svelto. Il motore &egrave; un unicum nel panorama motociclistico perch&egrave; si tratta di un monocilindrico 550 orizzontale che sfrutta una "finta biella" dove di solito &egrave; allocato il cilindro posteriore Ducati che funge da contralbero di bilanciamento. Ad oggi rimane anche l'unica moto di questa lista con un palmares sportivo internazionale, perch&egrave; vinse al Tourist Trophy nel 1995 con Robert Holden in sella.  &nbsp; Honda Supermono 644 A met&agrave; degli anni '90 anche in Honda decisero di puntare sulla categoria delle sportivette monocilindriche e al Tokyo motor Show del 1995 venne presentata la Super Mono 644. Ovviamente il forte richiamo arrivava da una potenziale sfida sul mercato contro la Ducati Supermono, ma proprio come per la moto bolognese alla fine non si arriv&ograve; mai alla produzione di un esemplare omologato per l'uso stradale. Della 644 non abbiamo molte notizie perch&egrave; dopo la presentazione al pubblico e il poco materiale stampa dell'epoca, non si fece pi&ugrave; viva. Non esiste una scheda tecnica ma possimo notare che l'ispirazione alla produzione europea era palese, con il telaio a traliccio di tubi e la ciclistica parecchio sportiva, con forcella a steli rovesciati e una configurazione a semicarena che lascia in bella vista il monocilindrico raffreddato ad aria. Curiosa e bella la soluzione del mono posteriore sotto il motore e l'estetica accattivante ed equilibrata. Forse &egrave; lei la pi&ugrave; bella Supermono, ma oggi come allora possiamo solo sognare di mettercela in garage!  Top5: moto che non ti aspetti vadano cos&igrave; forte       

Sono sportive, veloci e hanno un solo cilindro. Se per voi la maneggevolezza e la velocit&agrave; in curva sono fondamentali, godetevi queste lame del passato con un po' di nostalgia

Top5, le Supermono: monocilindriche da sparo che hanno fatto storia

Erano la prima vera possibilità di essere indipendenti e muoversi a proprio piacimento. I fatidici quattordici anni erano un momento che rappresentava uno spartiacque tra il "prima" e il "dopo". Per chi è stato un teenager negli anni ‘80 e ‘90 questi amici a due ruote sono stati il trampolino di lancio verso l’indipendenza

I TOP 50 cc degli anni '90: sogni indimenticabili

Grintosa e brillante. La Gilera GFR uscita nella versione &ldquo;Replica&rdquo;, riproduceva in maniera decisamente fedele la sorella maggiore 250 da GP, con la quale condivideva forme e colori. Era l&#39;erede della serie di sportive che dal 1989 (SP01e poi SP02) al 1992 (con la Crono) il marchio di Arcore lanci&ograve; sul mercato.  La piccola e rinnovata Gilera tagliava i ponti con i modelli precedenti sia da un punto di vista tecnico che estetico. E&#39; ricordata come l&#39;ultima realizzazione Gilera - al periodo gi&agrave; facente parte del Gruppo Piaggio - nel campo delle ottavo di litro (e non solo) supersportive, un filone che a ben guardare venne inaugurato proprio dalla Casa dei due anelli qualche anno prima con l&#39;uscita sul mercato della KZ, seguita a breve giro dalla pi&ugrave; carenata KK. Nel 1994 lo storico stabilimento di via Cesare Battisti 70, ad Arcore, venne chiuso e la produzione spostata a Pontedera, ma la piccola GFR non trov&ograve; spazio e dopo sole due stagioni venne tolta dai listini.  GILERA GFR: COM&#39;&egrave; FATTA    Contraddistinta da un generoso dimensionamento, da un retrotreno imponente e da proporzioni bene armonizzate anche se pi&ugrave; sviluppate in altezza che in lunghezza, era caratterizzata da uno standard di finiture allineato alla produzione nazionale, anche se con alcuni nei. Ci si riferisce al telaio in acciaio (parzialmente rivalutato dal forcellone monobraccio) anzich&eacute; in lega leggera, ai dozzinali e inutili specchi retrovisori, e alla soluzione del doppio tappo del carburante e del lubrificante allineato sul serbatoio.  Ben realizzati invece erano il copricodino, che trasformava la sella monoposto in biposto, la piastra superiore della forcella e i comandi a pedale. La strumentazione, dotata di grandi strumenti dalla vivace grafica, risultava incassata nel cupolino. Manco a dirlo, la posizione di guida era piuttosto sportiva e abbastanza caricata in avanti, anche se in maniera meno spinta rispetto a rivali come Aprilia RS e Cagiva Mito.  GIlera GFR 125: le prestazioni rilevate    Con una potenza massima i 31,5 cv a 11.300 giri e una coppia di 2kgm a 10.800 giri, la Gilera GFR/SP forniva prestazioni vivaci, con una punta velocistica di 171,1 km/h effettivi con 6&rdquo;7 per passare da 0 a 100 km/h  Gira pagina per leggere il test su In Moto del 1993:&nbsp;  &nbsp;  Gilera GFR, IL TEST del 1993    Decisamente meno agile della precedente Crono, la GFR risulta pi&ugrave; impegnativa da condurre soprattutto nelle rapide inversioni di inclinazione e nelle variazioni di traiettoria alle velocit&agrave; medie e alte, ma in compenso vanta uno sterzo a prova di bomba, solidissimo in qualsiasi situazione, anche sullo sconnesso, ove l&rsquo;assetto rigido fa di tutto per screditare la bont&agrave; della ciclistica. Pe cui, per quanto risulti meno duttile delle rivali, la GFR trasmette grande sicurezza in ogni frangente, e quando il gioco si fa duro e si spinge a fondo in pista, evidenzia un limite davvero alto e gratificante.  Coperture e freni: rendimento omogeneo, ma si poteva fare di pi&ugrave;    Peccato che le coperture Dunlop di primo equipaggiamento, progressive nella discesa in piega e omogenee nella resa chilometrica, non forniscano quell&rsquo;appoggio e quel grip alle inclinazioni estreme che ci si aspetterebbe per sfruttare a fondo la piccola sportiva Gilera. Pur fornendo un rendimento omogeneo e adeguato a una sportiva di razza, i freni sembrano sulle prime poco pronti nell&rsquo;intervento ed &egrave; necessario pinzare a fondo per ottenere il meglio.  Lo scarso freno idraulico in compressione della forcella, e in estensione per l&rsquo;ammortizzatore, porta a un marcato affondamento dell&rsquo;avantreno nelle staccate pi&ugrave; decise con conseguente peggioramento della qualit&agrave; della decelerazione che amplifica la tendenza a bloccare del disco posteriore.  Con una potenza massima i 31,5 cv a 11.300 giri e una coppia di 2kgm a 10.800 giri, la Gilera GFR/SP fornisce prestazioni vivaci, con una punta velocistica di 171,1 km/h effettivi (raggiungibili accucciandosi bene sul serbatoio e con un lungo lancio), mentre un po&rsquo; meno brillante &egrave; l&rsquo;accelerazione da fermo che causa del limitato arco di sfruttabilit&agrave; del propulsore richiede una certa perizia: 14&rdquo;6 per coprire i 400 metri da fermo (con velocit&agrave; di uscita di 144,3 km/h) e 6&rdquo;7 per passare da 0 a 100 km/h, mentre ancor pi&ugrave; disturbata dalla citata pigrizia dell&rsquo;erogazione sotto coppia, la ripresa da 50 km/h in sesta, che non va pi&ugrave; in l&agrave; del tempo di 20&rdquo;9 sui 400 metri e di quasi 32&rdquo; per passare da 50 a 100 km/h.  La trasmissione risulta impreziosita da una frizione che pure accusando qualche incertezza sotto sforzo, risulta molto efficace nella pratica della &ldquo;sfrizionata&rdquo; per recuperare lestamente i giri, mentre il cambio, spaziato ovviamente sul lungo, risulta un po&rsquo; ruvido sotto sforzo.    Rewind, Ducati M900 Monster &#39;93: la leggenda del Mostro 

Replica delle 250 ufficiali, la piccola sportiva segn&ograve; l&#39;epilogo dell&#39;avventura tra le&nbsp;ottavo di litro per quella che al periodo era la Casa di Arcore

Rewind, Gilera GFR 125: il canto del cigno

        Quando nella prima met&agrave; degli anni '80 la Honda present&ograve; la NS125F, fu una rivoluzione nel mondo delle moto per sedicenni. Nessuno aveva in gamma una moto cos&igrave; veloce e bella che potesse fare concorrenza alla nuova nipponica, che di conseguenza ebbe un successo clamoroso. I marchi italiani, sportivi per eccellenza, si misero in moto per realizzare mezzi all'altezza, se non superiori alla NS e la prima a proporre qualcosa di davvero concorrenziale fu Gilera, che mise in listino una dinastia di 125 diventate icone dell'epoca e ricercatissime ora dagli appassionati con qualche capello bianco. Eccole 5 sportive 125 dei "due anelli" che hanno saputo lasciare un segno indelebile nella storia del motociclismo. Gilera RV La RV 125 si pu&ograve; definire la capostipite di tutte le 125 sportive del filone anni '80-'90, presentata nel 1983 prima dell'avvento della NS125F di Honda e dotata di caratteristiche puramente stradali che la mettevano un gradino sopra le pi&ugrave; blasonate concorrenti come la Zundapp KS e la Laverda LZ. Lo stile era pi&ugrave; moderno, l'avviamento elettrico offerto prima come optional divenne di serie quasi subito e il motore da 20CV era pi&ugrave; brillante. Aveva un manubrio montato su risers, quindi non una vera sportiva, ma finalmente - grazie a questo modello - il mondo delle 125 iniziava ad affacciarsi a un'utenza pi&ugrave; sportiveggiante, grazie alle ottime prestazioni del motore e a una ciclistica solida e stabile, bench&egrave; ancora non puramente race-replica.  &nbsp; Gilera KZ e KK Subito dopo la RV fu il turno della KZ, entrata in commercio nell'estate dell'86 e finalmente con contenuti da prima della classe. La KZ 125 fu disegnata da Marabese ed era decisamente sexy per l'epoca, anche lei in configurazione semicarenata come la NS di Honda ma con un puntale molto pi&ugrave; pronunciato che nascondeva anche la batteria, con lo scopo di abbassare il baricentro. Anche il serbatoio era posizionato pi&ugrave; in basso per lo stesso motivo. Il motore era il pi&ugrave; potente dell'epoca, derivato dai modelli precedenti ma rivisto con un gruppo termico a 12 luci e finalmente valvola allo scarico APTS che permetteva l'utilizzo di pistoni spinti senza diventare troppo nervosa nell'erogazione. Erogava 25 CV alla ruota e pesava solo 126 kg. Fu la prima 125 di serie ad abbattere la soglia dei 150 km/h Versione carenata della KZ, la KK 125 aveva un'ispirazione molto pi&ugrave; pistaiola e fu ampiamente apprezzata dai sedicenni pi&ugrave; sportivi, che furono attirati dalla presunta capacit&agrave; di superare i 160 km/h, come si diceva in giro all'epoca. Gilera, come per la KZ, dichiarava i 148 km/h ufficiali anche per la KK, ma la realt&agrave; era molto pi&ugrave; vicina alla leggenda e in configurazione di serie sfiorava i 160. Le differenze rispetto alla moto da cui deriva sono di sicuro estetiche, con carena integrale e codino aerodinamico in stile GP, aveva una rapportatura pi&ugrave; lunga e sospensioni pi&ugrave; rigide, e soprattutto un secondo serbatoio montato sotto il motore che permetteva un ulteriore abbassamento del baricentro. Il peso dichiarato era di 113 kg e la potenza di 26 CV.  &nbsp; Gilera MX-1 e MX-R Sono state le moto che hanno fatto da "ponte" fra la serie KZ/KK e la SP01, e sono rimaste un po' meno nel cuore degli appassionati per diversi motivi. In primis per lo stile un po' troppo turistico, in anni di veloce evoluzione e in cui gli utenti iniziavano a richiedere pi&ugrave; sportivit&agrave; anche dalle stradali. La serie MX fu interpretata forse come una "sicurezza" per i genitori che erano pi&ugrave; propensi a comprare mezzi dall'estetica non estrema, pensando che fossero pi&ugrave; sicuri o meno veloci, mentre i ragazzini gi&agrave; scalpitavano in attesa di una vera GP Replica. La MX-1 aveva il motore KK e portava in dote l'innovazione del telaio in doppio trave Twinbox e del serbatoio con vano portacasco, mentre il carburante era stivato sotto il motore. Ne furono fatte diverse versioni fino alla finale MX-R, ma le vendite non decollarono, e vennero definitivamente affossate dalla SP01, che entr&ograve; nei listini non come sostituta ma come moto pi&ugrave; estrema della gamma 125 di Gilera.  &nbsp; Gilera SP01 e 02  Ancora una volta Gilera &egrave; arrivata prima della concorrenza Aprilia e Cagiva, e la SP01 del 1989 &egrave; il primo modello 125 supersportivo di nuova generazione. Nessuna 125 prima della SP01 fu cos&igrave; estrema nella posizione di guida e nell'estetica, che finalmente riprendeva in pieno le quote e le forme delle moto da competizione, lasciando da parte quelle carattistiche stradali tipiche delle KK e MX precedenti e diventando a tutti gli effetti una race-replica. Il progetto dell'Ing.Romolo Canciamerla portava in dote non solo una nuova estetica minimalista (sempre di design Marabese) ma anche un propulsore di nuova generazione, con immissione diretta nel carter, da&nbsp;35 CV dichiarati! Anche la ciclistica dovette adattarsi a questi numeri e comparve un rigidissimo telaio doppio trave Twinbox e all'anteriore un enorme (per l'epoca) disco flottante da 300 mm. Su strada le prestazioni erano eccezionali anche a costo di qualche "sacrificio" in fatto di comfort ed erogazione, e bench&egrave; non stup&igrave; per vendite divent&ograve; subito un cult anche con la versione aggiornata SP02, fino all'arrivo delle Aprilia Futura e Cagiva Mito, che portarono il concetto di moto sportiva 125 a un livello ancora superiore e pi&ugrave; popolare.  &nbsp; Gilera CX  Nel 1989 venne presentata come concept questa moto tra lo stupore di tutti. Si trattava pi&ugrave; di un'esercizio di estetica e tecnica pi&ugrave; che di un'innovazione fatta per vendere. Le caratteristiche erano cos&igrave; particolari che richiedevano tecniche di produzione studiate ad hoc che la resero costosa e preziosa, e a livello commerciale fu un flop clamoroso. Detto ci&ograve;, si trattava comunque di un progetto interessantissimo, sia per l'estetica unica sotto tutti i punti di vista con il carenone anteriore a coprire la ruota, sia per la ciclistica con sospensione anteriore e posteriore monobraccio. Non aveva l'attitudine sportiva della SP01 ma era pensata per un utilizzo pi&ugrave; turistico, l'abbiamo provata nel 1991 e potete leggere la sua storia e la prova nel dettaglio in questo articolo. &nbsp; GFR 125  La Gilera GFR uscita nella versione&ldquo;Replica&rdquo;, riproduceva in maniera decisamente fedele la sorella maggiore 250 da GP, con la quale condivideva forme e colori. Andava a sostituire la Crono del 1991 e venne lanciata nel 1993.&nbsp; La piccola e rinnovata ottavo di litro tagliava i ponti con i modelli precedenti sia da un punto di vista tecnico che estetico. E' ricordata come l'ultima realizzazione Gilera - al periodo gi&agrave; facente parte del Gruppo Piaggio - nel campo delle ottavo di litro supersportive. Nel 1994 lo storico stabilimento di via Cesare Battisti 70, ad Arcore, venne chiuso e la produzione spostata a Pontedera, ma la piccola GFR non trov&ograve; spazio e dopo sole due stagioni venne tolta dai listini. I tentativi di rilancio - pi&ugrave; o meno discutibili - tentati negli anni a seguire non hanno mai ridato il valore e il blasone della Gilera che fu, ovvero quella di azienda innovatrice e tecnologicamente all'avanguardia. Speriamo nel futuro! Rewind, Honda NS125F: l'inizio di un'era       

A cavallo fra anni '80 e '90 il mondo delle 125 era popolato di marchi e modelli race replica. Uno dei pi&ugrave; amati e innovativi era quello di Arcore, capostipite del movimento

Top5: le Gilera 125 sportive che hanno fatto storia

Doppio ritorno in salsa cinese. Due nomi del passato del Gruppo Piaggio stanno per fare il loro ingresso sui mercati, seppur dall&#39;altra parte del globo.  Nelle foto che vi mostriamo ecco paparazzate la &quot;fu&quot; Aprilia Shiver in fase di test ed in veste camouflage biano e nero. La Shiver per&ograve; in questo caso verr&agrave; prodotta da Zongshen, partner del Gruppo di Pontedera e con il marchio Gilera. Infatti da quel che si nota osservando il faro, spicca bello nitido il glorioso nome dei due anelli. Non ci sono ancora indicazioni per quanto riguarda l&#39;equipaggiamento della moto, ma telaio, motore a V di 90&deg; e di 900cc e telaio sembrano identici a quelli della vecchia naked Aprilia . Il faro &egrave; anche esteticamente simile, ma &egrave; stato aggiornato per adottare la tecnologia di illuminazione a LED con&nbsp;DRL ai bordi.  RITORNO AUSPICABILE    Secondo informazioni provenienti dall&#39;Est, la nuova Gilera avr&agrave; un prezzo pi&ugrave; basso, grazie alla manifattura cinese. ma chiss&agrave; che non ci possa essere un ritorno anche sulla piazza europea, sicuramente pi&ugrave; sensibile al nome ed alla storia Gilera. C&#39;&egrave; da aggiungere che poich&eacute; le normative cinesi sulle emissioni sono piuttosto rigide, soddisfare i requisiti per le vendite in Europa o negli Stati Uniti non dovrebbe essere un ostacolo difficile da superare per una produzione/importazione. Resta per&ograve; da dire come questa operazioni lasci in qualche modo perplessi: Gilera meriterebbe ben pi&ugrave; che un rebranding&nbsp;su un modello ormai fuori mercato e lontano dall&#39;Italia. La speranza che ci si possa di nuovo sedere in sella ad una Gilera&nbsp;pu&ograve; legittimamente tornare ad essere concreta, dopo anni di immeritato oblio.    Rewind, Gilera Bullit 50... e il &quot;tubone&quot; si fece moto 

Paparazzata la naked di Noale che, con nuovo marchio, dovrebbe debuttare a breve sul mercato cinese e prodotta da Zongshen

La Aprilia Shiver diventa Gilera e sbarca in Cina

Due lettere che possono ricordare molte cose: CX, nel linguaggio tecnico dell&#39;automotive, &egrave; l&#39;acronimo di riferimento quando si calcola il coefficiente di penetrazione aerodinamica, e Gilera nel 1991 ha fatto debuttare una moto con questo nome, la CX 125, che con il suo stile unico e un&#39;aerodinamica curatissima portava con orgoglio queste due lettere nei listini del doppio anello.&nbsp;  La rivincita della Gilera CX: dal dimenticatoiio ad oggetto di culto  Un gioiello unico nel suo genere    Di questa moto possiamo pensare qualsiasi cosa, e c&#39;&egrave; anche chi non sopporta quelle linee cos&igrave; stravaganti, ma per fortuna tutti concordano quando si riconosce l&#39;importanza tecnica e storica di una moto che &egrave; nata per stupire pi&ugrave; che per vendere o dominare nelle competizioni. La CX 125 in realt&agrave; le competizioni non le ha mai viste, &egrave; nata come moto carenata dall&#39;animo sportivo ma dall&#39;indole stradale, quasi una Sport Touring da ottavo di litro. La parte &quot;racing&quot; del listino Gilera era riservata alla SP-02, moto da cui questa riprende telaio e meccanica, ma accoppiandola a sospensioni che dire futuristiche &egrave; poco, con il monobraccio sia al posteriore che all&#39;anteriore e ruote degne di un film di fantascienza.    La carenatura integrale era qualcosa di mai visto prima: un monoscocca che corre lungo tutta la fiancata fino all&#39;estremit&agrave; del codino, con un cupolino ampio che collega il plexiglass alla ruota anteriore senza soluzione di continuit&agrave;. Solo la parte inferiore si separa per poter consentire il lavoro sul motore senza dover spogliare completamente la moto, ma rimane il classico stile delle moto &quot;sigillate&quot; che in quegli anni facevano impazzire tutti. E&#39; un pezzo di design degno di un museo di arte moderna e probabilmente la massima espressione del concetto di carena integrale. Non si &#39;e mai vista una moto pi&ugrave; &quot;vestita&quot; di questa senza sembrare un accrocchio mostruoso. E noi, in quegli anni, l&#39;abbiamo pure provata.  &nbsp;  Da InMoto del 1991    &quot;&Egrave; la macchina stilisticamente pi&ugrave; originale della categoria se non addirittura dell&#39;intero panorama mondiale. Le forme dell&#39;abbondante carrozzeria monolitica che si stempera su superfici sinuose senza soluzione di continuit&agrave;, ricorda il corpo ogivale di uno squalo aggressivo che procede a bocca spalancata. La sostanza dell&#39;avantreno e della parte mediana della macchina contrasta piacevolmente con la leggerezza del retrotreno, dominato dall&#39;alto codino prismatico. Le finiture sono di buon livello con plastiche ben dimensionate ma non sempre impeccabilmente accoppiate, ed accessori di prima qualit&agrave;, anche se le verniciature non colpiscono per brillantezza.     Di gran pregio i componenti della ciclistica, in primis sospensioni, ruote e freni, ma anche i comandi e soprattutto la ricca strumentazione, si fanno ampiamente apprezzare. Le complesse forme della macchina stupiscono altres&igrave; per incanto e compiutezza non appena ci si sale in sella: il pilota sembra insomma fare tutt&#39;uno con la macchina della quale va a riempire ogni minima cavit&agrave;. A dispetto della tipico look, la posizione di guida resta sempre piuttosto sportiva, con pedane alte ed arretrate e semimanubri decisamente angolati verso il basso, che nella guida brillante portano a qualche precoce indolenzimento di Palmi e avambracci. la protezione aerodinamica limitata anche se si viaggia spiaccicati sul serbatoio, le sospensioni rigidotte e qualche vibrazione di troppo sulle pedane, definiscono un quadro di comfort non propriamente all&#39;altezza della migliore concorrenza.   La guida &egrave; gratificante di facile comprensione nonostante le atipiche sospensioni, ma la macchina grossa e pesante, per quanto discretamente maneggevole, richiede un impegno psicofisico pi&ugrave; elevato della norma. La sensazione di padronanza sul mezzo viene cementata dalla particolare geometria dell&#39;avantreno che d&agrave; l&#39;impressione di impugnare in maniera diretta la ruota anteriore, e ci&ograve; si traduce in inserimenti in curva progressivi, sicuri ed efficaci, seguiti da una confortante sensazione di appoggio, garantita dalla poderosa copertura anteriore&nbsp; 120/60, analoga a quella di una maxi. su questa base la CX offre una straordinaria precisione anche alle elevate velocit&agrave;, scevra da oscillazioni e pendolamenti, in virt&ugrave; dello sterzo ben caricate delle sospensioni ben controllate, ed &egrave; un peccato che a causa della risposta nervosa delle sospensioni, la macchina perda coerenza se si guida brillantemente sullo sconnesso.    La frenata &egrave; impressionante per potenze progressivit&agrave; di intervento soprattutto alle alte velocit&agrave;, ove la coerenza di assetto &egrave; notevole grazie anche ai misurati affondamenti della sospensione anteriore. Sorprendentemente brillante nonostante il peso di 120kg e la non eclatante potenza rilevata sul banco prova (28,7CV a 10900 g/min), la CX ha fornito eccellenti prestazioni velocistiche aiutate dalla equilibrate rapportature soprattutto dalla superiore aerodinamica. In velocit&agrave; di punta ha superato i 170 km orari effettivi grazie alla maggior propensione del motore a distendersi in fuorigiri mentre in accelerazione da fermo &egrave; andata sotto al muro dei 15 secondi sui 400 metri da fermo. La curva di erogazione risulta estremamente fluida anche se non particolarmente vigorosa sotto coppia: si riprende anche da meno di tremila giri senza strappi ma il meglio viene fuori varcati i 7500 giri, subito dopo l&#39;apertura della valvola sullo scarico dove la spinta si fa potente e conosce un ulteriore incattivimento sui 9000 giri da dove la propulsione risulta vivacissima fino ai 12000 giri indicati.&quot;    In Moto Vintage: le prove delle regine del passato  &nbsp; 

Icona di design e piccolo capolavoro di tecnica. Quando le 125 erano ancora il cuore pulsante dell&#39;evoluzione motociclistica, arriv&ograve; l&#39;innovativa (e bellissima) CX, un concentrato di stile per palati fini che abbiamo avuto l&#39;onore di provare

Rewind, Gilera CX 125: lo squalo che venne dal futuro

Dalla met&agrave; degli anni&nbsp;&#39;80 le Caase&nbsp;motociclistiche italiane dominavano la scena mondiale con piccoli gioielli su due ruote. Le leggendarie 125 che da quel decennio e fino alla met&agrave; di quello successivo&nbsp;fecero man bassa di cuori. Non solo dei 16enni, ma anche verso i motociclisti pi&ugrave; scafati&nbsp;che restavano&nbsp; spesso&nbsp;ammaliati&nbsp;da quei gioellini fatti di tecnica e design, e che ancora oggi avrebbero molto da dire.&nbsp;  La concorrenza tra le varie case era asfissiante, e questo fece s&igrave; che nel giro di poche stagioni le 125 italiane arrivarono ai vertici mondiali per tecnica, ma crebbero pure in fatto di specializzazione, oltre che diventare troppo costose.    In questo capitolo ripercorrriamo i profili di 4 regine datate 1989. Aprilia AF1 Replica 125, Cagiva Freccia C12 R, Gilera SP-01 e Honda Italia NSR 125 R: quattro protagoniste del periodo e che, ancora oggi, fanno sognare frotte di smanettoni nostalgici. Ripercorriamo la loro storia attraverso le nostre impressioni di guida nella comparativa realizzata sullo speciale In Moto 7-8 del 1989.  Pronti? Voltate pagina&nbsp;e... si parte!  &nbsp;  &nbsp;  APRILIA AF1 &quot;REPLICA&quot;  Linea filante, colorazioni e sponsor &quot;ufficiali&quot; ma anche grande guida. In breve: fascinosissima  La sportiva Aprilia ha parecchi particolari altamente coinvolgenti a livello di finitura come il disco anteriore flottante e lo splendido telaio con le sue superfici tirate a specchio. Di ottima qualit&agrave; sono anche le verniciature, brillanti e resistenti. Passando al ponte di comando, spicca la stupenda piastra in lega leggera che raccorda i due semimanubri forgiati in alluminio. La strumentazione (contagiri, tachimetro/contachilometri e termometro per il liquido di raffreddamento) &egrave; completamente rinnovata e decisamente professionale.  La AF/1 Replica offre una posizione di guida decisamente corretta e pi&ugrave; sportiva della Sintesi, grazie al nuovo manubrio pi&ugrave; basso ed avanzato. L&rsquo;abitabilit&agrave; &egrave; sempre buona anche per i piloti di alta statura, che trovano nelle forme della macchina sagomature perfettamente complementari. Grazie alla buona imbottitura della sella, alla discreta protettivit&agrave; del cupolino, ed alla migliorata taratura della forcella, il comfort di marcia &egrave; apprezzabile, anche se la sospensione posteriore resta un pelo rigida nella risposta. Sempre elevate le vibrazioni, soprattutto su pedane e sottosella, ma per la verit&agrave; si notano raramente quando si &egrave; impegnati a godere delle straordinarie caratteristiche di guida e maneggevolezza offerte dalla nuova Replica: una pura racer anche nel comportamento su strada. Permette infatti pieghe da capogiro in tutta sicurezza col confortante supporto delle sopraffine coperture Dunlop radiali, che trasmettono grande sensibilit&agrave; anche al limite.    La guida &egrave; estremamente disinvolta e precisa sul veloce, scevra da oscillazioni, immediata nel centrare al primo colpo la traiettoria ideale che risulta successivamente sempre sostanzialmente neutra. Solo lo sconnesso viene talvolta mal digerito e manca anche un po&rsquo; di sensibilit&agrave; sull&rsquo;avantreno nelle rapide variazioni di inclinazione. Grande la frenata, sempre al vertice per feeling, modulabilit&agrave; in condizioni limite e riserva di potere decelerante, con spazi di arresto che sono sostanzialmente i migliori della categoria. Il motore ha fornito eccellenti prestazioni globali, con una velocit&agrave; di punta molto prossima ai 170 km/h effettivi, non disgiunta da una accelerazione brillantissima, affiancata da eccezionali caratteristiche di allungo fino ad oltre 11.000 giri di strumento e da una ripresa pi&ugrave; che dignitosa. Il consumo &egrave; il pi&ugrave; basso della categoria. Peccato che la frizione strappi quando venga stressata a fondo, e non assecondi dunque il cambio, veramente ineccepibile per precisione e rapidit&agrave;.&nbsp;  Potenza 31,4 CV. Velocit&agrave; massima: 169,1 Km/h. Accelerazione 0-100: 7&rdquo;5 sec. Accelerazione 0-400: 15&rdquo;1 sec. Velocit&agrave; dopo 0-400: 141,9 Km/h. Ripresa: 0-400: 20&rdquo;0. Peso: 134,6 Kg  &nbsp;  Cagiva Freccia C12R  Carenatissima e personale, ha nel cambio a 7 rapporti una nota di esclusivit&agrave;. Facile da guidare con la ruota da 16&quot;  La linea della Cagiva Freccia &egrave; positivamente caratterizzata dalla carrozzeria integrale. Sotto il guscio superiore sono stati intelligentemente raggruppati i serbatoi del carburante, del liquido refrigerante e del lubrificante. Il manubrio &egrave; in due pezzi, realizzati in lega leggera: lo stesso materiale impiegato per i comandi a pedale e le staffe per le pedane. Il cruscotto comprende tre strumenti di forma circolare e di disegno e grafica tipicamente sportivi (contagiri, tachimetro/contachilometri e termometro per il liquido refrigerante), integrati da una nutrita serie di spie luminose per folle, indicatori di direzione, luci, abbagliante, riserva benzina e olio, batteria e stampella laterale. Anche se il posto guida &egrave; pressoch&eacute; obbligato, quasi scavato nel corpo macchina, senza possibilit&agrave; di avanzare ed arretrare, ci si sorprende di quanto sia comunque azzeccato sia per le taglie piccole che per quelle forti. Il merito sta nella anatomica raccordatura fra la sella ed i fianchi della struttura copriserbatoio, effettivamente complementare al pilota.    La sella &egrave; bassa e le pedane un po&rsquo; alte, ma la posizione del busto &egrave; corretta grazie al giusto dislivello fra manubrio e posto guida. Anche la Freccia appartiene alla categoria delle moto facili da condurre, quelle che impegnano poco e fanno sentire subito dei gran manici. Il comfort di marcia si &egrave; avvantaggiato con la taratura pi&ugrave; soffice della forcella, ma la sospensione posteriore resta secca sulle buche, e le vibrazioni fastidiose agli alti regimi, mentre discreta &egrave; la protettivit&agrave; garantita dal cupolino. Poco male perch&eacute; la meccanica &egrave; inesauribile fonte di soddisfazioni: se escludiamo una lieve incertezza di carburazione sui 5.000 giri, il motore &egrave; infatti estremamente sostanzioso in basso, entra in coppia sui 6.500 giri ed allunga brillantemente fino a 10.500 ed anche 11.000 giri. Tutte le prestazioni sono piuttosto elevate, dalla velocit&agrave; di punta di circa 166 km/h alla eccellente accelerazione ed alla notevole ripresa, ma tutto si paga con consumi elevati. Eccellente il nuovo cambio a sette marce, fluido e spaziatissimo, mentre la frizione &egrave; particolarmente modulabile anche se sensibile alle strapazzate.  La Freccia, con le sue ruote da 16&rdquo;, &egrave; la pi&ugrave; maneggevole della categoria alle velocit&agrave; medie ed elevate, ed azzecca l&rsquo;inclinazione ideale quasi automaticamente. &Egrave; inoltre sicura in traiettoria e stabile sui curvoni, con eccellenti capacit&agrave; di inclinazione, anche se l&rsquo;assetto &egrave; talvolta incoerente sullo sconnesso. Nettamente migliorata la frenata, con grande sensibilit&agrave; e sicurezza in situazioni critiche, ma con una certa tendenza a perdere efficacia sotto sforzo ed al bloccaggio dell&rsquo;unit&agrave; posteriore. &nbsp;&nbsp;  Potenza 31 CV, velocit&agrave; massima: 165,9 Km/h. Accelerazione 0-100: 7&rdquo;4. Accelerazione 0-400: 15&rdquo;1. Velocit&agrave; dopo 0-400: 140,4 Km/h. Ripresa&nbsp; 0-400: 20&rdquo;8. Peso 132,9  &nbsp;  &nbsp;Gilera SP-01  Una vera moto da corsa abilitata a circolare su strada. Grandi prestazioni e motore nuovo. Non &egrave; molto comoda  Autentica fuoriserie spiccatamente sportiva, la Gilera&nbsp;SP-01 vanta finiture caratterizzate da quel tocco di artigianale ed essenziale che fa letteralmente impazzire i fan delle special destinate all&rsquo;uso su pista. Ci riferiamo soprattutto all&rsquo;impianto frenante decisamente professionale, al manubrio in due pezzi in alluminio e allo strettissimo, ma efficace gruppo ottico anteriore, alla sella con codino asportabile (per trasformarla in biposto), ai comandi arretrati in lega leggera. Decisamente racing &egrave; il serbatoio della pompa del disco anteriore posizionato sulla testa di forcella. Professionale e di bel disegno &egrave; la strumentazione che prevede l&rsquo;inconsueto tachimetro/contachilometri asportabile per l&rsquo;impiego agonistico, il contagiri con zona rossa che attacca a 11.000 giri e il termometro per il liquido di raffreddamento. Altri dettagli che non mancheranno di coinvolgere positivamente l&rsquo;appassionato sono, senza dubbio, lo splendido telaio Twinbox a doppio montante diagonale in acciaio ed il forcellone in pressofusione d&rsquo;alluminio, cuore della sospensione PowerDrive. Sembra proprio di sedere in sella ad una moto da GP!    Il posto guida &egrave; in alto ed il busto caricato in avanti verso il manubrio stretto e basso, con le gambe contratte sulle pedane alte e moderatamente arretrate. La sensazione di guidare una moto da corsa si cimenta col ridotto comfort di marcia offerto: le sospensioni sono rigidissime, soprattutto la forcella, ed i loro effetti amplificati dalla scarsa imbottitura della sella e da vibrazioni bene avvertibili. L&rsquo;illusione &egrave; perfetta non appena si smanetta (fa anche rima...): il motore ama girare alto, e fornisce un campo di utilizzazione piuttosto ristretto, ma comunque prestazioni notevolissime, con la potenza massima rilevata di 29,2 CV alla ruota, e la maggiore velocit&agrave; di punta, superiore ai 170 km/h! Troppo? Non proprio, se si considera che l&rsquo;impianto frenante ha un rendimento analogo a quello di una moto da corsa e fornisce spazi di arresto contenutissimi i migliori assieme all&rsquo;Aprilia in sicurezza soprattutto dalle velocit&agrave; pi&ugrave; elevate, ed &egrave; sfruttabile anche nella delicata fase dell&rsquo;inserimento in curva.  Meno maneggevole delle colleghe alle velocit&agrave; medie e alte, la SP-01 richiede una guida specialistica e molto decisa: solo in questo modo si possono sfruttare appieno le superiori caratteristiche di appoggio garantite dai nuovi pneumatici Michelin. Notevole la precisione e la stabilit&agrave; sul veloce, mentre sullo sconnesso, come tutte le racing replica, anche la SP 01 accusa incoerenze di assetto. La frizione &egrave; modulabile e resistente, mentre il cambio &egrave; preciso, ma si irruvidisce sotto sforzo.  Potenza 29,2 CV. Velocit&agrave; massima: 171,2 Km/h.&nbsp; Accelerazione 0-100: 7&rdquo;6 sec. Accelerazione 0-400: 15&rdquo;4 sec.&nbsp; Velocit&agrave; dopo 0-400: 138,1 Km/h. Peso 131,3 Kg.  &nbsp;  Honda NSR 125 R &nbsp;  Compatta ed elegante, offre comfort al pilota e una sincera sfruttabilit&agrave;. Originale il telaio Alcast in alluminio  La riuscita e tagliente linea della carena integrale, sulla quale spicca il doppio gruppo ottico circolare, sono il biglietto da visita della sportiva Honda. La finitura &egrave; di alto livello: oltre a verniciature brillanti e resistenti troviamo, infatti, analoga cura nella definizione dell&rsquo;interno del cupolino. Di elevato livello &egrave; anche la realizzazione dei comandi al manubrio, dove spicca l&rsquo;inconsueta leva della frizione, abbassata rispetto al piano di attacco. La strumentazione &egrave; alloggiata in un cruscotto completamente immerso nella parte interna del cupolino e comprende un grosso contagiri che ospita la spia della riserva del lubrificante, il tachimetro/contachilometri e il termometro del liquido refrigerante. In un &quot;ponticello&quot;, parte integrante della carrozzeria, che collega il serbatoio al cupolino, &egrave; ospitata una ricca serie di spie luminose. Nonostante il compatto dimensionamento, la piccola Honda offre abitabilit&agrave; ai fantini come ai pivot, grazie al ben studiato dimensionamento delle parti a contatto col pilota, con sella e pedane relativamente basse, ed il busto moderatamente reclinato in avanti.  L&rsquo;adozione della carenatura integrale ha esaltato le condizioni di passista della &laquo;hondina&raquo; sportiva, e migliorato la protezione aerodinamica, mentre le sospensioni, soprattutto la forcella, garantiscono un buon comfort di marcia. Avvertibili le vibrazioni anche se non raggiungono mai livelli di vero fastidio. Anche la NSR/R appartiene alla categoria delle moto maneggevoli, soprattutto a bassa velocit&agrave; ove sfodera un elevato equilibrio che non implica per&ograve; un avantreno troppo pesante. Molto pronta negli inserimenti in curva, la piccola NSR accetta di buon grado le correzioni che digerisce con armonia e sicurezza. Equilibrata anche sullo sconnesso, la NSR/R &egrave; precisissima sul veloce, e pu&ograve; raggiungere inclinazioni notevoli grazie alle equilibrate coperture Pirelli Dart che garantiscono grip a non finire e soprattutto sincerit&agrave;.    Di alto livello, come quelli delle altre colleghe peraltro, l&rsquo;impianto frenante, che garantisce elevata sfruttabilit&agrave; anche in condizioni critiche, ma sul quale occorre esercitare una forte trazione per ottenere le migliori prestazioni. Esuberante il disco posteriore che porta ad indesiderati bloccaggi. Allineata alla Cagiva in velocit&agrave; di punta, la NSR/R fornisce prestazioni soddisfacenti ma nella media in accelerazione e ripresa, ed anche nei consumi non &egrave; cos&igrave; brillante come le migliori concorrenti. In compenso ha una frizione da lode ed un cambio preciso, ma che accusa una lieve tendenza ad irruvidirsi.  Potenza 28 CV. Velocit&agrave; 164 Km/h. Accelerazione 0-100: 7&rdquo;3 sec. Accelerazione 0-400: 15&rdquo;4 sec. Velocit&agrave; dopo 400 metri: 136,3 Km/h. Peso 127,0 Kg.   

Aprilia AF1 Replica, Cagiva C12 R, Gilera SP-01, Honda NSR 125 R sono protagoniste di questo confronto (con i rilevamenti) tra le piccole regine che dominavano la scena a fine anni &#39;80

Rewind, 125 sportive: le pi&ugrave; belle del mondo

Era il 1990 e l&#39;epoca dei classici &quot;tuboni&quot; si avviava verso la resa nei confronti della nuova avanzata sul fronte 50cc rappresentata dagli scooter. I tempi per&ograve; non erano ancora maturi per le ruote piccole nel segmento dei &quot;commuter&quot; destinati ai giovanissimi e il &quot;cinquantino&quot; sportivo (sia esso Enduro o Race replica) agitava, e di molto, i sogni di tanti 14enni del periodo. Gilera, a cui certo non mancava il coraggio nel battere strade inedite, propose quella che fu una via di mezzo tra i classici e apprezzati tuboni e il ciclomotore sportivo.&nbsp;  TRA MOTO E TUBONI  Al Motor Show, edizione 1990, la Casa di Arcore&nbsp;presenta il Bullit 50, progetto unico e difficilmente paragonabile ad altri &quot;cinquantini&quot;. Il Bullit cos&igrave; a prima vista appariva strutturato come un qualsiasi &quot;tubone&quot; sportivo, ma bastava una fugace occhiata per non notare una serie di soluzioni tecniche inedite su ciclomotori di questa categoria intermedia.  Il telaio, di pregevole fattura, si ispirava a quelli delle moto sportive di maggior cilindrata dato che era formato da due travi laterali che congiungevano direttamente il cannotto con il fulcro del forcellone, anche il forcellone monobraccio riportava tecnologie avanzate su di un ciclomotore di largo impiego come il Bullit. Anche la veste estetica era stata particolarmente curata con soluzioni estetiche e grafiche direttamente derivate dalla SP-01, che mescolandosi ad alcuni particolari di estrazione fuoristradistica davano vita ad un ciclomotore interessantissimo ed estremamente versatile.  I CINQUANTINI: PICCOLI SOGNI PER SENTIRSI GRANDI (E &quot;SOCIAL&quot; NEGLI ANNI &#39;90)  Gilera Bullit 50: com&#39;era fatto    Un tubone, una sportiva oppure un fuoristrada?  Sicuramente erano in molti a porsi questa domanda, fatto sta che il Bullit creava attorno a s&eacute; quella curiosit&agrave; e quell&#39;interesse che &quot;catturava&quot; il ragazzo che voleva distinguersi. Il Gilera Bullit colpiva soprattutto per il bel telaio lucidato e per le plastiche sagomate con criteri differenti, infatti appena sotto al cannotto di sterzo partivano due ampie alette convogliatrici, di stampo fuoristradistico, che indirizzavano il flusso d&#39;aria sul radiatore. Il fanale anteriore era incorniciato da un cupolino di generose dimensioni che conferivano ulteriore grinta al Bullit, le fiancate laterali identiche a quelle che equipaggiavano la velocissima SP 01 erano composte da un unico pezzo di carrozzeria come su tutte le moto da velocit&agrave; che si rispettano. Anche i cerchi in lega riprendevano il mondo delle corse: avevano cinque razze e nel posteriore assumevano un profilo concavo per lasciare spazio al forcellone monobraccio, infine, da citare il silenziatore di scarico in alluminio che faceva invidia a molte 125. Il Bullit era anche accessoriato di tutto punto, con l&#39;interruttore dello stop su entrambi i freni, la sella ribaltabile per dare la possibilit&agrave; all&#39;utente di appoggiare il casco in tutta tranquillit&agrave; perch&eacute; protetto da un cavetto di acciaio bloccato con la serrature della sella e soprattutto la strumentazione incassata nel cupolino completa di tachimetro contachilometri, contagiri ed una serie di spie: folle, indicatori di direzione, olio e luci.  PEZZO FORTE    Il telaio di concezione veramente innovativa trattandosi di un ciclomotore era costituito da due travi laterali inscatolate che congiungevano direttamente il cannotto di sterzo con il fulcro del forcellone, inoltre due culle inferiori di minor sezione sorreggevano il propulsore ed anche posteriormente notavamo un vero e proprio telaietto reggisella. Il forcellone monobraccio, costruito in acciaio scatolato, era coadiuvato da un monoammortizzatore a gas che consentiva un&#39;escursione di 90 mm. Anteriormente trovavamo una forcella teleidraulica con steli da 30 mm che garantiva un&#39;escursione di 120 mm. L&#39;impianto frenante &egrave; di tipo misto e si basa su di un disco anteriore da ben 240 mm, mentre posteriormente c&#39;era un semplice tamburo monocamma da 140 mm. Il proulsore era totalmente nuovo e venne costruito per poter essere impiegato in numerose varianti che differivano a seconda dei modelli: i tecnici Gilera avevano adottato tecniche e materiali fino ad allora riservati al settore motociclistico creando un propulsore compatto e con il peso di 14,5 kg.  Si tratta di un monocilindrico a due tempi raffreddato a liquido, con cilindro in lega leggera e canna trattata al Gilnisil che vantava ben sei luci di travaso e tre di scarico. L&#39;alimentazione avveniva tramite un carburatore Dell&#39;Orto 14/12 con ammissione direttamente nel carter regolata da lamelle. Il cambio era chiaramente a tre rapporti e la frizione era a dischi multipli in bagno d&#39;olio.  Gira pagina per leggere il nostro test del 1991:  &nbsp;  Gilera Bullit 50: come andava    Il Bullit non aveva certo l&#39;aspetto di un ciclomotore, era ben dimensionato ed ergonomicamente ben studiato, infatti offriva un&#39;abitabilit&agrave; veramente generosa. Secondo il nostro giudizio l&#39;impostazione era una delle migliori della categoria, la sella, lunga e spaziosa, era piazzata ad una giusta distanza dal manubrio e dalle pedane consentendo anche ai pi&ugrave; lunghi di assumere una posizione di guida sufficientemente comoda e rilassante. I comandi, tutti posizionati in modo da essere localizzati immediatamente, facevano s&igrave; che il Bullit fosse un ciclomotore alla portata di tutti: intuitivo ed estremamente sicuro nella guida con un ottimo comfort di marcia ben gestito dalle sospensioni veramente equilibrate ed a prova di bomba, vantava un&#39;ottima sensibilit&agrave; anche sulle serie di buche consecutive. Dovemmo annotare alcune vibrazioni sul manubrio soprattutto quando il motore raggiungeva il massimo regime, questo non accadeva procedendo ad una velocit&agrave; pi&ugrave; bassa e meno impegnativa per il piccolo &quot;cuore&quot; da 50 cc del nuovo Gilera.  L&#39;estrema leggerezza e l&#39;interasse molto contenuto, donavano al Bullit la personalit&agrave; di districarsi nel traffico caotico delle grandi citt&agrave; con molta facilit&agrave; senza impegnare il pilota. Questa dote apprezzabilissima, era per&ograve; inversamente proporzionale alla stabilit&agrave; che accusava qualche imperfezione nei tratti di strada veloci, con inserimenti in curva repentini. Questo &quot;neo&quot; era dovuto in parte all&#39;eccessiva maneggevolezza, ma soprattutto alle coperture &quot;made in Korea&quot; caratterizzate da una mescola &quot;marmorea&quot; che limitava l&#39;aderenza con il terreno. La frenata era estremamente sicura ed allo stesso tempo modulabile grazie all&#39;efficentissimo impianto frenante a disco anteriore.  Il Gilera Bullit era equipaggiato con un motore totalmente nuovo, progettato con criteri degni di moto di maggior cilindrata. Il propulsore del Bullit si faceva apprezzare per l&#39;equilibrio delle prestazioni, nonostante le norme veramente limitative imposte dal codice. Il motore girava splendidamente con una tonalit&agrave; di scarico degna di una 125 ed il cambio a tre rapporti non penalizzava eccessivamente l&#39;erogazione del motore Gilera nonostante i giri calassero molto fra un rapporto e l&#39;altro. Impressionante appunto era l&#39;elasticit&agrave; del propulsore. La frizione era un po&#39; &quot;ruvida&quot; nella fase di stacco ma comunque non accennava a calare di efficacia anche dopo l&#39;uso prolungato. Il motorino elettrico garantiva avviamenti rapidi.  REWIND, GILERA GFR 125: IL CANTO DEL CIGNO 

Era decisamente qualcosa di pi&ugrave; di un semplice ciclomotore. La proposta della Casa di Arcore vantava numerosi particolari di derivazione motociclistica

Rewind, Gilera Bullit 50... e il &quot;tubone&quot; si fece moto

Quella che andr&agrave; in scena quest&rsquo;anno dal 18 al 20 febbraio&nbsp;a Novegro sar&agrave; una Mostra-scambio&nbsp;ancora pi&ugrave; importante, perch&eacute; arrivata alla sua 80&ordf; edizione. Nel parco esposizioni, gli appassionati di Gilera e Moto Guzzi troveranno una rassegna dedicata ai due marchi, una novit&agrave; assoluta per questa manifestazione celebre soprattutto per la sua compravendita di pezzi di ricambio e auto e moto d&rsquo;epoca.  GILERA FERRO: UN RISCATTO MAI ARRIVATO  Due compleanni importanti  Siete appassionati di Gilera e Moto Guzzi? Allora non potete mancare all&rsquo;evento che ha scelto di renderle protagoniste di questa edizione della mostra. La Casa di Arcore, un&rsquo;eccellenza italiana purtroppo defunta, sar&agrave; celebrata attraverso una rassegna che mostrer&agrave; tutta la sua tradizione sia nell&rsquo;ambito industriale che sportivo: dai Campionati mondiali classe 500 con Masetti e Duke, il Rally i&nbsp;Faraoni&nbsp;e la Parigi-Dakar. Il traguardo raggiunto da Moto Guzzi invece &egrave; ancora pi&ugrave; grande, con 100 anni di storia compiuti lo scorso anno. All&rsquo;evento saranno esposte tutti i modelli della Casa di Mandello del Lario, dalla Moto Guzzi 250 Compressore del 1939, alla Moto Guzzi Sport 15.  MOTO GUZZI V100, IL DESIGN DIVIDE: SI POTEVA OSARE O VA BENE COS&Igrave;? 

I due prestigiosi marchi saranno i protagonisti dell&rsquo;evento pi&ugrave; importante per gli appassionati di moto d&rsquo;epoca

Gilera e Moto Guzzi celebrate alla mostra-scambio di Novegro 2022

Il marchio Gilera si &egrave; lentamente spento negli ultimi anni e ha definitivamente chiuso la produzione nel 2020 con l&#39;entrata in vigore della normativa Euro5. Una fine un po&#39; triste e in sordina per un marchio glorioso, che ha provato a rinascere in modo prepotente diverse volte, l&#39;ultima delle quali intorno all&#39;inizio del millennio grazie a due progetti rimasti concept: la Supersport 600 e la Ferro. Oggi ci concentriamo su questa seconda moto, perch&egrave; la Ferro sarebbe dovuta essere la naked dei grandi numeri e del definitivo rilancio.&nbsp;  Un modello fondamentale  Disegnata da Rodolfo Frascoli in coolaborazione con marabese, fu studiata per porsi sul mercato in modo trasversale come prodotto fuori dalle categorie che andavano forte in quegli anni. Aveva un motore bicilindrico a V di 90&deg; da 850cc che si poneva a met&agrave; fra le allora popolarissime nude 600 e le maxi da 900/1000cc, e faceva debuttare per la prima volta un sistema di cambio automatico (un CVT a variazione continua con sequenziale elettronico), 10 anni prima del successo di Honda con il DCT.  All&#39;EICMA 2003 venne accolta con grande entusiasmo, perch&egrave; arrivava due anni dopo la presentazione della Supersport 600 (che nel mentre, si sperava fosse in fase di preproduzione) e confermava l&#39;interesse del Gruppo Piaggio - che detiene il marchio Gilera dal 1969 - nel riportare sul mercato moto il marchio dei due anelli, fin da troppi anni limitato alla sola produzione di scooter 50.  Rodolfo Frascoli, professione designer: &quot;Pensare oggi a come saranno le moto tra 5 anni&quot;    &nbsp;  Un progetto valido e una personalit&agrave; forte  Alla meccanica/elettronica decisamente innovativa per una moto si affiancava un telaio a traliccio di tubi della pi&ugrave; classica tradizione italiana, insieme ad un&#39;estetica sportiva fresca, affilata e pure sfacciata con un cupolino particolare, dotato di doppio proiettore piccolo e quadrato in un guscio arrotondato. Questo elemento era il vero guizzo di personalit&agrave; della moto, ed enfatizzava lo stesso nome scelto da Gilera, Ferro, richiamando sia gli elmi dei cavalieri medievali che le maschere da saldatore. Sulla personalit&agrave; data a questa moto il lavoro &egrave; stato egregio, e ancora oggi potrebbe essere un esempio di &quot;brand identity&quot; validissimo per gli studenti di marketing.  La Ferro sembrava pronta ad andare in produzione. Bench&egrave; concept, mostrava elementi definitivi come gli indicatori di direzione anonimi, proprio come quelli di serie delle moto dell&#39;epoca, e le finiture tipiche delle moto gi&agrave; pronte per la produzione in linea. L&#39;unico dubbio rimaneva per il forcellone monobraccio posteriore, forse unico elementi che sarebbe potuto sparire in favore di un pi&ugrave; tradizionale ed economico bibraccio.    &nbsp;  Addio per sempre, Gilera  La fine, per&ograve;, la conosciamo. Proprio nei mesi di sviluppo e finalizzazione del progetto Ferro, il Gruppo Piaggio acquist&ograve; Aprilia e tutte le risorse dei progetti motociclistici andarono a finire a Noale, facendo dimenticare subito ai dirigenti il lavoro di rilancio che veniva portato avanti negli ultimi tre anni col marchio Gilera. Per logica, tutto il buono che il progetto Ferro esprimeva &egrave; stato dato in mano ai veneti che hanno smembrato e utilizzato i concetti chiave del concept per la nascita di due moto.  Da un lato la Mana, che utilizz&ograve; meccanica e sistema di trasmissione, dall&#39;altro la Shiver che rielaborava in parte all&#39;estetica riprendendo il posteriore con doppio scarico alto e faro incassato fra i terminali. Purtroppo la Mana debutt&ograve; sul mercato come una naked-touring piuttosto anonima e scialba, mentre Shiver fu pi&ugrave; fortunata, mostrando personalit&agrave; e contenuti sportivi che senza la Ferro non sarebbero stati gli stessi. Con questo passaggio di consegne, Gilera ritorn&ograve; mestamente alla produzione di scooter, e dopo Nexus 500 e GP 800 venne definitivamente archiviata, con la fine della produzione nel 2020 con il solo Runner 50 a listino, uscito dal mercato con l&#39;arrivo dell&#39;Euro5. Musica triste, luci, sipario.&nbsp;    Aprilia Leonardo 500 2T: una bomba mai esplosa 

All&#39;inizio degli anni &#39;00 il Gruppo Piaggio present&ograve; un concept , che invece di diventare la moto del rilancio del marchio dei due anelli fu l&#39;ispirazione per ben due Aprilia

Gilera Ferro: un riscatto mai arrivato

Alla recente Kermesse veronese, presso lo stand della Federmoto, esposte quattro moto 125 anni &#39;90 della collezione privata di Dario Bedin. Aprilia Futura, Cagiva Freccia e Mito e Gilera SP-01 perfettamente restaurate. Tanti gli sguardi ammirati di giovani e meno giovani per questi gioielli che non sembrano risentire del tempo che passa Foto di Filippo Pandin

MBE 2022, in passerella a Verona le mitiche 125 Made in Italy

Destinata alle gare di Gran Fondo, la Gilera 175 F2 era diretta discendente della 125 bicilindrica da Gran Premio denominata &ldquo;Castigamatti&rdquo;. Il progetto della 175 bicilindrica F2 fu sviluppato nell&rsquo;inverno tra il 1956 e il 1957, a condurlo in porto fu Franco Passoni, ne furono costruiti solo 17 (ma c&rsquo;&egrave; chi afferma 15) esemplari.  IL MOTORE &egrave; un bicilindrico frontemarcia con il gruppo termico inclinato in avanti di circa 20&deg;, doppio albero a camme in testa e distribuzione comandata da una cascata di ingranaggi posta in posizione centrale tra i due cilindri. Una raffinata &ndash; e costosa &ndash; particolarit&agrave; &egrave; la realizzazione di testa e cilindro in alluminio in un solo blocco. I due cilindri, infatti, sono separabili tra loro, ma ognuno &egrave; un pezzo unico con la propria testa, ossia testa e cilindro non sono scomponibili. Questa raffinata lavorazione deriva dall&rsquo;ingegneria aeronautica, ed elimina la guarnizione di testa e le eventuali dilatazioni.  I DATI SEGNALANO 174,80 cm&sup3;, un rapporto di compressione di 10,7:1 e l&rsquo;alimentazione affidata a due carburatori Dell&rsquo;Orto SSI da 25 mm con una singola capiente vaschetta in comune. Lubrificazione a carter umido e cambio in blocco a a cinque rapporti.  L&rsquo;AGO DELLA BILANCIA segnava un peso di 120 Kg, ma era accreditata di una potenza massima di 23 CV a 11200 giri/min, che gli consentivano una velocit&agrave; massima di 170 Km/h. La moto venne usata anche in qualche tentativo di Record, dotata di un&rsquo;apposita carenatura riusc&igrave; a segnare 203,412 km/h sui 100 km e 195,915 km/h sull&rsquo;ora.  LA CICLISTICA conta su un telaio a doppia culla discendente con un unico trave superiore. La forcella telescopica &egrave; idraulica, come pure gli ammortizzatori. Le ruote montano cerchi in alluminio con diametro da 18&rdquo; e pneumatici da 2,50 davanti e da 2,75 dietro. I freni sono in magnesio, a tamburo centrale e doppia camma.  AL &ldquo;GIRO D&rsquo;ITALIA&rdquo; motociclistico del &lsquo;57 furono schierate quasi una decina di 175 bicilindriche, la migliore arriv&ograve; al traguardo al 5&deg; posto, poi 8&deg;, 9&deg; e 11&deg; posto, mentre nel campionato Juniores la F2 si aggiudic&ograve; il 3&deg; posto.  LA STRADA ERA QUELLA GIUSTA, purtroppo l&rsquo;abbandono delle corse da parte di Gilera &ndash; al pari di Mondial e Moto Guzzi &ndash; fece si che la 175 F2 gareggiasse per una sola stagione, precludendosi la possibilit&agrave; di sviluppare le proprie potenzialit&agrave;. 

La Gilera 175 Bicilindrica &egrave; una moto da corsa realizzata tra il 1956 e il 1957, poco prima che Gilera, Moto Guzzi e Mondial abbandonassero le competizioni

Gilera 175 Bicilindrica (F2) Competizione, sogno infranto

        Il noto designer Oberdan Bezzi ancora una volta d&agrave; prova della sua immaginazione e del suo talento e tira fuori dal cilindro la Gilera RC 660 Rally Concept. Che in altre parole sarebbe, come spiega l&rsquo;artista sul suo sito, &ldquo;Una ipotesi di come sarebbe stata la bicilindrica da fuoristrada del Gruppo Piaggio, se invece di essere destinata al Marchio Aprilia, fosse stato scelto&hellip; Gilera&rdquo;. Nell&rsquo;immaginario del designer La base tecnica, quindi, &egrave; quella della Aprilia Tuareg 660 e questa versione, secondo Bezzi, &ldquo;sarebbe una enduro polivalente e adatta ad un vasto pubblico esattamente come la sorella Tuareg&rdquo;, nonostante la Gilera 660 spicchi per un aspetto aggressivo da moto da competizione. Dicevamo della stessa base tecnica, ovvero quella della nuova enduro stradale di Noale: troviamo allora il noto bicilindrico 660 che eroga 80 CV per una coppia massima di 70 Nm. La vera novit&agrave;, invece, &egrave; la ciclistica della Gilera RC 660 Rally Concept, il cui telaio &egrave; in tubi e piastre d&rsquo;acciaio (e forma un pezzo unico col telaietto reggisella) e forcellone a doppio braccio. Altri dettagli ce li fornisce lo stesso Bezzi che spiega come siano &ldquo;evidentissimi i richiami stilistici ai bellissimi prototipi che la Casa (allora) di Arcore schier&ograve; nelle competizioni Rally Raid dei primi anni &rsquo;90 e che debitamente aggiornati farebbero ancora oggi la felicit&agrave; degli appassionati&rdquo;. Aprilia Tuareg 660 e nuovo concept del design possono essere dunque considerati due modi diversi di concepire una stessa base tecnica. Basta decidere qual &egrave; quella pi&ugrave; adatta a noi. 5 CONCEPT DI BEZZI CHE HANNO SCATENATO IL DIBATTITO NEL 2020       

Il noto designer ha realizzato questo modello sulla base tecnica della Aprilia Tuareg 660, ma con richiami stilistici ai prototipi Gilera nei Rally Raid degli anni &lsquo;90

Gilera RC 660 Rally, il ritorno di un mito secondo Oberdan Bezzi

Grintosa e brillante. La Gilera GFR uscita nella versione “Replica”, riproduceva in maniera decisamente fedele la sorella maggiore 250 da GP, con la quale condivideva forme e colori. Era l'erede della serie di sportive che dal 1989 (SP01e poi SP02) al 1992 (con la Crono) il marchio di Arcore lanciò sul mercato.

Rewind, Gilera GFR 125 FOTO

Quello che nel presente viene ignorato, in futuro potrebbe valere moltissimo e, nel caso delle due ruote, scatenare un&rsquo;asta a cifre inimmaginabili. &Egrave; esattamente questo che &egrave; successo alla&nbsp;Gilera CX, esemplare fuori produzione da una trentina d&rsquo;anni, che &egrave; ricomparso adesso sul sito Catawiki in vendita al miglior offerente.    Venduta a cifre astronomiche  Un modello praticamente mai usato, per la moto prodotta nel 1991 dalla Casa italiana - e produttivamente morta nel 1993. Su Catawiki &egrave; comparsa una CX 125cc che, il 5 settembre, &egrave; stata venduta per una cifra superiore ai 10.000 euro. Veicolo praticamente nuovo, sul contachilometri sono registrati appena 6 km percorsi. La caratteristica della CX era il&nbsp;design, realizzato da Marabese, nettamente diverso rispetto alla moda race replica del periodo. Spiccava per il&nbsp;cupolino prolungato in avanti e dalle due prese d&rsquo;aria laterali che ricordavano le soluzioni adottate dalle GP con le prime carenature negli anni &#39;50-&#39;60 e dove Gilera fece scuola. Inoltre vantava sospensioni monobraccio, sia posteriore che anteriore, e ruote a sbalzo con cerchi lenticolari.  Prestazioni notevoli    Motore monocilindrico a 2 tempi capace di 30 Cv, con un picco di velocit&agrave; di&nbsp;163,4 km/h: un vero bolide, in livrea blu scuro con sigla CX in rosso. Morale: conservate con cura ci&ograve; che avete, non si pu&ograve; mai sapere quanto varr&agrave; in futuro. Anche se, ad onor del vero, molti collezionisti gi&agrave; sanno da tempo quanto possano valere certi &quot;gioiellini&quot; anni &#39;90.    Qui la nostra prova:  Rewind, Gilera CX 125: lo squalo che venne dal futuro 

La ottavo di litro prodotta per soli due anni, fino al 1993, aveva un design fuori dal comune che al periodo le&nbsp;cost&ograve; caro e &nbsp;fu un flop. Ora, invece, viene battuta all&#39;asta a cifre da capogiro

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